LA (BUONA) TECNOLOGIA AL SERVIZIO DELL’INTERMEDIARIO
L'agenzia digitale è una realtà e non più una sperimentazione: ma qual è il valore aggiunto che la trasformazione digital ha prodotto finora per le agenzie? Il convegno di Insurance Connect e SNA, tenutosi a Milano presso la sede di Coface, ha acceso un faro sul nuovo campo da gioco dell'agente di assicurazioni
22/04/2016
L’intermediario connesso, social e multitasking. È davvero questo il futuro dell’intermediazione assicurativa italiana? È davvero questa la chiave per recuperare i guadagni persi negli ultimi anni? Un agente che sappia intessere relazioni on line, dotato di tablet, pos e fIrma digitale? Oppure occorre, prima di tutto, agire sui contenuti delle polizze, sul ridisegno degli schemi provigionali? Paperless significa non richiedere 35 firme al cliente per una polizza auto in agenzia, oppure chiederle comunque, ma su un iPad?
Ora che l’agenzia digitale, nelle sue svariate forme, è una realtà e non più una sperimentazione, il tema è il valore aggiunto del digital e, soprattutto, capire se la tecnologia abbia avuto davvero un nuovo ruolo abilitante per l’agente di assicurazioni.
Ciò che è certo è che le tecnologie digitali, oggi, sono ineludibili, tanta quanto il telefono, il fax e i primi personal computer sono stati strumenti che hanno cambiato il mondo del lavoro. Il settore assicurativo ha scommesso, in questo periodo come mai prima, sulla tecnologia in chiave competitiva: più una compagnia è tecnologica più è competitiva, più è veloce, agile e più si distingue. Per gli intermediari è così? Quanto riuscirà il digital ad assorbire le competenze dell’intermediario? E quanto invece sarà ancora necessaria la relazione umana, lo scambio di esperienze tra cliente e agente assicurativo?
Da queste e altre domande è partito il dibattito all’interno del convegno dello scorso marzo organizzato da Sna e Insurance Connect, dal titolo La tecnologia al servizio dell’intermediario, dedicato alle tecnologie a disposizione degli intermediari assicurativi. L’evento, partecipato da circa 250 addetti ai lavori del settore e tenutosi presso la sede milanese di Coface, ha ospitato una serie di interventi, dibattiti e tavole rotonde con l’obiettivo di indagare e dare risposte rispetto a un mondo assicurativo che, come tanti altri settori, in questi ultimi anni è sempre più connesso.
Ma, come ha detto in chiusura della giornata Claudio Demozzi, presidente di Sna, intervistato da Maria Rosa Alaggio, direttore di Insurance Review, gli agenti devono stare in guardia da quella che il numero uno del sindacato chiama tecnologia cattiva: “cioè quella che taglia fuori l’intermediario da molte funzioni, a partire dalla vendita diretta del premio. Non è lo strumento che fa male – ha continuato – ma è l’uso che se ne vuole fare”.
IL POPOLO DELLE AGENZIE CAMBIA PELLE
Il convegno, introdotto da Michele Languino, membro dell’esecutivo nazionale di Sna, si è aperto con un’interessante ricerca condotta da Innovation Team e presentata da Fabio Orsi, sullo stato delle collaborazioni tra intermediari, a tre anni dal loro sdoganamento, e delle evoluzioni tecnologiche in agenzia.
I dati dicono che il 56,4% degli agenti italiani ha una collaborazione, ma il 70% di questi ne fa un utilizzo tattico, soprattutto per sopperire a quelle che si interpretano come mancanze delle mandanti in ambiti specifici, come Rc professionale, credito e cauzioni su tutti. Il giro d’affari è però ancora poco significativo, in quanto per il 46,8% non supera i 10 mila euro. Tuttavia, rispetto a tre anni fa, il popolo delle agenzie è notevolmente mutato in direzione di una maggior diversificazione: solo 4067 agenzie, pari a circa un terzo del totale, intermediano un solo marchio generalista. Il mondo agenziale sta attraversando una lunga fase di selezione: a fine 2015 le agenzie erano circa 12 mila, mentre 10 anni fa, nel 2005, erano oltre 16 mila. A questa concentrazione si è affiancata una contrazione della redditività media che nel periodo 2007-2014 è calata di ben il 31%. Nonostante, in un simile scenario, i costi di gestione si siano alzati, l’intermediario italiano, secondo Orsi, si percepisce ancora come un membro della società con una precisa vocazione sociale: l’agente, mediamente, non è propenso a licenziare un proprio dipendente, anche se questo significa dover fare ulteriori sacrifici.
Per quanto riguarda, invece, l’evoluzione tecnologica è interessante notare come molte agenzie ormai non la considerino una responsabilità solo delle compagnie: il 24% degli plurimandatari, anzi, è intenzionato a fare investimenti propri. Sul totale degli agenti, circa il 38% ha sostenuto, o sosterrà nei prossimi anni, investimenti in tecnologia. L’interesse per le novità digitali è alto e sono già molti i supporti tecnologici presenti in agenzia: a partire da quelli per la gestione dei pagamenti e dei sinistri, mentre le richieste di interventi più urgenti sono su Crm e archiviazione elettronica dei documenti.
LO SVILUPPO DEI GAA MULTIAZIENDALI
Gli agenti sono quindi molto attivi e in tanti casi cercano le novità e vogliono un supporto sia dalla compagnia (soprattutto i monomandatari) sia dai gruppi agenti. Roberto Fresia, presidente del comitato dei gruppi agenti di Sna, rispondendo alle domande di Maria Rosa Alaggio, ha sottolineato proprio questo: dagli intermediari membri dei Gaa arrivano richieste di integrazione dell’offerta della mandante, ma anche un supporto per le nuove tecnologie e l’erogazione di servizi aggiuntivi sia da fornire al cliente sia per facilitare il lavoro in agenzia. “Il ruolo del gruppo agente è profondamente mutato – ha spiegato –: ora ci sono richiesti servizi tecnologici, formazione aggiuntiva e anche ampliamento dell’offerta. Il gruppo agenti deve saper dare risposte diversificate in base a caratteristiche specifiche: per le piccole agenzie, per esempio, che chiedono supporti tecnologici, e per quelle grandi che cercano i rischi di nicchia”.
Sono tante le variabili in campo: molto dipende dal rapporto del singolo gruppo con la mandante (o le mandanti) e da come si è sviluppato nel tempo. Entra in gioco una vera e propria relazione storica. I gruppi che hanno subito più sconvolgimenti, pensiamo alle integrazioni di questi anni tra Unipol, Fonsai e Milano Assicurazioni, i marchi di Generali Italia e quelli di Allianz, hanno più esperienza ed elasticità e sono capaci si adattarsi meglio ai cambiamenti.
Un’altra esperienza recente, figlia proprio delle ultime evoluzioni del mercato assicurativo, è quella rappresentata dai gruppi multiaziendali, cioè trasversali a due o più compagnie che non hanno interrelazioni né societarie né commerciali. Secondo Fresia sono sperimentazioni che, sebbene solo all’inizio, possono rappresentare il futuro per i gruppi agenti, in quanto si arricchiscono know how e conoscenze.
SUI SOCIAL NON TUTTO È IN VENDITA
A chiusura della mattinata sono state coinvolte anche le compagnie, attraverso una tavola rotonda organizzata e moderata da Maria Rosa Alaggio cui hanno partecipato, oltre a Paolo Capaccioni, partner della società di consulenza Kpmg, Roberto Felici, head of market management di Allianz in Italia, Andrea Amadei, chief operating officer e retail director di Aviva Italia, Sandro Scapellato, direttore marketing e distribuzione di Helvetia e Danilo Ughetto, direttore del servizio information & communication technology di Assimoco.
Il confronto, animato anche da qualche domanda e considerazione dalla platea, ha messo in luce approcci diversi ma nel solco di un’identità di vedute: l’agente resterà centrale solo se sarà in grado di utilizzare le nuove tecnologie, fornite in buona parte dalle compagnie, nella direzione di razionalizzare la propria organizzazione, creare nuovi spazi di vendita ed elevare la qualità delle relazioni con clienti e prospect. Per quest’ultimo attributo sono (e saranno sempre di più) fondamentali i social network che, appare chiaro, non servono a vendere ma a gestire relazioni in modo nuovo, dinamico e in una logica win win per agente e cliente. “Sulle piazze virtuali – ha ricordato Felici – l’agente deve parlare tanto con i prospect quanto con i suoi clienti, ma se ci concentriamo su questi ultimi occorre che si dia valore alla relazione: pensiamo a come potremmo interagire con un gruppo di clienti che ha sottoscritto una polizza unit linked. On line è possibile fornire aggiornamenti quotidiani: è così che il cliente percepisce il valore della transazione”.
MANCA LA SOCIAL MEDIA POLICY
Del resto, ha fatto notare Capaccioni di Kpmg, tutte le compagnie credono nell’importanza dei social network. Si tratta di una consapevolezza che pone il settore assicurativo all’avanguardia rispetto ad altri comparti finanziari: per esempio, solo tre anni fa, i social media non rientravano nelle principali priorità del banking. Tuttavia, e questa è una palese contraddizione rispetto alle intenzioni dichiarate e ai timori sulla reputazione, il 58% delle compagnie in Italia non ha una social media policy strutturata.
Le imprese, però, devono creare prodotti assicurativi che abbiano al loro interno “un’esperienza d’uso”, che possano essere usati quotidianamente e non solo una volta che il cliente è colpito da un sinistro (eventualità che, chiaramente, nessuno si augura). “È necessario rendere più semplice la vita agli agenti – ha confermato Scapellato –, sollevandoli da incombenze burocratiche. Gli agenti devono essere concentrati su consulenza nella vendita e nel post”.
La strada della digitalizzazione a supporto dei partner commerciali, in primis gli agenti, è l’unica da percorrere, secondo Ughetto di Assimoco. Per il manager, le “aperture dell’organismo di vigilanza, in questo senso, hanno agevolato le strategie delle compagnie rispetto agli strumenti tecnologici”.
Infine, Amadei di Aviva ha declinato la rivoluzione tecnologica attraverso tre direttrici egualmente importanti per lo sviluppo del mercato: “migliorare il servizio all’assicurato per fidelizzarlo il più possibile; aumentare l’efficienza operativa della rete delle agenzie plurimandatarie e saper vendere di più e meglio, intercettando i reali bisogni di clienti e prospect attraverso l’utilizzo della profilazione sempre più granulare”.
LA CARTA DEL DIGITALE METTE D’ACCORDO GLI AGENTI
L’impegno degli agenti verso l’evoluzione digitale è stato testimoniato da Jean-François Mossino, delegato di Sna al Bipar, e dagli interventi di Mauro Pecchini, presidente dell’associazione Tua Pluri, Pasquale Caterisano, agente di Como, Gianni Ammirata, intermediario di Palermo e da Mirko Odepemko, del blog Il broker.
Mossino ha parlato della Carta del digitale, firmata all’unanimità da tutte le associazioni europee presenti nel Bipar: il principio condiviso è che l’evoluzione digitale è favorevole alla professione dell’intermediario a patto che non diventi una forma di intermediazione. Per questo, il Bipar si batterà e farà ancora più pressione sulla politica e sull’industry assicurativa.
Per garantire, invece, un’evoluzione armonica della tecnologia per l’intermediazione, Pecchini ha annunciato la nascita di Share, una nuova associazione che riunisce le software house assicurative per la distribuzione.
TRA DIRITTI, DOVERI, RESPONSABILITÀ E POLITICA
Prima dell’intervista finale a Claudio Demozzi, si è tenuta l’ultima tavola rotonda, moderata da Domenico Fumagalli di Sna e totalmente dedicata ai temi legali della proprietà dei dati, tutela della privacy, concorrenza e vendita a distanza. Gli avvocati, Gianluigi Malandrino, Anna Rosa Molinari, Nicola Tilli e Maurizio Hazan, si sono alternati nell’analisi delle evoluzioni delle responsabilità dell’intermediario, in un contesto sempre più stratificato e complesso. L’intermediazione ha nuovi oneri molto spesso trascurati, tra questi, ha ricordato Hazan, un nuovo filone di contenzioso sulla responsabilità del collocatore di prodotti assicurativi che non verifica correttamente l’adeguatezza della polizza intermediata.
Solo sul finale, nell’intervista di Maria Rosa Alaggio a Demozzi, è entrata in scena la politica sindacale. Il numero uno di Sna ha invitato le imprese a condividere con gli agenti “buoni supporti tecnologici che non ci taglino fuori”. Sna sta comunque investendo in una piattaforma social interna.
Demozzi ha poi rivendicato la centralità degli agenti che devono avere “maggior consapevolezza della propria grandezza e dei propri diritti”, perché “la maggior parte dei portafogli delle agenzie passa dalla capacità degli agenti di stare sul mercato”. Ha ammonito sul non farsi “plagiare da visioni di un futuro che non ci appartengono”, lanciando un ultimo messaggio al nuovo presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, affinché “non si propongano soluzioni che sacrificano i diritti degli agenti”.
Tutti i video degli interventi del convegno sono visibili nella sezione dedicata del sito www.insurancetrade.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA