WELFARE, UN TESORO ITALIANO DA VALORIZZARE

Sanità, politiche sociali, previdenza e istruzione hanno rappresentato nel 2023 le principali voci di spesa pubblica, con 662,7 miliardi di euro. Da qui al 2030 bisogna trovare altri 176 miliardi secondo le previsioni dello studio annuale presentato dal think tank curato da Unipol e The European House–Ambrosetti. Diffusione delle long term care, formazione e digitalizzazione sono solo alcune delle strade da seguire

WELFARE, UN TESORO ITALIANO DA VALORIZZARE
Entro il 2030 sarà necessario reperire 176 miliardi di euro in più per garantire la sostenibilità del sistema di welfare italiano. Una cifra impressionante quella riportata dalla nuova edizione dello studio del think tank Welfare, Italia, supportato da Unipol con la collaborazione di The European House–Ambrosetti, e presentato a Roma. Quest’anno al centro dell’evento, il cui titolo era Quali opportunità per creare valore nel sistema di welfare, è stato posto il concetto chiave della prevenzione, intesa come la capacità di ragionare col senno di prima, frase che utilizzava Vittorio Bachelet per definire il metodo che guidava la politica di Alcide De Gasperi nei primi anni del dopoguerra. Una nozione ripresa da Carlo Cimbri, presidente di Unipol, che ha paragonato lo statista che pensa alle future generazioni (a differenza del politico che guarda soltanto alle prossime elezioni) con l’assicuratore che deve avere una visione di lungo periodo. 
E quindi, dove trovare nuove risorse, aggiuntive o alternative, per finanziare un welfare che non può essere finanziato solo con spesa pubblica? Come far confluire le risorse del privato nel no profit? 

UN EURO IN PREVENZIONE, 14 EURO PER IL SOCIALE 

Secondo le stime del think tank, sanità, politiche sociali, previdenza e istruzione hanno rappresentato nel 2023 le principali voci di spesa pubblica, con 662,7 miliardi (circa il 58%), e di questo montante la previdenza assorbe la metà delle risorse. La spesa sanitaria (20,9%), quella in politiche sociali (16,1%) e la spesa in istruzione (12,1%) seguono con percentuali più basse.
Da qui al 2030 serviranno risorse aggiuntive nell’ordine dei 60 miliardi per la previdenza, 20 miliardi per la sanità, sette per le politiche sociali, e otto miliardi per l’istruzione. Visti i ristretti margini fiscali, la demografia e il costo di finanziamento del debito pubblico, “la prevenzione – ha spiegato Valerio De Molli, managing partner & ceo di Teha group – rappresenta uno strumento per contrastare la dinamica crescente dei costi di welfare e stimolare la crescita economica: un euro investito in prevenzione – ha detto – genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese”. 

©  Unipol
Carlo Cimbri, presidente di Unipol


IL WELFARE VALE PIÙ DEL MADE IN ITALY

Generare nuove risorse a costo zero (o quasi) è quindi una necessità per il sistema-Italia. A prima vista può sembrare una missione impossibile, eppure a guardare bene, le potenzialità ci sono tutte. Welfare, Italia ha quantificato, per la prima volta, quanto vale la filiera del welfare italiano, composta da oltre 425mila soggetti e più di 4,3 milioni di lavoratori: si arriva a un valore della produzione che supera i 200 miliardi di euro: “la filiera del welfare – ha sottolineato De Molli – è il primo motore del Paese, con tre volte gli occupati del settore del Made in Italy”. 
Detto ciò, sull’onda dello slogan No welfare, no investimenti, no crescita, no futuro, il think tank propone tre priorità: una normativa sulla long term care collegata ai fondi pensione che ne promuova la diffusione come strumento di contrasto alla non autosufficienza e alle dinamiche demografiche; un piano strategico sulla formazione delle competenze del welfare che focalizzi il cambiamento indotto dall’evoluzione tecnologica e digitale; la creazione di un punto d’accesso unico digitale per i servizi di welfare come obiettivo di digitalizzazione del Paese.


IL TAGLIO DEI TASSI? NON GENERI TROPPA EUFORIA

Questi 176 miliardi da reperire in cinque anni sono un obiettivo raggiungibile, a patto che si mettano in campo politiche che incentivino l’innovazione e che risolvano le tante questioni aperte del Paese. 
Ne ha parlato Veronica De Romanis, professoressa di Politica economica europea alla Stanford University di Firenze e alla Luiss Guido Carli di Roma, nonché membro dell’advisory board di Welfare, Italia: “in un contesto complicato, dove la crescita rallenta in tutto il mondo, in Italia conteranno le riforme”. De Romanis mette in guardia, però, dalla facile euforia rispetto ai tagli dei tassi: “è finito il periodo degli acquisti dei titoli italiani da parte della Bce e quindi occorre trovare nuovi investimenti, essere attrattivi”, ha specificato. L’Italia ha la spesa per interessi più elevata tra i paesi dell’Ocse, e occorre “uscire dal circolo vizioso fatto di debito, spesa per interessi, diseguaglianze, altra spesa: più spesa pubblica non significa più crescita”, ha sottolineato. Occorre spendere meglio: per esempio, “l’occupazione femminile è il nostro problema ma anche la nostra soluzione”, ha proposto De Romanis, ricordando però che servono le infrastrutture non i bonus: “abbiamo messo tre miliardi di euro negli asili nido e 100 miliardi nel Superbonus”, ha chiosato la docente.

SANITÀ: AUMENTARE  LA SPESA INTERMEDIATA

Dal punto di vista assicurativo, come noto, nella sanità e nella previdenza l’integrazione pubblico-privato è ancora al palo. La componente intermediata della sanità integrativa è solo l’11%, nonostante, ha fatto notare Matteo Laterza, ad di UnipolSai, “la spesa intermediata faccia risparmiare 50 centesimi per ogni euro investito, e la quota di spesa in prevenzione sia molto più alta rispetto a quella out of pocket”. La chiave è favorire l’accesso alla sanità integrativa. Oggi, solo 15 milioni di lavoratori hanno la possibilità di accedervi: “c’è un tema di costi – ha ricordato Laterza – ma è gestibile attraverso la contrattazione collettiva, poiché entra in campo il valore della mutualità”. In quest’ottica, la componente di spesa out of pocket che attiene alle malattie croniche è molto elevata; ecco perché anche secondo l’ad di UnipolSai, “la copertura Ltc, da erogare soprattutto in servizi, può portare un beneficio importante, a patto che si attivi la mutualità”. 
Intanto, però, gli italiani continuano a spendere 43 miliardi out of pocket: 15 miliardi per farmaci, 20 per visite mediche ed esami e cinque per ricoveri e operazioni non urgenti ma da programmare. “Un fenomeno nuovo e da monitorare – ha raccontato Giovanna Gigliotti, ad di UniSalute – è il ricorso ai prestiti al consumo per pagare le cure: nel 2023, l’ammontare di queste richieste ha raggiunto il miliardo di euro”.
Welfare, Italia, negli anni ha saputo anticipare i temi oggi al centro del dibattito: la demografia, la partnership tra pubblico e privato e la sostenibilità del modello sociale, quale “pilastro e tratto essenziale della stessa cittadinanza”, come l’ha definito , nel suo messaggio di saluto inviato a Unipol, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

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