L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON FA PAURA (SE SAI COME USARLA)
A chiusura della seconda mattinata dell’Innovation Summit, è tornata protagonista questa tecnologia super-evoluta, autentico fiume carsico di tutto il convegno e in generale dei dibattiti sull’innovazione: ovviamente non solo nel settore assicurativo
21/07/2023
Mai come in questi mesi, siamo stati sommersi da esempi, più o meno inquietanti, della cosiddetta intelligenza artificiale generativa: ChatGpt e Midjourney sono ormai nomi che conosciamo bene, di cui si parla molto, forse troppo, e spesso un po’ a sproposito.
E allora la cosa migliore è far parlare i veri esperti, coloro che con l’innovazione e la tecnologia lavorano da sempre e che hanno fondato su questi due concetti un modello business. Durante la seconda giornata dell’Innovation Summit si è tenuta l’interessante tavola rotonda, esplicitamente sull’intelligenza artificiale, moderata da Elena Pizzocaro, partner di McKinsey, che ha ospitato il confronto tra gli esperti della materia: Renzo Avesani, chief executive officer di Leithà e chief innovation officer di UnipolSai; Enkeleida Bitri, responsabile studi, data office e mercati internazionali di Intesa Sanpaolo Vita e Roberto Calandrini, head of data factory di Axa Italia. I relatori hanno concordato sul fatto che l’AI sarà la sfida operativa dei prossimi anni.
ALLEANZE A GEOMETRIA VARIABILE
Bitri ha precisato che sarà il tema dei prossimi cinque anni: “ma non solo per il settore dei rischi”. In Intesa Sanpaolo, l’intelligenza artificiale è entrata ormai nel modello interno, senza abbandonare le partnership. Le alleanze dipendono però dallo use case: “quando l’AI diventa una commodity, per esempio con la diffusione dei chatbot – ha spiegato –, ci forniamo esternamente. Ci piacciono soprattutto le partnership con l’Accademia, come quella che abbiamo con il Politecnico di Torino sullo use case dei sinistri non motor”. Per quanto riguarda la generative AI, secondo Bitri, al momento potrà “ridurre il gap informativo tra consulente e cliente sulle polizze complesse”; il gestore, ad esempio, potrà rispondere in modo adeguato e sempre più preciso alle domande del cliente, “facendo molto meglio l’analisi dei bisogni”.
In tutto questo, il concetto di fairness dell’intelligenza artificiale, cioè di correttezza e libertà da pregiudizi, è essenziale per controllare un’intelligenza... realmente intelligente: “l’introduzione dell’umano alla fine della catena per noi è necessaria – ha precisato Bitri – e a livello di gruppo, ci siamo dotati di linee guida stringenti a salvaguardia della fairness”, ha chiosato.
L’AI NON HA CAMBIATO (ANCORA) LA STORIA
Durante il dibattito, non c’è stato spazio per allarmismi o timori incontrollati, spesso diffusi ad arte anche dai media. “Il fatto che ci sia l’AI non ha cambiato la storia”, ha argomentato Avesani, aggiungendo che “semplicemente bisogna imparare a fare meglio le cose che facevamo prima”.
Ma sarebbe un errore focalizzarsi sullo strumento finale: “se le compagnie vorranno davvero cambiare, dovranno saper utilizzare al massimo i dati, impattando sulla produttività, aggiornando tutta l’infrastruttura tecnologica, migliorandone la scalabilità”.
Attenzione, però: nessuno sostiene che sarà una passeggiata. “Tornando sulla generative AI – ha spiegato Avesani – questa funziona con una quantità di dati stratosferica. Su alcune specifiche questioni computazionali sarà utile, ma in generale ciò che fa paura alle persone è costruito sull’ignoranza”, cioè sul fatto che è ancora presto per “capire bene cosa farne”.
Restando sulla generative AI, secondo Calandrini di Axa Italia, c’è stato un incremento del livello di attenzione da parte degli organi di vigilanza. “Tuttavia – ha continuato –, ci sono già delle applicazioni in diversi settori, per esempio gli assistenti di coding, che dimostrano un importante incremento della produttività. In un settore molto regolato, e con temi di sicurezza rilevanti come quello assicurativo, la questione è capire cosa succede quando questi oggetti si integrano ai processi di sviluppo”.
PARTNERSHIP: UN VALORE PER L’ECOSISTEMA
Ma l’intelligenza artificiale, come già detto, non è solo generativa: “se intendiamo AI in senso ampio – ha spiegato Calandrini – come machine learning e data analytics, le sfide sono di preservare e sviluppare i dati come asset di valore, e di creare prodotti efficaci che massimizzino il valore dei dati per l’impresa. Questa trasformazione ha bisogno di interventi sia tecnici sia sui processi aziendali, e richiede un allineamento solido tra la strategia di business e quella tecnologica. In particolare, nel settore assicurativo ciò implica un alto livello di modernizzazione dell’infrastruttura tecnologica e delle applicazioni”.
Infine, una riflessione sul ruolo delle partnership, che per Axa sono da sempre un valore in un ecosistema aperto: “Axa vede questi legami come essenziali in un ecosistema aperto, purché siano improntate sul co-sviluppo piuttosto che su una relazione cliente-fornitore tradizionale. Diamo grande importanza alla collaborazione continua con i partner di Axa, mantenendo forte competenza ed ownership interna su progetti chiave che coinvolgono dati e algoritmi”, ha concluso.
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