START UP PER L’OPEN INSURANCE
La collaborazione fra diversi operatori potrà segnare il futuro delle assicurazioni: già oggi, innovativi modelli di business spingono verso la creazione di ecosistemi di servizi in cui diverse società concorrono a elaborare soluzioni in linea con le aspettative della clientela
24/07/2020
Secondo molti, il futuro delle assicurazioni sarà fatto di ecosistemi in grado di offrire alla clientela, oltre alla classica polizza, anche servizi a valore aggiunto che potranno esulare dalla semplice copertura del rischio. Le partnership e le collaborazioni, divenute sempre più frequenti negli ultimi anni, diventeranno una sorta di standard di mercato per consentire a compagnie e intermediari di arricchire la propria offerta. Gli operatori di mercato lavoreranno insieme per soddisfare tutti i bisogni del cliente, accompagnandolo in maniera costante per cercare di rispondere in maniera adeguata alle necessità che potranno emergere nel corso della sua vita. Insomma, detto in termini più moderni, il futuro delle assicurazioni sarà fatto soprattutto di open insurance.
Fra i sostenitori di questa ipotesi c’è anche Fouad Husseini, professionista del settore assicurativo che nel 2018 ha voluto tradurre il proposito in realtà con la creazione del progetto internazionale Open Insurance Initiative. Impegnato nel mondo delle assicurazioni da più di vent’anni e autore di una sorta di vademecum per profani e addetti ai lavori, Husseini è intervenuto nel corso dell’Insurance Connect Innovation Summit con un video-messaggio. “Gli innovatori in ambito assicurativo stanno spingendo a ripensare i modelli economici e le modalità con cui poter raggiungere sempre più clienti – ha affermato – l’evoluzione sta spingendo il settore verso modelli di business più integrati e collaborazioni innovative”.
NESSUNO È UN’ISOLA
A detta di Husseini, la strada è ormai segnata: innovazione tecnologica e regolamentazione di settore stanno spingendo nell’unica direzione di favorire il confronto e la collaborazione fra operatori diversi per offrire il miglior servizio possibile alla clientela. Anche gli addetti ai lavori sembrano aver compreso, come ha affermato Husseini, che “in futuro nessuna compagnia sarà in grado di gestire da sola tutte le risorse a disposizione e avrà le competenze richieste da questo nuovo stadio evolutivo”. A tal proposito, Husseini ha citato i risultati di una recente ricerca, secondo cui “il 75% dei dirigenti di impresa ritiene che gli ecosistemi basati su piattaforma potranno avere un grande impatto e il 70% pensa inoltre che potranno rendere possibile la collaborazione con partner apparentemente estranei al settore”.
La novità potrebbe mettere definitivamente in soffitta la pratica delle partnership individuali che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni. “Sono costose e rallentano l’innovazione: negli ultimi 60 anni non si sono visti prodotti danni veramente innovativi per la clientela retail”, ha tagliato corto Husseini. Il nuovo scenario potrà invece consentire di sfruttare a pieno la potenzialità del dato, dando inoltre la possibilità alle compagnie di attingere ai servizi offerti da terze parti che operano in settori come robo advisory, machine learning, blockchain e smart contract.
Fabrizio Cardinali, ceo di Vittoria Hub
ORCHESTRALI E ORCHESTRATORI
Ed eccole, allora, le terze parti. Start up giovani e innovative, tutte basate sulle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, che hanno animato il resto della sessione con una tavola rotonda moderata da Roberta Gilardi, ceo di G2 Startups. “L’innovazione – ha spiegato – è uno dei driver del momento. Parlare di ecosistemi digitali significa parlare di molti attori che devono essere specializzati in un settore specifico per offrire un servizio all’altezza delle aspettative del cliente”.
Nel corso del dibattito è più volte emersa l’immagine dell’ecosistema come una sorta di orchestra: tanti orchestrali e un orchestratore che lavorano insieme per produrre qualcosa di memorabile per l’ascoltatore (o, nel nostro caso, il cliente). E già questo pone il tema di dove collocarsi. C’è chi, come Lokky, start up che si definisce full digital broker, si è già preso il posto da orchestrale perché, come ha spiegato il founder ed executive Sauro Mostarda, preferisce “porsi come partner ideale di un ecosistema che vuole lavorare con il segmento delle micro-imprese e dei freelance: siamo a tutti gli effetti un broker e vogliamo essere una sorta di cuscinetto di collegamento fra compagnie e clienti”. E c’è chi, come Maioun, punta invece al ruolo di orchestratore. “La nostra aspirazione, forse un po’ inconsciamente, è quella di essere orchestratori: lavoriamo nell’ambito della mobilità e vogliamo mettere insieme nuove tecnologie e informazioni per estendere la customer base e migliorare il time-to-market di soluzioni innovative rese disponibili grazie alla collaborazione con altri settori”, ha commentato Roberto Murgia, fondatore della start up.
Roberta Gilardi, ceo di G2 Startups
A SERVIZIO DEL CLIENTE
Orchestrali o orchestratori, l’obiettivo di fondo resta sempre lo stesso: offrire alla clientela un servizio all’altezza delle sue aspettative. Anche per rispondere ai piccoli imprevisti che possono capitare nella vita di tutti i giorni, come si propone di fare Ernesto. “La nostra realtà è un marketplace per professionisti come idraulici, imbianchini, elettricisti e giardinieri: siamo un po’ il vicino di casa a cui si chiedono consigli quando capita qualcosa”, ha commentato il fondatore e ceo Riccardo de Bernardinis. “La nostra clientela – ha aggiunto – è fatta di professionisti che possono trovare costoso ricorrere ai classici strumenti del digital marketing e che si affidano a noi per trovare opportunità di business a tariffe decisamente più contenute”.
Sempre alle aziende si rivolge infine Cyber Angels, realtà che, come fa ben comprendere il nome, offre soluzioni contro il rischio informatico alle Pmi. “Nasciamo dall’incontro di una società di consulenza e una start up, e ci proponiamo di creare un ecosistema insurtech basato sul concetto di piattaforma”, ha spiegato Andrea Toponi, co-founder di Cyber Angels. “Vogliamo garantire – ha proseguito – un servizio di cyber risk assessment attraverso una piattaforma in cui i clienti possano gestire il proprio rischio informatico”. I vantaggi sarebbero immediatamente evidenti. “Secondo uno studio inglese – ha concluso – il 60% delle Pmi va fuori business 6-12 mesi dopo aver subito un attacco informatico”.
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