INSURTECH, COME CRESCERE DAVVERO

Il settore è in affanno, stretto fra difficoltà che neppure la prospettiva di finanziamenti per un miliardo di euro nel 2024 sembra in grado di risolvere. Eppure le opportunità ci sono: come emerso nel corso di una tavola rotonda, serviranno però alcuni accorgimenti per consentire al mercato di esprimere tutte le sue potenzialità

INSURTECH, COME CRESCERE DAVVERO
Il settore delle insurtech in Italia mostra un certo affanno. Nonostante la prospettiva di finanziamenti che nel 2024, secondo una stima dell’Italian Insurtech Association (IIA), potranno superare per la prima volta la soglia del miliardo di euro, le dimensioni del mercato restano ridotte. “Siamo decisamente indietro rispetto a Francia e Regno Unito”, ha affermato Simone Ranucci Brandimarte, presidente dell’IIA, nelle battute iniziali della tavola rotonda dedicata al fenomeno delle insurtech che ha chiuso la sessione di apertura dell’Innovation Summit di Insurance Connect.
E pensare, ha proseguito Ranucci, che “negli ultimi anni il settore aveva fatto parecchi passi in avanti”. Ormai c’è la consapevolezza che le nuove tecnologie possono migliorare l’offerta e l’operatività del mercato. E la disponibilità di innovativi strumenti digitali offre oggi la possibilità di effettuare sperimentazioni che erano impensabili fino a pochi anni fa. Peccato però che tutte queste potenzialità si siano di fatto scontrate con i limiti di un mercato che fatica a crescere. “C’è il problema della mancanza di competenze adeguate in ambito digitale, così come quello di una domanda di mercato che non pare davvero pronta alla novità: il 55% dei clienti digitali non sa cos’altro assicurare oltre alla propria auto”, ha commentato Ranucci.

ALLA RICERCA DI IDEE PIÙ CHIARE

Il trend di mercato è evidente anche per chi di mestiere si propone di accompagnare le start up del settore assicurativo nel loro percorso di crescita e sviluppo. “Nei nostri primi cinque anni di attività saranno passate dal nostro incubatore almeno 500 realtà: lo scorso anno questo flusso si è un po’ ridotto e abbiamo avuto anche la percezione che le start up non avessero ben chiaro in mente quello di cui noi avevamo bisogno”, ha commentato Nicolò Soresina, ceo e coo di Vittoria Hub. “La tendenza si è già invertita in queste prime battute del 2024 – ha proseguito – però forse dobbiamo tutti schiarirci un po’ le idee su quello che vogliamo fare”.
Anche perché, secondo Soresina, le opportunità ci sono. “Abbiamo il proposito di lavorare in un modello di open innovation e ciò significa per noi attrarre competenze che magari non sono immediatamente disponibili sul mercato e sostenere quelle realtà promettenti che possono consentirci di superare gli ostacoli e sondare nuovi orizzonti”.

ANCORA MOLTO DA OFFRIRE

Anche Massimiliano Caradonna, senior vice president di Dekra Group, si è detto convinto che le nuove tecnologie abbiano ancora molto da offrire. Lo ha fatto illustrando alla platea del convegno i dettagli di una soluzione basata su intelligenza artificiale che la società ha sviluppato nel corso degli ultimi anni. “Noi preferiamo parlare di intelligenza aumentata, perché un computer da solo non può fare nulla”, ha subito premesso Caradonna. “Siamo partiti tre anni fa con un investimento ingente a livello internazionale per sviluppare una soluzione che ci consentisse di poter anticipare in maniera predittiva tutta una serie di fenomeni: stiamo già effettuando dei test nel mondo reale e recentemente – ha spiegato – siamo riusciti a prevedere l’eccezionale ondata di maltempo che ha investito la zona di Milano, inviando sul posto alcuni periti per avere una stima iniziale degli eventuali sinistri”.
Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie non si fermano però di certo qui. Caradonna, a tal proposito, ha citato un altro test lanciato recentemente dalla società, questa volta focalizzato sul contrasto al furto di identità. “È uno dei fenomeni che desta la maggior preoccupazione a livello internazionale”, ha commentato.

QUALCHE ESEMPIO VIRTUOSO

La tecnologia si pone dunque sempre più come uno strumento per risolvere problemi. Soresina lo ha fatto ben capire citando qualche esempio virtuoso di insurtech che è stata in grado di fornire soluzioni per migliorare l’operatività del settore assicurativo. “Una start up di Brescia ci ha portato in tre giorni un sistema basato su intelligenza artificiale che affianca l’intermediario nella profilazione del cliente e nella proposizione di un determinato prodotto”, ha affermato. “Nell’ambito delle catastrofi naturali – ha proseguito – ci sono invece una serie di progetti che, se posti opportunamente in sinergia con le attuali mappe del rischio, ci potranno permettere di fare meglio il nostro lavoro e di rendere più felici i nostri clienti”.
Soluzioni di questo genere aprono prospettive che il mercato non è attualmente in grado da solo di sondare. “Strumenti di monitoraggio dei dati sanitari a distanza potranno per esempio in futuro consentire anche ai malati cronici di rientrare nei meccanismi tradizionali di assicurazione”, ha commentato Soresina.

LA LOGICA DELLE PARTNERSHIP

Le potenzialità delle insurtech sono dunque enormi. E per sprigionarle pienamente saranno però necessari alcuni accorgimenti. Ranucci Brandimarte ne ha individuati tre: “Focalizzarsi sull’integrazione di servizi all’interno di ecosistemi assicurativi di offerta, lavorare sul potenziamento delle reti distributive e sostenere le compagnie nella creazione di soluzioni di embedded insurance”. Su quest’ultimo punto Ranucci ha ricordato che attualmente operano nel mercato assicurativo circa 150 società che non hanno la gestione del rischio nel proprio core business. “Le insurtech possono iniziare a lavorare con questi operatori per aiutare le compagnie tradizionali a distribuire i propri prodotti”, ha commentato.
Il modello definisce una logica basata sulle partnership in cui ogni operatore mette qualcosa di suo per offrire al cliente un servizio all’altezza delle sue aspettative. Proprio quello che ha consigliato Caradonna nelle battute conclusive del confronto. “Le insurtech dispongono di tecnologie e di elevate capacità di analisi del dato, mentre le realtà più consolidate del mercato possono contare su un’organizzazione solida e su una maggior capacità distributiva”, ha affermato. “Se si mettono insieme queste due cose – ha concluso – il connubio si fa interessante per tutti, soprattutto per il cliente”.

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