UN SALTO VERSO IL CAMBIAMENTO
Le compagnie assicurative non si sono fatte trovare impreparate dalle restrizioni imposte dal lockdown. L’occasione ha però spinto il change management e messo in luce aspetti particolari legati al percorso di innovazione, che si potrebbero collegare a un concetto di “esperienza della semplificazione”
13/07/2020
Può capitare che un evento disruptive, come la pandemia, costringa a fare quel salto in avanti nell’innovazione che risultava più lento e faticoso nella normalità. E non solo sotto l’aspetto tecnologico ma soprattutto nella mentalità, adattandosi al nuovo e superando le remore verso l’utilizzo di strumenti che prima stavano, più o meno, nel cassetto. È prevedibile che al rientro nella normalità ci si ritroverà diversi, consapevoli della distinzione che passa tra vicinanza al cliente e disponibilità di strumenti tecnologici. L’esperienza del lockdown per il Covid-19 ha rappresentato un salto evolutivo che ha indotto tutti, compagnie e reti comprese, ad accelerare nell’utilizzo di strumenti di dialogo con il cliente e di condivisione interna delle informazioni, tanto che la ripartenza potrebbe avvenire con una consapevolezza diversa, che accelera sull’esigenza di avere a disposizione i dati e di saperli utilizzare. Se ne è parlato nella tavola rotonda Informazioni, processi e digitalizzazione: le leve per la business transformation, moderata da Piero Gancia, partner di McKinsey, a cui hanno partecipato Francesco Mastrandrea, cio di Groupama Assicurazioni, Fabio Pittana, coo e responsabile canale digitale di Net Insurance, Danilo Ughetto, direttore Ict operations del gruppo Assimoco e Luigi Vassallo, direttore It & digital transformation di Sara Assicurazioni.
DISTINGUERE TRA PRINCIPIO E MEZZO
Che le tecnologie siano state di fondamentale supporto nel periodo di lockdown è opinione condivisa. L’aspetto più dirompente, evidenziato da Francesco Mastrandrea, è stato però comprendere il valore della vicinanza al di là delle potenzialità del digitale, discernere tra un principio supremo a livello umano e gli strumenti che permettono di accorciare le distanze: “l’esperienza ci ha mostrato che questi non sono aspetti alternativi ma parte della relazione con il cliente: non esiste più la categoria digitale ma la categoria della vicinanza, raggiunta sia attraverso il contatto fisico che con le tecnologie, in una multicanalità che diventa contatto integrato”. Ci si è trovati di fronte alla consapevolezza che essere vicini alle persone, così come al cliente, è cosa diversa dal creare o utilizzare un mezzo tecnologico, un concetto che tutti abbiamo fatto nostro, attribuendo però nello stesso tempo un ruolo fondamentale alla tecnologia nella possibilità di comunicare. Ecco allora che “in pochi giorni è stato colmato un gap culturale che pareva contraddistinguere alcune categorie di persone, come gli anziani, ma che rappresentava anche un muro di diffidenza per molti agenti, tanto che i contratti conclusi per via virtuale sono passati dal 2% a oltre il 30%”.
L’ESPERIENZA DELLO SNELLIMENTO DEI PROCESSI
Le quattro compagnie presenti al tavolo, che rappresentano altrettanti modelli operativi diversi, hanno tutte mostrato capacità di reazione immediata di fronte alla novità repentina della chiusura, sia nel garantire la continuità operativa interna sia verso le reti e i clienti. I percorsi di innovazione tecnologica e di processo già avviati sono stati stressati da un periodo che Danilo Ughetto ha definito di “digitalizzazione forzata”, sostenuto dall’articolo 33 del dl Rilancio per l’intermediazione a distanza che ha snellito pro tempore la burocrazia contrattuale. Così come altre compagnie, nel weekend del 23-24 febbraio Assimoco è passata da un sistema di smart working testato in chiave di sostenibilità dell’azienda, a un utilizzo massiccio del lavoro a distanza, che da un lato ha potuto poggiare su sistemi tecnologici già condivisi, dall’altro ha messo in luce il perdurare di processi manuali residuali che sono stati nell’occasione riconvertiti. Ughetto osserva che “il cambiamento ha reso possibile un’accelerazione dei sistemi di change management che prima erano rallentati nell’operatività. Questo momento di discontinuità ha dimostrato che lo snellimento dei processi operativi è diventato un elemento indispensabile non solo per reagire ma anche per adattarsi agli avvenimenti esterni”.
GUARDARE OLTRE L’OGGI
Lo stato dell’innovazione del settore assicurativo è quello di un grande potenziale che si è mosso verso la trasformazione digitale in ritardo rispetto ad altri settori, ma che grazie ai mezzi di cui dispone, e anche alla scossa culturale ricevuta in questa primavera 2020, potrebbe colmare qualche gap. Secondo Luigi Vassallo il peccato originale del settore è stato di “non aver vissuto la pressione della distruzione del valore che ha caratterizzato altri mercati, come quello delle Telco. Se nelle telecomunicazioni la gestione del cliente è da anni una cultura condivisa, nelle assicurazioni il Crm è una novità e ci sono ancora agenzie che parlano in termini di numero di polizze anziché di conoscenza del cliente. La spinta all’innovazione arriva in molti casi ancora dall’imposizione normativa (si veda la homeinsurance) e non dalla scelta di fornire servizi utili all’assicurato”. Fare innovazione significa per Vassallo lavorare anche sulla comunicazione verso il cliente e sull’offerta di pacchetti di servizi, da sviluppare con partner specializzati, che vadano oltre la polizza.
FARE SISTEMA PER SUPPORTARE L’INNOVAZIONE
Il fatto di essere una compagnia a vocazione tecnologica che è “partita da zero”, ha fatto di Net Insurance un termine di confronto nel settore. È per questa peculiarità che a inizio marzo è stata tra i fondatori di Insurtech Italian Association (IIA). In poco tempo, e soprattutto nonostante si stesse vivendo il pieno dell’emergenza Covid-19, i soci sono già diventati un centinaio, a dimostrazione del valore che viene attribuito dal settore alla possibilità di fare sistema. La ragione, secondo Pittana, risiede nella necessità di dare più forza a un ambito che, seppure in notevole crescita anno su anno, conta ancora appena il 5% del miliardo di valore prodotto in Europa, che già è una parte minima dei 7 miliardi di dollari complessivi prodotti a livello globale. “Con i nostri soci attualmente copriamo tutta la filiera e siamo più forti negli obiettivi che ci proponiamo”, spiega Pittana, che sintetizza gli obiettivi di IIA nella crescita delle competenze, nella condivisione delle best practice attraverso sei cantieri su tematiche verticali, nel creare sinergie tra gli associati e, infine, nell’agire “come facilitatori nei confronti delle istituzioni e del regolatore per semplificare il dialogo verso la trasformazione”.
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