COME FARSI ASCOLTARE DALLE PMI
Le imprese italiane sono mediamente meno sottoassicurate rispetto ai privati, ma spesso non sui rischi da cui dovrebbero maggiormente coprirsi. Per le compagnie è fondamentale la capacità di comunicare con gli imprenditori: ecco le azioni che stanno mettendo in campo
03/09/2019
Sulla capacità delle compagnie di presidiare un target come le Pmi, fondamentale per il tessuto economico italiano, si gioca una partita decisiva per diffondere il valore dell’assicurazione. L’impressione, tuttavia, è che esista una distonia importante tra la teoria e la pratica, cioè tra la diffusione reale delle polizze e la consapevolezza delle piccole aziende di conoscere il rischio a cui sono sottoposte e di trovare soluzioni adeguate. Impressione confermata nel corso della tavola rotonda conclusiva del convegno.
TRA RISCHI INTANGIBILI E INCOMUNICABILITÀ
“Il nostro tessuto imprenditoriale – ha ricordato Daniela Marucci, della direzione tecnica danni e sinistri, e responsabile linea corporate di UnipolSai – può contare su 4,5 milioni di aziende, di cui circa il 95% ha meno di 10 addetti”. Le dimensioni molto contenute portano l’imprenditore-proprietario-amministratore a occuparsi di gestione dei rischi in modo non adeguato. “Quando ci troviamo in contesti come questi – ha confermato Marucci – approcciamo un mondo delle aziende non molto sensibile a queste tematiche”. L’impressione è quella di parlare due lingue diverse. Accade così che spiegare all’imprenditore i rischi tangibili e intangibili resti spesso una mera suggestione intellettuale. “Come assicuratori ci stiamo preparando ad affrontare nuove tipologie di rischi: ci sono soluzioni assicurative nuove, ad esempio noi abbiamo soluzioni per il rischio reputazionale. Quindi ci sono opportunità nell’offerta assicurativa tradizionale. Ma ci troviamo di fronte a un mondo di aziende con cui è difficile comunicare: questo è ciò che viviamo nella quotidianità”, ha ammesso la manager di UnipolSai.
Da sinistra: Fabrizio Perna, responsabile formazione commerciale di Reale Mutua; Massimo Monacelli, chief property & casualty e claims officer di Generali Italia; Maria Rosa Alaggio, direttore di Insurance Review; Daniela Marucci, della direzione tecnica danni e sinistri, e responsabile linea corporate di UnipolSai; e Massimo D’Alfonso, direttore rami elementari di Sara Assicurazioni
PARLARE LO STESSO LINGUAGGIO
Un contesto sfidante, ma al tempo stesso stimolante, secondo Massimo Monacelli, chief property & casualty e claims officer di Generali Italia. “Affrontare il settore delle Pmi in modo professionale richiede scelte e un posizionamento manageriale molto preciso. Ci siamo chiesti cosa possiamo fare noi assicuratori per dialogare con le imprese. Bene, innanzitutto ci sono delle risposte che possiamo dare in chiave organizzativa”. L’industry assicurativa è ancora legata alla logica delle linee di business, “che non sono il linguaggio di un cliente imprenditore”, ha osservato Monacelli. Questo è stato il primo elemento di cambiamento che Generali Italia ha portato nella value proposition. “Nel settore middle market ci siamo riorganizzati per tipologie di impresa e non più per linee di business. Questo agevola il dialogo con l’imprenditore. Il nostro compito è di portare soluzioni che colgano effettivamente i bisogni di una clientela molto variegata e con esigenze che possono essere molto diverse. Non dimentichiamo – ha aggiunto il manager di Generali Italia – che nel settore delle Pmi una consulenza di valore richiede una preparazione professionale tecnica molto approfondita”.
COS’È CATTIVA ASSICURAZIONE
Su quest’ultimo aspetto si è detto pienamente concorde anche Massimo D’Alfonso, direttore rami elementari di Sara Assicurazioni: “le Pmi – ha detto – sono mediamente meno sottoassicurate rispetto alla clientela retail, ma non sono correttamente assicurate. Spesso il fatto che nelle aziende microimprese la figura del ceo coincide con quella del proprietario, espone l’azienda a mettere a repentaglio il patrimonio familiare. Ed è per questo che troviamo una maggiore presenza di coperture di responsabilità civile, che è quell’elemento di sensibilità che le aziende sentono di più”. Più si sale di dimensione, più le coperture possono essere ampliate semplicemente perché l’aspetto decisionale sui rischi non è incentrato su una sola figura, ma ci sono dei veri e propri manager. “Quindi anche per le compagnie – ha spiegato D’Alfonso – comunicare in modo univoco con tutte le imprese non è facile. Ci vuole un grado di preparazione, di formazione e di consulenza elevata e diversificata. Su questo si prova quotidianamente a fare formazione, consapevoli del fatto che quella per la piccola e media impresa è l’offerta più complessa che abbiamo come compagnia”.
LA FORMAZIONE, FATTA SUL CAMPO
Quello di investire sulla formazione è un impegno che le compagnie stanno prendendo molto seriamente. Fabrizio Perna, responsabile formazione commerciale di Reale Mutua ha portato la testimonianza delle attività messe in campo dalla mutua torinese. “Perché la formazione sia efficace – ha detto – è necessario che parta dal basso. Ascoltare il cliente è fondamentale”. In termini di offerta formativa Reale Mutua ha due livelli: da un lato ci sono i supporti commerciali tecnici, dall’altro un master con un approccio molto pratico, rivolto a un pool selezionato di agenzie. “Abbiamo creato questo percorso formativo – ha spiegato Perna – in collaborazione con Cineas e con il contributo dei nostri colleghi della struttura commerciale che vivono la quotidianità delle agenzie”. Il master ha una parte teorica e una pratica che prevede delle visite presso delle aziende. “Gli agenti non hanno bisogno solo di teoria, ma anche di pratica, e dunque mettere i nostri intermediari di fronte al fatto compiuto e far incontrare loro realtà aziendali e situazioni autentiche ha dato sempre feedback positivi. Inoltre – ha aggiunto – il master offre a chi lo frequenta una visione a 360 gradi, mostrando come si possa entrare in un’azienda per proporre una soluzione assicurativa tipicamente property e, in corso di trattativa, possano nascere, ad esempio, esigenze di welfare aziendale”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA