SE IL CLIENTE E' INFEDELE
L’edizione 2014 dell’Osservatorio sulla distribuzione assicurativa di Scs Consulting analizza la qualità del servizio come leva di fidelizzazione. La flessibilità di un consumatore sempre meno fedele indurrà in futuro a guardare sempre di più, oltre che al prezzo, al valore aggiunto e alla competenza dell’intermediario
30/11/2014
Una tra le sfide sempre più complesse che gli intermediari si trovano a fronteggiare è quella della fedeltà del cliente. Colpa del web, che influenza sempre di più le logiche comportamentali e i processi di scelta del consumatore. Ma anche della crisi economica, che ha duramente colpito i punti vendita tradizionali, in un mercato che si sta progressivamente affollando di nuovi competitor.
Ad analizzare il tema, nel corso del convegno è stata Scs Consulting che ha presentato i dati dell’ Osservatorio sulla distribuzione assicurativa, organizzato in collaborazione con Insurance Connect e dedicato, per l’appunto, al tema della fedeltà. “Un fenomeno in continua ascesa – spiega Marco Lanzoni, responsabile divisione finance di Scs Consulting – che riguarda da vicino tutti gli intermediari alle prese con una competizione sempre più consistente”.
NON E' SOLO UN PROBLEMA DI COSTO
Per gli intermediari italiani, comunque, la situazione riscontrata dall’indagine è ancora piuttosto buona, visto che il 76% dei clienti ha confermato il proprio operatore. Se però si vanno a vedere quali sono le ragioni che hanno spinto la restante percentuale di clienti a cambiare, il motivo preponderante è il costo (69%). L’attuale congiuntura economica pesa anche sulle polizze in essere. “Abbiamo chiesto agli intervistati – spiega Giorgio Lolli, manager di Scs Consulting – se negli ultimi due anni avessero dismesso delle polizze, e per quale ragione: coloro che hanno risposto in modo affermativo hanno motivato la scelta soprattutto per via del costo (35%) e più in generale delle difficoltà economiche (29%), o dall’inutilità del prodotto (18%), dal rapporto con la compagnia (12%), e anche dalle problematiche nelle scadenze (6%)”. Ciò nonostante il livello di soddisfazione per le polizze in proprio possesso è complessivamente buono: per il 23% dei clienti è sopra le attese, per il 62% è alla pari, mentre resta al di sotto solo per il 15%; il grado di soddisfazione è particolarmente alto per le dirette, con il 29% di giudizi superiori alle attese. Le dirette hanno anche un’alta forza attrattiva per i clienti: il 57,4% degli intervistati si è detto disposto a sottoscrivere una polizza con una compagnia di questo tipo, soprattutto per motivi legati al costo (65%), ma anche per via della praticità (16%), o anche solo per curiosità (13%). “Tuttavia le compagnie dirette – osserva Lolli – stentano ancora a decollare, a causa della mancanza di rapporto personale (44%) e di fiducia (37%), motivi indicati da quel 42,6% di clienti che si sono detti non disposti a sottoscrivere una polizza con loro”.
IL PRIMO CONTATTO CON IL CLIENTE NON E' PROATTIVO
Tra gli aspetti che i clienti apprezzano nell’intermediario, quelli economici pesano solo in minima parte. Alla base di un rapporto di fiducia con il cliente, il costo incide solo nel 27% dei casi, mentre sono molto apprezzati valori come la disponibilità (13%), il rapporto personale (17%), la serietà (11%), la velocità (10%), la competenza (10%) e la chiarezza (12%). L’indagine di Scs ha anche voluto misurare in presa diretta la qualità del servizio delle agenzie, andando a toccare con mano la situazione attraverso visite con dei clienti in incognito. “Ciò che è emerso – spiega Lolli – è che il contatto iniziale con il cliente non è sfruttato in modo proattivo: la rete di vendita appare ancora troppo poco efficace in tal senso”.
COMPAGNIE, SERVE UN MAGGIOR COINVOLGIMENTO DELLE RETI
Per quanto riguarda le compagnie assicurative, la disponibilità di informazioni sui clienti, la presenza di strumenti avanzati di analisi (Crm), la diffusione dei dati nell'organizzazione e il loro utilizzo nei processi decisionali sembrano costituire attualmente un problema strutturale per le imprese, evidenziando un gap significativo, ad esempio, con le banche. Dall’indagine emergono margini di miglioramento in termini di sistematicità e di strumenti dedicati all’ascolto del cliente. “Il coinvolgimento delle reti – sottolinea Lolli – e la diffusione delle informazioni non sono prassi consolidate, e non sempre sono utilizzate per prendere decisioni”. Tuttavia, nonostante i gap evidenziati in termini di capacità di ascolto, la voce del cliente e le interazioni con gli stakeholder rappresentano per le compagnie elementi rilevanti per la definizione dell’offerta e dei modelli di servizio. “Le compagnie – osserva Lolli – hanno declinato il concetto di orientamento al cliente, nella governance, più che altro in termini di dotazione di strumenti alle agenzie”. Gli intermediari, dal canto loro, ritengono questi strumenti ancora non sufficientemente evoluti e adatti alle esigenze di semplificazione dei processi agenziali.
“I tre messaggi chiave che emergono da questa indagine – conclude Lanzoni – e che si dovrebbero tradurre in linee d’azione di intermediari e reti distributive sono essenzialmente tre: il tema della relazione e della fiducia, la qualità del servizio e l’aspetto della competenza come leva di miglioramento del rapporto con il cliente”.
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