I CONTENUTI DELLA SPECIALIZZAZIONE

Colmare il gap che separa l’Italia dall’Europa anche nel riconoscimento attribuito alla professione di perito significa riuscire a distinguerne le competenze e valorizzare le capacità tecniche di chi è in grado di elevare il servizio offerto dalle compagnie

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Proseguendo nel percorso battuto dal collega Aurelio Vaiano, con l’articolo pubblicato sul numero di Insurance Review di luglio, e ritornando sull’argomento “professione perito”, vorrei approfondire un aspetto da me, e da tutti quei colleghi che come me non sono giunti per puro caso a questa scelta professionale, ritenuto fondamentale: la specializzazione.
 
Il nostro lavoro, come tutte le altre professioni, è costituito da vari livelli: dal più modesto a quello di eccellenza. Ma ciò non significa che l’uno sia subordinato o propedeutico all’altro.
Definire il ruolo del perito genericamente, equivarrebbe a considerare tutti i medici come appartenenti allo stesso rango culturale e intellettuale, o dotati delle stesse capacità tecniche e scientifiche, o ancora come indifferentemente in grado di operare a cuore aperto, curare una frattura, un’emicrania, estrarre un dente.
Nel nostro settore c’è chi si occupa di sinistri di frequenza, chi di sinistri di medio taglio e chi di sinistri complessi, fino a giungere ad alcune figure professionali uniche, in grado di gestire sinistri molto particolari, con specificità note a pochi.

Tutto ciò sembrerebbe scontato e logico. Sono indispensabili, per l’incarico, scelte meritocratiche legate alla specificità del caso da affrontare.

Da sempre Aipai, nei suoi circa 50 anni di vita, è stata paladina della formazione dei propri soci, organizzando periodicamente meeting, incontri, convegni e soprattutto giornate dedicate all’approfondimento di argomenti specifici per l’aggiornamento professionale. Aipai è cofondatore di Cineas, che ha un ruolo fondamentale nella formazione e garantisce a chi si affaccia per la prima volta a questa finestra professionale di intraprendere un cammino su basi solide. Egualmente riesce a fornire a chi già opera nel settore, talvolta anche da decenni, una formazione specialistica attraverso corsi di elevato standard e specificità.
Ebbene, nonostante il campo sia così vasto e diversificato, a volte la risposta in termini di affidamento di un incarico al professionista più idoneo a svolgerlo non appare allineata. Il motivo di ciò, a mio avviso, è legato a quanto riportato nell’articolo del già citato collega Vaiano, per cui la gestione del sinistro non sempre è intesa come opportunità per offrire il migliore servizio possibile al cliente a dimostrazione della serietà e solidità dell’assicuratore.
Quando qualità è sinonimo di velocità

Non sempre il risultato della prestazione professionale è legato all’analisi di un quadro tecnico completo e di quali possano essere le misure preventive da adottare per evitare analoghe occorrenze in futuro, o all’applicazione della polizza con coinvolgimento delle parti interessate affinché le stesse siano realmente partecipi e abbiano contezza di limitazioni o insufficienze assicurative e dei criteri liquidativi. Nulla di tutto questo. La soluzione di un caso appare piuttosto connessa con tempi di consegna, liquidato medio, pronta liquidazione, così non aprendo il campo a una meritocrazia professionale, ma a chi meglio riesce a gestire le esigenze di alta velocità. Oggi non sempre, come invece fino ad alcuni anni fa avveniva, si affronta una problematica chiedendo allo specialista più competente e adatto di analizzarla, formulare un giudizio e risolvere il problema sotto il profilo tecnico. Oggi la scelta è, per utilizzare una metafora, tra Italo e Frecciarossa: chi tra i due riesce a raggiungere la destinazione in un solo minuto in meno, a un costo di un solo euro in meno, rappresenta la scelta vincente.

Personalmente spero, e come me credo lo sperino anche tutti i colleghi che da decenni prestano un servizio professionale, che la tendenza cambi, che ci si allinei all’Europa non solo dal punto di vista delle scelte politiche, ma anche per quanto riguarda le scelte professionali. Molti di noi hanno il privilegio di potersi fregiare del marchio Fuedi, Perito Europeo; ci piacerebbe poterci confrontare ad armi pari con i nostri colleghi dell’Inghilterra, della Francia, della Germania, della Spagna, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. 

Nel mese di maggio scorso, ho partecipato, in qualità di rappresentante dell’Aipai in Fuedi, all’assemblea plenaria della federazione e, a essere sincero, il confronto è stato per me imbarazzante. I periti italiani, al contrario dei colleghi europei, non riescono a ottenere la giusta valorizzazione professionale in patria. Mi piacerebbe che un giorno le nostre mandanti ci valutassero per ciò che siamo realmente in grado di fare dal punto di vista tecnico, e di poter essere premiati sul campo, per i risultati ottenuti, senza doversi rimettere ogni volta in gioco come fosse il primo giorno.


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