QUANTITÀ, QUALITÀ E SOSTENIBILITÀ, PER UN SISTEMA CHE VALE

Il rapporto professionale del perito è caratterizzato da stabilità e condivisione costante di competenze ed esperienze di spessore. Chi è titolare o responsabile delle strutture peritali deve poter disporre del tempo e delle risorse finanziarie necessari per investire al proprio interno. A beneficio del presente e in prospettiva futura

QUANTITÀ, QUALITÀ E SOSTENIBILITÀ, PER UN SISTEMA CHE VALE
Autore: Lucia Redaelli, socio Aipai Numero Review: 121 Pagina: 14-16
Da alcuni mesi, uno degli argomenti maggiormente all’attenzione del comparto assicurativo è quello inerente all’obbligo di copertura per le aziende per eventi catastrofali naturali. I diversi stakeholders hanno svolto approfondimenti sulla portata e sull’impatto di questa importante novità, ciascuno in funzione del proprio ruolo all’interno della filiera. 
La categoria peritale e Aipai in particolare, con proattività e spirito di servizio, ha intrapreso un’analisi sull’effettiva disponibilità e capacità della propria forza lavoro rispetto a tale scenario, che rende senz’altro verosimile e ipotizzabile un flusso di sinistri con punte numericamente eccezionali.
E così ci si è trovati a riflettere sulle potenzialità della nostra categoria professionale, focalizzando il pensiero sul concetto di capacità piuttosto che su quello di disponibilità: quest’ultima la diamo per scontata, comprovata da anni di lavoro del corpo peritale a favore del settore tutto, spesso con un dispendio di risorse, un’abnegazione e una passione non proporzionati al ritorno di tale lavoro in termini di compensi riconosciuti.

LA CAPACITÀ IN CAPO AL CORPO PERITALE 

Capacità, dunque. Cosa racchiude questo sostantivo apparentemente banale? A primo impatto (come di fatto avvenuto negli scorsi anni per emergenze sul territorio che hanno richiesto il massivo contributo della nostra categoria) le verifiche sulla capacità del corpo peritale sembrano concentrarsi su un’analisi quantitativa delle risorse da mettere in campo. È senz’altro un aspetto prioritario di cui tenere conto, al fine di avere realistica contezza della forza lavoro disponibile. Ma non è sufficiente: anche laddove la verifica quantitativa delle risorse evidenziasse una copertura adeguata a soddisfare le esigenze numeriche derivanti da una mole importante di sinistri in un arco temporale ristrettissimo, è fondamentale approfondire se e come queste risorse siano in grado, una volta in azione, di svolgere in modo efficiente il proprio ruolo, da tutti i punti di vista. 
In altri termini, è importante riflettere su quanto, e come, la categoria peritale italiana possa risultare idonea, oltre che per quantità, anche per qualità. E questo, con riferimento non solo a situazioni extra-ordinarie quali la gestione di sinistri cat nat, ma anche nel contesto di quella che può definirsi l’attività ordinaria (che in realtà, ordinaria non è mai) di gestione dei sinistri, di qualunque tipo, concentrazione ed entità essi siano, da parte di una forza lavoro che, seppur a volte il sistema sembri dimenticarlo, costituisce da sempre il cuore della procedura di accertamento e liquidazione dei danni e, quindi, il cuore del sistema.

FIGURE PROFESSIONALI ETEROGENEE

La nostra categoria (peraltro non inquadrata in un preciso settore ordinistico) è composta da figure professionali fra le più eterogenee in termini di età, percorsi di studi, esperienze lavorative. Il tutto, all’interno di un mondo, quello assicurativo e dei sinistri, che comprende a sua volta una molteplicità di casistiche e specializzazioni per la gestione delle quali necessitano competenze fra le più eterogenee, anche in settori di nicchia.
È evidente come nessuno di noi, nel momento in cui intraprende questa professione, possa disporre dell’intero know-how necessario per una corretta valutazione e la gestione a 360 gradi di danni fra i più svariati e complessi. Anche i più fortunati (che, per il loro curriculum scolastico, sono in grado di approcciare con sicurezza e competenza all’analisi e determinazione di danni a fabbricati, macchinari, impianti) si trovano a dover necessariamente apprendere sul campo il mestiere del perito, nella consapevolezza che la procedura di accertamento e liquidazione dei danni nell’ambito di un contratto assicurativo segue proprie logiche e criteri, da cui non si può in alcun modo prescindere.

UNA FORMAZIONE CERTIFICATA

La formazione (di base e continua) rappresenta un pilastro fondamentale nel percorso di realizzazione, crescita e consolidamento della figura peritale. In questo, i master promossi da Cineas (Politecnico di Milano) costituiscono uno strumento valido ed efficace per la preparazione a vari livelli, soprattutto se si considera che, a tutt’oggi, non esistono indirizzi scolastici (né superiori, né universitari) orientati specificatamente alla nostra professione.
A livello formale, dal 2015 la certificazione ai sensi della norma europea Uni 11628 rappresenta un’attestazione della figura professionale e un biglietto da visita utile a garantirne credibilità e competenze, consentendo agli stakeholders del settore di disporre di un insieme, formale ma anche sostanziale, di operatori dalla preparazione, appunto, certificata. Anche e proprio per questo, nell’ambito di progetti ad ampio respiro su scala nazionale e con interlocutori istituzionali, la certificazione rappresenta uno dei requisiti fondamentali nella selezione dei periti idonei a poter cooperare; così come l’appartenenza a un’associazione storicamente nota quale è Aipai può costituire garanzia di qualità. 

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ESPERIENZA E CONDIVISIONE

Ma andando oltre la forma, guardandoci dall’interno come categoria, non possiamo non domandarci quali siano, nei fatti, le variabili, le esperienze e i percorsi che, davvero, rendono un perito degno di questo nome. Quali sono, nella pratica quotidiana, i mezzi attraverso cui un perito diviene realmente tale? Quali gli strumenti attraverso cui ha la possibilità di acquisire e consolidare le competenze indispensabili a svolgere il proprio lavoro in modo corretto e con cognizione di causa?
Due concetti fondamentali: esperienza e condivisione. Tralasciando quanti (pochi, se non pochissimi, colleghi) svolgono la loro attività in totale ed esclusiva autonomia, la maggior parte dei periti italiani opera nel contesto di strutture più o meno ampie. E in ciascuna di queste realtà, il più delle volte, vi sono figure professionali di lungo corso e grande esperienza, fonte preziosa di un know-how che è importante saper mettere a fattor comune, condividere e trasferire, a vantaggio dei meno esperti. Diviene una responsabilità morale impegnarsi per coltivare, fidelizzare e motivare il proprio team di professionisti, garantendo continuità al percorso di crescita e consolidamento delle competenze di ciascuno.
Secondo la mia opinione e il mio vissuto (da 16 anni all’interno della medesima struttura), ciò è possibile solo nel momento in cui il rapporto professionale è caratterizzato da stabilità e condivisione costante di competenze ed esperienze di spessore: la chiave giusta per permettere a un perito di nascere, crescere e consolidarsi con passione e consapevolezza. Come è realizzabile questo scenario virtuoso? Al di là delle scelte valoriali e imprenditoriali di ciascuno, è evidente che chi è titolare o responsabile delle strutture peritali debba poter disporre del tempo e delle risorse finanziarie necessari per investire al proprio interno, a beneficio del presente e in prospettiva futura. Il tutto in un contesto di sostenibilità. Impensabile avviare e coltivare un percorso di formazione e crescita dei propri collaboratori senza che vi siano i mezzi per poterlo fare. Mezzi che, il più delle volte, faticano a concretizzarsi perché in contrasto con le logiche e le esigenze sempre più stringenti del sistema di liquidazione sinistri: tempistiche di evasione degli incarichi, ampliamento del ventaglio di attività e incombenze che il perito è chiamato a svolgere, con un inevitabile incremento dei costi di gestione per le strutture e, come contropartita, una progressiva e talvolta inesorabile contrazione dei compensi.

LA STRADA PER CREARE VALORE

Molte sarebbero le riflessioni e gli spunti su questo argomento. Molte le istanze e le proposte da sottoporre ai diversi attori del sistema, che del lavoro del perito si avvalgono quotidianamente. In diverse occasioni e contesti, negli ultimi anni, si è cercato di farlo, nel tentativo di rendere chiara ai nostri interlocutori l’ampiezza, la complessità e l’onerosità insite nell’attività peritale, così da ottenere un riconoscimento e una valorizzazione (concettuale, prima ancora che monetaria) del nostro ruolo. Non è questa la sede – e chi scrive non ne ha l’autorità – per ribadire e perorare la causa della nostra categoria. Ma, forse, può essere di spunto e di aiuto al sistema, quantomeno per imboccare una giusta direzione, riflettere sull’importante vantaggio che l’intero comparto assicurativo avrebbe nel momento in cui le strutture peritali fossero messe in condizioni di investire e lavorare su sé stesse in un’ottica di formazione e consolidamento delle competenze dei professionisti. Credo sia la strada giusta, forse l’unica, per arrivare a poter garantire al sistema la presenza di una forza lavoro di valore, quantitativamente e qualitativamente, attraverso cui gestire al meglio anche le situazioni più impegnative. Cat nat comprese. Con un ritorno positivo per tutti.

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