COME TUTELARE IL BENE “PRODUZIONE”
Il lockdown delle imprese e le sue conseguenze in termini di mercato chiamano all’attenzione del settore assicurativo la scarsità di soluzioni adeguate quando l’oggetto da proteggere è intangibile, come può essere la capacità produttiva dell’azienda e la prontezza della sua ripresa. Il sistema si deve interrogare su come sostenere tali capacità per non perdere un valore che è anche sociale
19/11/2020
La pandemia non ci ha ancora lasciato, ma già ha portato con sé importanti argomenti di riflessione, sia sulle modalità di convivenza sociale, sia sui modelli di sviluppo economico.
Le due tematiche sono fortemente collegate, ma non è mio il compito esaminare tali relazioni, posso solo indurre stimoli a ulteriori approfondimenti in campo assicurativo, partendo dalla valutazione dei rischi e dai loro riflessi in caso di sinistro, argomenti propri dei periti, nel mio caso rafforzati dalla stretta relazione con le aziende assicurate.
Il sistema produttivo è entrato in crisi in conseguenza non del deterioramento di uno o più elementi della produzione, ma a seguito della necessità di rendere più sicure le relazioni fra soggetti, al punto che il loro azzeramento è stato ritenuto, in certi casi, l’unica soluzione efficace.
In sostanza la perdita di capacità di produrre reddito non è derivata dalla indisponibilità di uno o più elementi che concorrono alla produzione, ma dalla necessità di ridurre le relazioni fra essi, perché ritenute pericolose in quanto possibili viatici di contagio.
Stabilimenti, macchinari, materie prime, mano d’opera, risorse finanziarie e imprenditoriali erano tutte disponibili, semplicemente la loro usuale interazione è divenuta portatrice di un rischio pandemico non sostenibile: la contrazione del reddito è stata ritenuta il danno minore, chiaramente non solo dal punto di vista economico.
Nostro malgrado siamo indotti ad affrontare in modo diverso questa analisi di rischio, sapendo ora che la contrazione del reddito aziendale è possibile che si manifesti anche in ragione della salvaguardia futura dello stesso, e non per forza a seguito di un danno materiale.
Questa presa di coscienza deve portarci a ripensare alle relazioni fra rischi e alle conseguenti tutele, con due specifiche attività, una di analisi preventiva e l’altra di riformulazione delle tutele.
INDAGARE OLTRE IL DANNO MATERIALE
La capacità di produrre reddito di un’azienda è sempre stata valutata in modo istantaneo, con risultati a consuntivo basati sui dati di bilancio. Esistono numerosi indicatori che ripropongono i dati istantanei per la formulazione di una sorta di filmato a scatti che emula un divenire, ma le varie componenti del filmato sono costantemente assoggettate a eventi più o meno significativi, che non sono mai correttamente valutati, tantomeno nel loro complesso.
Esiste la necessità di comprendere se e come un’azienda sia in grado di continuare a produrre reddito dopo aver subìto un evento significativo, se davvero ha gli anticorpi per farlo e di quali strumenti necessita per essere aiutata a completare l’opera.
Questa analisi di rischio, ancora, non esiste: ma non solo. La capacità di produrre reddito nel tempo, anche in caso di difficoltà, non è mai stata considerata dal sistema creditizio un elemento necessario alla determinazione della reputazione aziendale.
Gli stessi strumenti di tutela sono oggi impostati alla mera garanzia sul bene oggetto del finanziamento e non sulla capacità che esso ha di concorrere al reddito dell’azienda che lo ha acquistato. Ciò significa che se un impianto di produzione del valore di 5 milioni di euro viene acquistato con finanziamento, le garanzie richieste insistono sul valore materiale del bene, e non vengono formulate analisi sulla capacità specifica che questo impianto ha di ripagare i propri costi, né sul riflesso che una sua eventuale indisponibilità pone in tasca all’azienda (e quindi all’istituto creditizio), al fine di produrre il reddito necessario al sostentamento del suo acquisto.
La stessa cosa vale in ragione delle garanzie assicurative, punto cruciale di questa riflessione.
Oggi le coperture assicurative per danni indiretti sono fondate su dati istantanei avulsi dalla realtà in cui si potrà mai verificare un sinistro, e non saranno certo alcuni generici e discrezionali indicatori di aggiustamento che potranno ristabilire una parvenza di adeguatezza.
Le imprese assicuratrici inoltre cercano di prodigarsi all’analisi di rischio prima di assumere nel proprio portafoglio un’azienda, ma in tali analisi non superano mai il livello di pura materialità delle cose assicurate, delle conformità alle norme e forse dei controlli di gestione: nessuno si propone di analizzare il rischio azienda dal punto di vista produttivo, dell’analisi della capacità di essere redditizia nel tempo: in caso di sinistro si paga quello che si deve, se poi fallisce o meno sono fatti altrui.
COGLIERE IL SUGGERIMENTO DELL’ESPERIENZA
Non credo che volontariamente nessuno aspiri a questo. Certo il percorso che approfondisce conoscenze in ambiti non ancora esplorati costa sforzi di tempo e denaro, ma oggi, alla luce di quanto è ancora in atto, il percorso sembra obbligato.
Nel frattempo sono in atto iniziative innovative, promosse dalla nostra associazione, per lo sviluppo di coperture assicurative specifiche per danni indiretti in conseguenza di eventi pandemici, che necessitano proprio di una più approfondita analisi dello stato del rischio in ambito di redditività aziendale, e che possono trovare applicazione in caso di sinistro con sistemi modulari di indennizzo.
Ma non basta. Serve una maggiore attenzione da parte del sistema creditizio verso tali aspetti.
Bisogna pensare di integrare le garanzie dei finanziamenti alla capacità redditizia dei sistemi aziendali, e soprattutto alla loro resilienza a eventi imprevisti.
Tutto ciò si può ottenere con un balzo culturale collettivo, sia sul versante dell’analisi pre contrattuale della redditività aziendale, sia nell’utilizzo di strumenti più adeguati per la tutela del credito e il trasferimento del rischio in tale ambito.
Non esiste momento migliore per affrontare queste sfide se non quando si è in difficoltà, dove necessità e opportunità si possono fondere in un formidabile stimolo all’innovazione.
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