UN’AUTO AUTONOMA SULLE STRADE DI UNA SMART CITY
Vetture connesse e condivise, capaci di fornire innovativi servizi per il guidatore. Poi forse arriveranno anche macchine in grado di guidarsi da sé e metropoli che sapranno valorizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Intanto il mercato si confronta con un paradigma della mobilità in rapida evoluzione
17/01/2020
Quello fra italiani e tecnologia è un rapporto complicato. Da un lato, c’è l’impressione di essere sempre un po’ in ritardo, di essere rimasti indietro rispetto ai passi da gigante che l’innovazione ha compiuto negli ultimi anni, di rincorrere continuamente quel balzo tecnologico che potrà catapultarci, da un giorno all’altro, al livello degli altri Paesi industrializzati.
Poi però, dall’altro lato, emergono anche altre evidenze. Evidenze che ci restituiscono l’immagine di un Paese che, quando vuole, sa sfruttare le nuove tecnologie e riesce a volte a farlo persino meglio di altri. Il caso della scatola nera, in tal senso, è forse quello più emblematico. E pensare di replicarne il successo anche nei nuovi paradigmi della mobilità, per quanto ambizioso, potrebbe non essere così assurdo. “Secondo un’analisi che abbiamo condotto su un campione di 8.500 guidatori di auto connesse a livello globale, l’Italia risulta essere il secondo mercato più propenso ad aderire alla case mobility (connected, autonomous, shared, electric, ndr) dietro alla sola Cina”, ha osservato Andrea Galimberti, client partner – head of mobility di Kantar.
DA DRIVER A MOVER
Il paradigma della mobilità sta evolvendo. E, con esso, anche le abitudini e gli stili di guida di quelli che, per usare la stessa terminologia di Galimberti, prima erano semplici driver e adesso possono essere definiti mover. “È un concetto completamente diverso, spinto da una tecnologia che in questo caso è stata davvero disruptive: non c’è più identificazione col mezzo di proprietà o con il numero di incidenti in cui un guidatore può essere stato coinvolto”, ha affermato. “Stiamo parlando di persone aperte al cambiamento, senza troppe distinzioni di sesso o età, cittadini soprattutto metropolitani che sanno e vogliono usufruire di diverse forme di mobilità”, ha proseguito, tracciando un breve identikit dei mover.
Anche l’approccio all’assicurazione, così come all’offerta di servizi, pare destinato a cambiare. “I mover sono disposti a investire moltissimo in assicurazioni, a patto di trovare garanzie che coprano il loro intero ciclo di vita”, ha osservato Galimberti. E sono disposti, ha aggiunto, anche a “cedere i propri dati e le proprie informazioni per avere in cambio dei servizi che siano all’altezza delle proprie aspettative”.
SERVIZI NELLA NUOVA MOBILITÀ
Per dirla con Andrea Bonaschi, responsabile sviluppo canali e go-to-market – connected insurance di Generali Italia, il futuro prossimo della mobilità sarà dunque fatto di “auto sempre più intelligenti, capaci di fornire nuovi servizi al volante e innovativi sistemi di sicurezza”. L’esperienza di guida si rivelerà fondamentale per il cliente. Ed è in quest’ottica che vanno lette le varie iniziative che le compagnie assicurative, spesso in partnership con altre realtà del mercato, stanno realizzando nell’ambito della mobilità connessa e condivisa. “Nel prodotto che abbiamo lanciato quest’anno – ha portato l’esempio Bonaschi – abbiamo inserito coperture addizionali che assicurano il cliente non soltanto quando guida la sua auto di proprietà, ma anche quando sceglie di utilizzare altri mezzi di trasporto”.
Sulla stessa linea si pone poi l’accordo che la compagnia ha siglato con DriveNow, recentemente ribattezzata ShareNow. “A Milano – ha illustrato Bonaschi – in tutte le vetture della società è possibile trovare la scatola nera realizzata da Generali Jeniot, che offre un servizio di real time coaching”.
NON SOLO AUTO: TORNA LA MICRO-MOBILITÀ
Nel nuovo paradigma della mobilità, l’auto diventa tuttavia soltanto uno dei possibili mezzi di trasporto. Accanto alle tradizionali quattro ruote, a lungo autentiche proprietarie della strada, hanno fatto progressivamente capolino biciclette e monopattini, mezzi della micro-mobilità che hanno riscoperto, con il boom delle società di sharing mobility, un’inaspettata vitalità. E che adesso necessitano di adeguate coperture assicurative.
“Axa investe tantissimo nella platform economy perché crede che sarà uno dei trend di maggior successo del mercato nei prossimi anni”, ha commentato Ivan Pivirotto, head of business development and operations di Quixa, la compagnia 100% digitale del gruppo assicurativo francese. “Ci crediamo molto – ha aggiunto – perché il settore ha delle caratteristiche intrinseche che ne decreteranno il successo: è nativo digitale, basa tutto il suo business sullo smartphone, consente di risparmiare ed è ecologico”. A tal proposito, Axa è partner della micro-mobilità nella città di Parigi. “Accompagniamo – ha spiegato Pivirotto – gran parte delle società di sharing di monopattini elettrici, proteggendo i clienti da infortuni e danni a terzi: nell’ultimo anno abbiamo assicurato oltre 1,8 milioni di corse”.
L’AUTO CHE SI GUIDA DA SÉ
Oltre il futuro prossimo c’è poi l’auto in grado di guidarsi da sé. E qui le opinioni sono piuttosto discordanti: per alcuni si tratterà dell’esito inevitabile di una tecnologia che sta progredendo velocemente, per altri è più semplicemente una pura utopia. “Pensare che una macchina possa arrivare da noi e portarci dove vogliamo è ancora un po’ fantascientifico”, ha osservato Michele Colajanni, direttore della Cyber Academy dell’Università di Modena e Reggio Emilia. “Il terzo livello di automazione c’è già”, ha aggiunto, facendo riferimento a vetture capaci di gestire la guida in condizioni ordinarie di meteo, traffico e carreggiata. Ma difficilmente, a detta di Colajanni, possiamo pensare di andare molto più in là. “Le prospettive – ha affermato – ci dicono di concentrarci sul quarto livello di automazione, ossia su vetture a guida semi-autonoma in cui il conducente avrà sempre la responsabilità di stabilire se le condizioni esterne consentono o meno di lasciare il completo controllo alla macchina”.
Ai limiti tecnologici si associano poi ostacoli infrastrutturali che non consentiranno, almeno nel breve periodo, di vedere auto autonome che circolano liberamente per le nostre città. “Vediamo un po’ più lontano il traguardo del quinto livello di automazione rispetto a qualche anno fa”, ha affermato Bonaschi. “Ci sarebbe bisogno – ha spiegato – di strade adeguate, forse persino di corsie dedicate, dove per esempio non ci siano passaggi pedonali non regolati da semafori”.
Da sinistra: Andrea Galimberti, client partner – head of mobility di Kantar; Michele Colajanni, direttore della Cyber Academy dell’Università di Modena e Reggio Emilia; Maria Rosa Alaggio, direttore di Insurance Review; Andrea Bonaschi, responsabile sviluppo canali e go-to-market – connected insurance di Generali Italia; e Ivan Pivirotto, head of business development and operations di Quixa
VERSO LA SMART CITY
Prima delle auto autonome dovranno dunque arrivare le smart city, ossia complessi metropolitani dotati di infrastrutture all’avanguardia per accogliere tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie nel settore della mobilità. E se anche la rivoluzione non avverrà domani, come ha affermato Pivirotto, “le compagnie dovranno prepararsi a un mercato che sta cambiando e che cambierà in futuro in maniera sempre più incisiva”.
Axa, in questo contesto, si sta muovendo molto. “In linea con la nostra ambizione di aiutare le persone a vivere una vita migliore, abbiamo aderito alcuni anni fa alla global road Safety Partnership, iniziativa promossa per ridurre il rischio di incidenti mortali e infortuni sulle strade”, ha affermato Pivirotto. “Stiamo poi lavorando con la città di Parigi in vista delle Olimpiadi del 2024 – ha proseguito – per reinventare, all’interno di un consorzio di varie società, il concetto della mobilità cittadina”. Un altro progetto interessante è poi quello avviato con la città di Bristol. “Stiamo supportando lo sviluppo e il test delle auto a guida autonoma per prepararci a una nuova realtà, in cui innovazione e sostenibilità ambientale dovranno avere un impatto positivo sulla società civile e sull’ambiente in cui viviamo. I risultati – ha concluso – sono decisamente incoraggianti: il 90% degli incidenti causati dal fattore umano potranno essere eliminati, saranno ridotti i costi e l’inquinamento per la città, migliorerà la gestione del traffico e dello spazio pubblico, ottenendo inoltre un notevole risparmio di tempo per i cittadini”.
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