PERITI, ARTEFICI DELLA PROPRIA EVOLUZIONE

Aipai, la principale associazione dei periti non-motor italiani, lo scorso 9 settembre a Fontanellato (Parma) è tornata a riunirsi in presenza per discutere sulle prospettive della professione, ma anche per presentare una serie di proposte concrete per regolamentare la copertura assicurativa per le calamità naturali, aprendo il confronto ai principali stakeholder del mondo assicurativo

PERITI, ARTEFICI DELLA PROPRIA EVOLUZIONE
👤Autore: Beniamino Musto Review numero: 98 Pagina: 54-56
Meglio governare il cambiamento, che subirlo. È un’affermazione quasi lapalissiana, ma da non dare per scontata se, come spesso accade, interi business scompaiono a causa dell’incapacità di evolvere. I periti non motor italiani questo lo sanno bene, e sanno anche che per stare al passo con cambiamenti del mercato servono una costante formazione, ma anche la capacità di dialogare con tutti gli stakeholder del mercato. Ed è su queste basi che Aipai, la principale associazione di categoria, ha organizzato un’interessante giornata di approfondimento per capire in che modo proporsi come motore e promotore del cambiamento. L’evento si è tenuto il 9 settembre scorso, a Fontanellato (Parma), in una location quanto mai suggestiva come quella del Labirinto della Masone
Il convegno si è aperto con il saluto del presidente di Aipai, Aurelio Vaiano, il quale ha inquadrato i temi oggetto di approfondimento e dibattito sul ruolo del loss adjuster, e sull’importanza della perizia contrattuale, che rappresentano una garanzia per il sistema Italia e per una corretta gestione delle procedure di liquidazione danni. Secondo Vaiano, nel mercato “sarà la competenza del professionista a imporsi sulla ricerca di minore spesa  da parte delle compagnie”. Vaiano ha però ribadito la necessità di “un confronto diretto e aperto” con la società civile e con tutti gli stakeholder del sistema assicurativo, per spiegare quali sono le fonti di costo nella perizia. 

IMMOBILI TROPPO VECCHI E TROPPO A RISCHIO

Il convegno ha poi visto la presentazione del volume Il patrimonio costruito italiano, iniziativa di studio e progetto editoriale di Aipai in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell’Università degli Studi di Padova. A presentare i risultati contenuti nel volume, Carlo Pellegrino, professore ordinario nonché direttore del dipartimento sopra menzionato. Il quadro emerso a partire dai dati dell’ultimo censimento Istat (2011) evidenzia che circa il 40% delle strutture del nostro Paese è stato costruito prima del 1960, mentre quasi il 60% risulta costruito prima del 1970. “Ciò significa – ha detto Pellegrino – che gran parte del patrimonio immobiliare italiano risulta avere circa 50 anni di vita, se non di più. In queste strutture, se non adeguatamente manutenute, si possono innescare fenomeni di degrado di componenti non strutturali e strutturali, con potenziale aumento della vulnerabilità”. Dai dati emerge anche un quadro della ricostruzione negli anni successivi alle due guerre mondiali: il 31% degli edifici sono stati costruiti negli anni compresi tra il 1946 e il 1960; per quanto riguarda i materiali, il 57% degli immobili residenziali risulta costruito in muratura portante, mentre il 29% è formato da strutture in calcestruzzo armato; una percentuale limitata, il 13%, risulta costituita da strutture realizzate in materiale diverso, principalmente legno, acciaio e strutture miste. Proprio sul come sono stati realizzati gli edifici, più che sul dove, Pellegrino ha invitato a riflettere, sottolineando che “una costruzione realizzata con criteri antisismici è progettata con parametri molto diversi rispetto a un edificio che non deve rispondere alle  potenziali sollecitazioni di un terremoto”. 



LA PROGETTAZIONE DELLA PERIZIA

Gli spunti emersi dallo studio sul patrimonio costruito italiano hanno poi dato il via a una discussione, moderata da Alessandra Trentin (Aipai), tra periti ed esponenti delle compagnie: Aldo Rebuffi e Giuseppe Degradi di Aipai, Massimo Fedeli,  direttore danni del Gruppo Helvetia Italia, e Luigi Gastaldi, responsabile specialisti non auto, direzione sinistri del gruppo Itas
Secondo Rebuffi, “la liquidazione di un danno di magnitudo grande o piccola a un fabbricato di recente costruzione è diventata un’attività complessa per i materiali e per le nuove tecniche di costruzione; così pure per ripararne uno vecchio perché materiali e lavorazioni d’epoca sono pressoché irrealizzabili”, ha osservato. La conoscenza delle norme, così numerose e varie, rendono il perito “di fatto inadeguato se non pone in atto iniziative interdisciplinari con più soggetti competenti a lui riconducibili, conservandone così la regia del processo liquidativo”. Il perito, come risulta dall’indagine svolta da Aipai fra i soci, ne è consapevole e aspira ad aprirsi al mercato (università, istituzioni, associazioni di produttori, di categoria) per una integrazione sostanziale. Per Rebuffi, studiare da perito “significa prendere in considerazione delle questioni: pensarvi e inquadrarle, leggerne l’avviamento alla soluzione e rifarlo diventare problema. Provare ogni dubbio su casi particolari e concreti, tornare al generale per ricontrollare se tutto sembra quadrare”. Con questa attività interdisciplinare, ha aggiunto, “come unici registi, acquisteremo abilità per spianare le difficoltà e rendere oggettivo e riscontrabile il nostro lavoro, a beneficio del mercato”.
Da parte loro le compagnie hanno riconosciuto al perito un ruolo di primo piano, tra le altre cose anche in termini di conoscenza del cliente: “voi – ha detto Massimo Fedeli – siete coloro che stanno a stretto contatto con gli assicurati, pertanto è necessario che ci si scambi i nostri rispettivi punti di vista”. Si è detto concorde anche Luigi Gastaldi, il quale ha auspicato la creazione di tavoli di lavoro comuni e di approfondimenti tecnici, “iniziative che sarebbero importanti per la crescita di tutti”. Un metodo possibile, è intervenuto Giuseppe Degradi, potrebbe essere quello di creare delle sessioni di condivisioni tra gruppi di lavoro, in cui “i dati già in possesso ai nostri studi peritali potrebbero essere utili ai fini statistici”, ha proposto l’esponente di Aipai. Su questo aspetto, tuttavia, Fedeli, pur concordando con la proposta, ha ricordato che “l’argomento dei dati è un tema molto spinoso per via dei suoi risvolti riguardanti la privacy, e va trattato con estrema cautela”. 
Infine, Degradi ha sottolineato quanto i periti stiano assistendo a “un’evoluzione della propria attività”, che ha accresciuto la necessità di “dare scientificità al nostro lavoro”, laddove “anche il sinistro è un’occasione di formazione”, ha osservato Marco Valle, vice presidente di Aipai, ricordando che “a volte l’innovazione esiste laddove si riesce ad apprendere dagli eventi passati”. 

IL WHITE PAPER CINEAS

I lavori si sono quindi concentrati sulla presentazione di un white paper realizzato da Cineas e contenente le proposte per la regolamentazione della copertura assicurativa da calamità naturali e pandemie. A presentarlo, Massimo Michaud, presidente di Cineas, e Sergio Ginocchietti, coordinatore del gruppo di lavoro Cineas Nat-Cat. 
Inquadrando il lavoro, Michaud ha sottolineato l’importanza di “uscire da una logica politica, basata sul consenso, per concentrarci su aspetti tecnici per capire come risolvere un problema che riguarda gran parte del territorio italiano”. Michaud ha parlato di “rischi esistenziali” cioè quei rischi che possono mettere in pericolo l’esistenza stessa di un’azienda, di una persona, di una comunità: “abbiamo la responsabilità – ha detto – di far comprendere che si tratta di rischi diversi, in costante aumento, e che vanno affrontati con una approccio nuovo”. 
Ad addentrarsi nei contenuti del white paper è stato Ginocchietti, il quale ha ripercorso i principali aspetti della proposta di legge Rostan, che per la prima volta sembra presentare aspetti di assicurabilità del rischio calamità naturali a livello nazionale, che erano sempre risultati mancanti nei progetti di legge precedenti; la proposta prevede tre diversi livelli di intervento (un primo livello assicurativo privato, un secondo riassicurativo, e un terzo statale), l’obbligatorietà di assicurare il patrimonio edilizio privato, e l’istituzione di un comitato tecnico per gli interventi finalizzati al risarcimento dei danni, la cui valutazione sarebbe fatta direttamente da periti non auto iscritti a un ruolo speciale per i danni catastrofali, tenuto da Consap o Ivass.  Il gruppo di lavoro di Cineas si è occupato di individuare taluni aspetti della proposta Rostan “che dovranno essere oggetto di migliore regolamentazione ai fini della predisposizione dei necessari regolamenti attuativi”, ha detto Ginocchietti. Tra gli aspetti approfonditi dal gruppo di lavoro c’è il tema dell’obbligo a contrarre da parte delle compagnie e quello della copertura degli immobili di proprietà delle persone meno abbienti. Tra le proposte fatte, inoltre, quella di costituire un unico consorzio obbligatorio di co-riassicurazione nel quale far confluire tutta la sottoscrizione dei rischi sistemici e alluvionali. 
Alla presentazione del White Paper è seguita una tavola rotonda di confronto, moderata dal socio Aipai Giovanni Rebuffi, a cui hanno partecipato Sergio Ginocchietti, Massimo Fedeli, Fabrizio Premuti, oltre a Riccardo Campagna e Marco Valle, componenti del gruppo di lavoro in quota Aipai.
Fra i molteplici spunti e considerazioni scaturiti, gli intervenuti hanno concordato sul fatto che i tempi per questo progetto, certamente ambizioso e complesso, sono oggi maturi per una sua attuazione. Le compagnie assicurative si sono dette pronte, così come lo è il corpo peritale italiano, che può contare su una notevole forza sul campo: la sola Aipai conta al proprio interno circa 400 professionisti, 210 aderenti tecnici, e un indotto di 5.000 addetti operativi nel settore del loss adjusting.

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