CHI PAGA SE LA TERRA TREMA?
Anche se l'Italia è uno dei paesi più esposti al mondo ai terremoti, questo rischio è fortemente sottoassicurato. Lo Stato, che negli anni ha sempre sostenuto i cittadini nella ricostruzione degli edifici colpiti da sisma, sta ridimensionando il proprio apporto economico. La necessità di introdurre l'assicurazione obbligatoria si scontra con le preoccupazioni dei politici: il timore è che la polizza sia percepita come l'ennesima nuova tassa
21/10/2015
Scogliere a picco sul mare. Dolci colline. Laghi circondati da rilievi montuosi. Oltre che alla sua arte millenaria e al clima mite, l’Italia deve la sua fama di Bel Paese anche alla morfologia del proprio territorio. Ma ciò che la rende bella è al tempo stesso causa della sua fragilità: essendo collocata in mezzo della linea di collisione tra la placca africana e quella euro-asiatica, la penisola italiana si trova in una posizione a elevato rischio sismico. Purtroppo la minaccia di terremoto incombe su gran parte (il 58%) del territorio: sono a rischio il 64% dei Comuni italiani, per una popolazione interessata di circa 24 milioni di cittadini. In questo contesto, sebbene i dati dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) dicano che l’80% delle famiglie italiane sono proprietarie dell’immobile in cui abitano, la penetrazione di coperture assicurative contro i terremoti (soprattutto nell’ambito property) è ancora molto modesta. Durante il sisma avvenuto in Emilia Romagna nel 2012, ad esempio, le strutture danneggiate sono state più di 10 mila, per un totale di 12 miliardi di euro di danni, ma le perdite assicurate sono state pari a un miliardo di euro: il 91% dei danni non risultavano assicurati.
IL PIU' CIECO E MUNIFICO ASSICURATORE
Più che una scarsa percezione del rischio, il motivo di tanta sotto assicurazione affonda le radici nell’atteggiamento assunto per decenni dallo Stato: storicamente, la gran parte delle perdite provocate dalle calamità naturali è sempre stata coperta tramite finanziamenti elargiti ex post. Spesso rendendo necessari aumenti delle tasse o riallocazione di fondi da altri programmi statali. Alcune proiezioni stimano che il solo terremoto che ha colpito l’Abbruzzo del 2009 avrà un costo complessivo per lo Stato italiano pari a 14,7 miliardi di euro. È divenuta celebre una frase dell’ex primo ministro Giuliano Amato, secondo cui “lo Stato italiano è il più cieco e munifico assicuratore del mondo”. Tuttavia la recente crisi finanziaria e le esigenze di maggior rigore nei conti pubblici hanno ridotto la capacità del Governo di agire come assicuratore di ultima istanza: va in questa direzione l’introduzione del decreto legge del 15 maggio 2012, n.59, che ha abrogato l’obbligo da parte dello Stato di fornire assistenza finanziaria per la ricostruzione delle abitazioni danneggiate.
DIFFICOLTA' OGGETTIVE
Al diminuire della capacità di spesa dello Stato, i privati e le imprese si trovano sempre di più a gestire autonomamente la loro esposizione al rischio. Apparentemente i tempi sembrerebbero essere sufficientemente maturi per l’introduzione della polizza obbligatoria, così da arrivare a un sistema di gestione pubblico/privato dei terremoti. Una proposta di legge in tal senso è stata depositata alla Camera dei Deputati nel novembre 2013. Tuttavia permangono alcuni ostacoli oggettivi, uno dei quali consiste nel fatto che il 64% degli edifici italiani non è costruito con criteri antisismici. Tutto ciò determina un contesto in cui diventa più ristretto lo spazio che le compagnie hanno per poter offrire delle polizze adeguate.
IL DEFICIT DI PROTEZIONE DELL'ITALIA
Anche Swiss Re, in uno studio dal titolo Il deficit di protezione contro le calamità naturali in Italia: è l’ora di agire, pubblicato lo scorso giugno, sottolinea come il Paese attualmente sia “senza un adeguato livello di protezione”, trovandosi a dover fare i conti con “un significativo protection gap del rischio catastrofale, in particolare per il patrimonio abitativo”. Secondo Swiss Re, sebbene in Italia l’assicurazione sia oramai riconosciuta come parte integrante del sistema di gestione del rischio di calamità naturali, “il relativo tasso di penetrazione rimane tra i più bassi dei Paesi industrializzati”. A tale fine, spiega il report, “è necessario aumentare la resilienza e promuovere tra la popolazione una cultura di preparazione al rischio, mentre gli assicuratori sono chiamati a giocare un ruolo maggiore nello sviluppo di un’efficiente strategia di finanziamento del rischio naturale. Le compagnie assicurative – sottolinea Swiss Re – devono sviluppare prodotti che i privati possano comprendere e conseguentemente essere incentivati a comprare”.
PREVENZIONE E CONTROLLO DEL RISCHIO
Una delle concause del disinteresse per la tutela dal rischio sismico risiede anche in un approccio poco incisivo delle amministrazioni pubbliche e della politica nazionale sul rispetto delle norme sulla sicurezza. È la convinzione di Anra, che è a favore di un sistema in cui l’obbligatorietà della copertura catastrofale sia associata a concrete attività di prevenzione e controllo del rischio, affrontando il tema delle catastrofi come problema della collettività prima che dei singoli. Nell’attuale sistema di non obbligatorietà, secondo Anra, anche la copertura danni sottoscritta da un’azienda corre il rischio di restare una garanzia limitata agli impianti e al patrimonio, incapace di offrire protezione in caso di difficoltà derivanti da eventuali situazioni di sottoassicurazione (o totale assenza di coperture) dei fornitori locali.
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