PARITÀ DI GENERE PER LA CRESCITA ECONOMICA

Ancora oggi la partecipazione femminile nei ruoli di leadership rappresenta un potenziale inespresso, tanto come quota sul totale quanto per il contributo di competenze e l’apporto complementare alla visione strategica, più orientato alla sostenibilità

PARITÀ DI GENERE PER LA CRESCITA ECONOMICA
È sempre attuale il dibattito relativo al valore della parità di genere nel mondo produttivo, che fa emergere la necessità di garantire un adeguato contributo femminile allo sviluppo economico. Nonostante alcuni progressi, esistono ancora barriere importanti che limitano il pieno potenziale delle donne nel contesto aziendale. Una delle maggiori sfide è rappresentata dalla sottorappresentazione femminile nei ruoli di leadership, anche in settori dove le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro, come nel caso del comparto Salute. Questo fenomeno evidenzia un ulteriore gender gap nascosto che, nonostante la maggiore presenza femminile in determinati ambiti, lascia ancora molto spazio per miglioramenti in termini di parità nelle posizioni decisionali. 

Numerosi studi1 hanno dimostrato che la diversità di genere nelle posizioni di leadership favorisce l’innovazione, migliora la performance aziendale e promuove una cultura più inclusiva e produttiva. Le donne portano con sé, tendenzialmente, competenze complementari a quelle maschili, contribuendo a una gestione più equilibrata e a una visione aziendale più ampia e diversificata. Questo arricchimento del capitale umano è fondamentale per affrontare le sfide sempre più complesse del mercato globale e per favorire una crescita sostenibile.

Il gender gap nei settori femminilizzati: il caso della Salute

In alcuni settori, come quello sanitario, le donne costituiscono la maggioranza dei lavoratori. Tuttavia, questa prevalenza non si riflette nella distribuzione delle posizioni apicali. Le donne sono sovrarappresentate nei ruoli operativi e a più bassa remunerazione (Oss, infermieri), ma lo sono sempre meno man mano che si sale nelle posizioni di leadership, con un gap concentrato nel settore pubblico: qui rappresentano il 69% del totale occupati2, ma se analizziamo, ad esempio, i direttori di struttura complessa (primari) solo il 19,2 % del totale è donna. La situazione sta leggermente migliorando, ma il cammino è ancora troppo lento: l’Osservatorio Luiss Leads sull’equità di genere della leadership in sanità ha calcolato che saranno necessari ancora 150 anni perché questa equità si raggiunga.

Dalle quote rosa un contributo reale

Nel suo discorso alla Conferenza Nazionale delle Donne nel 2021, l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottolineato l’importanza del contributo femminile alla crescita economica del Paese. Draghi ha evidenziato come l’aumento della partecipazione femminile nel mercato del lavoro sia una delle chiavi per accelerare la ripresa economica e migliorare la competitività dell’Italia a livello internazionale. Tuttavia, ha anche ribadito che questo obiettivo non può essere raggiunto senza un intervento deciso per eliminare le barriere che ostacolano l’avanzamento delle donne, soprattutto nelle posizioni di leadership.
Un esempio concreto di come si possa intervenire per promuovere la parità di genere nei vertici aziendali è rappresentato dalla legge 120/2011, conosciuta come legge Golfo-Mosca, che ha introdotto le quote di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate. 
Come dice chiaramente Mario Draghi, “avere quote rosa non significa assumere delle donne non qualificate; le quote rosa servono a fare emergere quel merito delle donne qualificate che non sarebbe altrimenti riconosciuto”.
Gli studi condotti da Ferrari, Ferraro, Profeta e Pronzato nel 20203 hanno dimostrato che l’introduzione di queste quote non solo ha portato a un aumento della presenza femminile nei cda, ma ha anche migliorato la qualità complessiva della governance aziendale. Le donne che sono state nominate a seguito dell’introduzione delle quote risultano infatti più qualificate, e la stessa selezione degli uomini è migliorata, elevando la qualità media della rappresentanza.
Questo meccanismo ha prodotto benefici tangibili per le aziende, con effetti positivi sia sulle performance aziendali che sui risultati di mercato. Le donne in posizioni di potere portano competenze specifiche e una visione complementare a quella degli uomini, favorendo la diversificazione delle prospettive strategiche e una maggiore innovazione. In definitiva, una leadership bilanciata per genere si traduce in un miglioramento delle performance complessive dell’impresa, confermando l’importanza di una rappresentanza equilibrata ai vertici aziendali.

L’impatto sulla cultura aziendale e sull’inclusività

La presenza femminile in ruoli decisionali non ha solo un impatto positivo sulle performance finanziarie, ma contribuisce anche alla creazione di una cultura aziendale più inclusiva e produttiva. Il report di McKinsey Diversity wins: how inclusion matters dimostra che le aziende con una maggiore diversità di genere nei loro team dirigenziali ottengono risultati finanziari superiori. Le aziende con una rappresentanza femminile significativa nei ruoli di leadership registrano un incremento del 21% dei profitti rispetto a quelle meno inclusive.
Le caratteristiche delle donne che contribuiscono a questo successo includono una maggiore capacità di collaborazione, una gestione più inclusiva e una maggiore attenzione alla sostenibilità. Le donne tendono a favorire ambienti di lavoro più equi e sono spesso più orientate a pratiche aziendali che promuovono il benessere e la responsabilità sociale, qualità sempre più apprezzate nel contesto odierno.
In Italia, il tasso di occupazione femminile è storicamente basso, con una media che si attesta intorno al 50%, tra le più basse d’Europa. Questo dato rappresenta una sfida enorme per il Paese, soprattutto in un contesto economico che richiede il pieno utilizzo di tutte le risorse disponibili per favorire la crescita. L’Istituto europeo per la parità di genere (Eige) ha stimato che se l’Italia riuscisse a portare il tasso di occupazione femminile al livello di quello maschile entro il 2050, il Pil nazionale potrebbe aumentare del 12%. È evidente l’enorme potenziale economico che si potrebbe liberare attraverso politiche attive per la promozione della parità di genere.

Le aziende come promotrici di cambiamento

Le imprese hanno una grande responsabilità nel promuovere la diversità e l’inclusione all’interno delle proprie organizzazioni. Investire nella parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma rappresenta anche una scelta strategica per migliorare le performance aziendali e contribuire alla crescita economica del Paese. Attraverso politiche di inclusione e sostegno all’equità di genere, le aziende possono attrarre e trattenere talenti, migliorare l’innovazione e rafforzare la loro competitività sul mercato globale.
In conclusione, il valore di un’adeguata parità di genere non può essere sottovalutato. Investire oggi nelle donne significa investire nel futuro delle imprese e dell’economia. È ora che le aziende, il governo e la società nel suo complesso si impegnino a creare un ambiente di lavoro che valorizzi pienamente il potenziale femminile, per il bene di tutti.


1 cfr: The key to sustainable business performance: women leaders drive innovation and resilience, pubblicato nel 2023 dal Capgemini Research Institute; Studio Bcg (2018) - How diverse leadership teams boost innovation; Studio Peterson Institute for International Economics (2016) - Is gender diversity profitable?

2 Rapporto 2023 Osservatorio Luiss Leads su equità di genere della leadership in Sanità - Conto annuale MEF 2021.

3 Studio su board gender quotas e performance aziendale (Ferrari, Ferraro, Profeta, Pronzato - Management Science 2020.

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