L’INCLUSIONE FEMMINILE È (ANCHE) UN TEMA DI BUSINESS
Sempre più studi dimostrano che la parità di genere non è solo un tema di giustizia sociale: una cultura aziendale inclusiva oggi è indispensabile per il successo delle organizzazioni e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese, spiega la dg di Valore D, Barbara Falcomer
23/05/2023
Il tema della parità di genere è sempre più presente nel dibattito degli ultimi anni; sono stati compiuti molti passi avanti, al punto che a volte sembra quasi superfluo ribadire il concetto che le donne abbiano pari diritti e pari opportunità degli uomini. Ai progressi culturali però non sempre sono seguiti i fatti se ancora oggi i ruoli apicali o manageriali sono spesso riservati agli uomini, se la disparità di reddito nelle stesse posizioni lavorative è ancora grande, se la povertà è più forte tra le persone anziane di sesso femminile che di quello maschile.
Eppure, spiega, Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D, “sempre più studi dimostrano che la parità di genere non è solo un tema di giustizia sociale ma un tema di business. Una cultura aziendale inclusiva oggi è indispensabile per il successo delle organizzazioni e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese”. Dal 2009 Valore D è pioniera nell’affrontare il tema dell’equilibrio di genere e la diffusione di una cultura dell’inclusione a supporto dell’innovazione, del progresso e della crescita delle organizzazioni e del nostro Paese.
Falcomer cita il rapporto Diversity wins - How inclusion matters pubblicato nel 2020 da McKinsey da cui, tra le altre cose, emerge che “le aziende che si collocano nel primo quartile per diversità legata al genere abbiano il 25% di probabilità in più di ottenere rendimenti finanziari superiori”, osserva la dg. E secondo un’altra ricerca, condotta da Credit Suisse (Broadening the diversity discussion) “all’aumentare della presenza femminile in azienda l’andamento del prezzo delle azioni cresce, specialmente nelle società che hanno oltre il 15% di donne nel cda”.
Per Valore D, che riunisce oltre 340 aziende associate, “lavorare sull’inclusione non è tema soft, e l’obiettivo delle nostre attività è di generare un cambiamento che sia effettivo e duraturo nel tempo all’interno delle aziende e che coinvolga tutto il sistema-paese”, sottolinea Falcomer.
ANCORA SCARSA LA PRESENZA NEI RUOLI APICALI
Secondo la dg di Valore D, “le aziende multinazionali sono quelle che da più tempo si sono attrezzate per implementare politiche di diversity & inclusion adeguate, attraverso processi di governance che hanno portato alla creazione di una pipeline di talenti femminili. Chiaramente – aggiunge – questo non significa che il risultato sia stato raggiunto: c’è ancora molto da fare”.
A fronte di ambiti merceologici con una maggiore presenza femminile per caratteristiche intrinseche al settore, ad esempio il pharma che attinge a studi accademici più popolati da donne, “il problema riguarda il raggiungimento di posizioni apicali, il fenomeno del gradino rotto, lo svantaggio sperimentato dalle professioniste, rispetto ai colleghi, negli scatti di carriera verso i vertici”, evidenzia.
In questo contesto, il settore finanziario-assicurativo è ancora appannaggio prevalentemente maschile ed è un ambito in cui le donne fanno fatica a emergere. Le eccezioni, ammette Falcomer, “ci sono, ovviamente, ma sono appunto eccezioni”. I dati, infatti, confermano, sia a livello globale che a livello europeo, uno scenario dove nei 50 principali istituti bancari vi sono solo cinque donne ceo, una presenza femminile negli executive boards che si ferma al 19%, e 10 banche su 50 che non hanno presenza femminile nei livelli apicali (fonte: Global diversity & inclusion assessment for leadership survey di Bcg). “In Italia – afferma – i dati che emergono dall’Osservatori del centro ricerche Valore D evidenziano inoltre che nel settore assicurativo/bancario a fronte di una rappresentanza bilanciata della popolazione aziendale nei ruoli impiegatizi, le donne in posizione dirigenziale sono meno del 20%”.
QUALI INIZIATIVE INCORAGGIARE
Secondo Falcomer, oggi occuparsi del capitale umano e di organizzazione inclusiva è indispensabile per il successo delle organizzazioni e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. “Dove c’è diversità di approcci e punti di vista – fa notare – c’è anche un mindset più aperto che permette di reagire più velocemente e con maggiore efficacia ai cambiamenti del mercato”.
L’esperienza che Valore D ha maturato negli anni “ci insegna che non basta essere consapevoli dei problemi, ma che è necessario agire per cambiarli. Crediamo fermamente che non possa esserci miglioramento senza misurazione, e già nel 2017 abbiamo messo a punto l’Inclusion impact index, uno strumento digitale innovativo, sviluppato con il supporto del Politecnico di Milano, che offre a tutte le aziende, associate e non, la possibilità di mappare le proprie politiche di diversità e inclusione e di misurarne l’efficacia”. Lo strumento si è recentemente arricchito di nuove funzionalità con la sezione Plus per rispondere alle richieste della certificazione Uni 125:2022 e avviarsi verso il processo di certificazione della parità di genere introdotto con la legge 162/2021 in attuazione del Pnrr.
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