PIR, I DUBBI LEGITTIMI DELLE COMPAGNIE
Il successo del nuovo strumento introdotto dalla legge di Stabilità 2017, nel settore assicurativo è limitato da alcune incertezze normative che andrebbero chiarite quanto prima
22/05/2017
L’articolo 1, comma 100 e seguenti, della legge di Stabilità (la 232 dell’11 dicembre 2016) ha introdotto nel nostro ordinamento i Piani individuali di risparmio a lungo termine (Pir).
Questo nuovo strumento d’investimento, già noto ad altre realtà europee, come Francia e Regno Unito, il cui dichiarato obiettivo è quello di sostenere, in particolare, la piccola e media impresa italiana, si caratterizza principalmente per le agevolazioni fiscali a esso connesse, del cui beneficio l’investitore si può avvalere, a condizione tuttavia che siano rispettati i requisiti previsti dalla legge.
Il comma 100 dell’articolo 1 prevede che non sono soggetti a imposizione i redditi di capitale conseguiti, al di fuori dell’esercizio di impresa commerciale, da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato derivanti da investimenti in Pir. Il comma 101 del medesimo articolo chiarisce che i Pir si costituiscono attraverso, tra l’altro, l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli, o altro stabile rapporto che preveda l’applicazione del regime del risparmio amministrato, oltre che mediante investimento in quote o azioni di organismi d’investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione Europea o aderenti al See, lo spazio economico europeo.
Tra gli strumenti mediante i quali i Pir possono essere costituiti, la legge annovera poi i contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione che, come già anticipato, devono essere conclusi da un contraente persona fisica residente in Italia che non eserciti attività d’impresa con una compagnia di assicurazione nazionale o europea, operante in Italia in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi, purché, in quest’ultimo caso, l’impresa abbia nominato un intermediario abilitato quale proprio rappresentante fiscale in Italia.
Indipendentemente dalla forma contrattuale prescelta, il Pir deve prevedere somme o valori a esso destinati non superiori, per ciascun anno solare, a 30 mila euro, per un limite complessivo non superiore a 150 mila.
I LIMITI PER LE AGEVOLAZIONI
Inoltre, per accedere alle agevolazioni fiscali sopra indicate, il Pir deve essere investito, per due terzi di ciascun anno solare di durata del piano (che non può essere inferiore a cinque anni), per almeno il 70% in strumenti finanziari (anche non negoziati) emessi o stipulati con imprese residenti in Italia o in Stati membri Ue o in Stati aderenti all’accordo See, con stabile organizzazione in Italia, che svolgano attività diversa da quella immobiliare, a condizione tuttavia che il 30% della predetta quota del 70%, pari, cioè al 21% del totale, sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.
La Legge stabilisce inoltre che non è consentito investire più del 10% del totale degli attivi costituenti il Pir in strumenti finanziari di uno stesso emittente o emessi da società appartenenti al medesimo gruppo o in depositi o conti correnti (limite di concentrazione).
Infine, per accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge, il piano deve essere detenuto per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni.
LA FREDDEZZA DEL SETTORE
Sebbene appena nato, il nuovo strumento d’investimento ha già catalizzato l’attenzione degli operatori. A oggi, si contano più di diciotto Pir sul mercato italiano mentre una decina sarebbero pronti a essere lanciati, sempre nel comparto fondi e gestioni patrimoniali, nei prossimi mesi. Intanto è già stata lanciata sul mercato una polizza multiramo, con sottostante Pir compliant.
Nonostante il potenziale del nuovo strumento, il mercato assicurativo si è dimostrato per ora interessato, ma tiepido, nelle reazioni.
Le ragioni della scarsa reattività, fatta eccezione per la polizza multiramo sopra indicata, sono principalmente da attribuirsi ad alcune incertezze interpretative del dato normativo che, al momento, non hanno trovato risposta.
In particolare, le incertezze maggiori riguarderebbero la possibilità di impiegare prodotti unit linked esistenti, caratterizzati da più linee d’investimento, che a loro volta investirebbero in sottostanti aventi le caratteristiche richieste dalla legge per essere qualificati come Pir, come piani individuali di risparmio, nonché la definizione degli ambiti di responsabilità della compagnia di assicurazione e del gestore rispetto alle autorità fiscali italiane, per il caso in cui la polizza non rispettasse i requisiti posti dalla legge per essere qualificata come Pir.
NECESSARIO UN CHIARIMENTO
Mentre sul secondo punto è ragionevole ritenere che l’Agenzia delle Entrate si pronunci in tempi rapidi (voci di corridoio indicherebbero entro il primo semestre di quest’anno) di fatto diradando le incertezze, sul primo aspetto non si rinvengono, al momento, spunti in grado di superare l’impasse che si sarebbe venuta a creare.
Sul punto, pare utile ricordare un’apertura contenuta in una circolare dell’Ania, cui tuttavia non avrebbero fatto seguito ulteriori contributi.
Sebbene la Legge non preveda interventi attuativi di secondo livello, sarebbe senz’altro auspicabile un chiarimento da parte delle autorità di vigilanza interessate che consentisse agli operatori di avere maggiore contezza degli ambiti nei quali muoversi, in modo da non deprimere, sin dalla nascita, un mercato che ha tutte le caratteristiche per essere promettente.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 102, della legge di Stabilità 2017, “[...] si presume, senza possibilità di prova contraria, impresa che svolge attività immobiliare quella il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui l’impresa svolge attività agricola […]”.
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