L'AGENTE E' MORTO, VIVA L'AGENTE
Contrordine: non è vero che ora conta solo il web. L'intermediario tradizionale vive e lotta insieme alle compagnie. Oggi, forse più di prima. Le imprese ci scommettono ancora ma grazie a modelli nuovi.
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03/07/2015
Gli agenti sono resistenti o resilienti? Il modello agenziale è qualcosa da sopportare, drenando il massimo da quello che resta prima della sua definitiva scomparsa, oppure è ancora qualcosa su cui investire? A giudicare dai numeri, il settore danni italiano è, come sappiamo, ancora fortemente legato all’agente tradizionale nonostante prosegua la sua caduta nella quota di mercato. È comunque tutto il ramo danni che si conferma in sofferenza, come testimonia l’ultima rilevazione di Ania, al 31 marzo scorso: il ramo ha chiuso a nove miliardi di euro con un calo dell’1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Continua, forse ormai strutturale, la diminuzione dei premi del settore auto, che calano del 5,7% a 4,5 miliardi, mentre salgono leggermente quelli degli altri rami danni, sempre a 4,5 miliardi (+2,5%).
Gli agenti, di questi premi, intermediano il 78,8%, in calo, si diceva, rispetto alla fine del primo trimestre del 2014, quando la percentuale toccava l’80,3%. Va anche sottolineato che, in questo ramo, il peso dei broker è sottostimato di circa 23 punti percentuali: in virtù di questo calcolo, per il primo trimestre 2015, la quota degli agenti scenderebbe a circa il 55% mentre quella dei broker si attesterebbe al 30,8%. Le banche intermediano il 4,5% del mercato danni, in leggera crescita, mentre la vendita diretta realizza a fine marzo una quota pari al 9,3%. Numeri stabili che, uniti al fatto che dal 2003 al 2013 la percentuale rispetto al Pil del mercato danni non auto è rimasta ferma all’1%, mostrano al momento una situazione poco evoluta.
QUI SI FA LA RESILIENZA
Eppure, dicono i protagonisti del settore, è questo il momento del cambiamento: se ne parla da quindici anni ma in questi ultimi tre sta avvenendo davvero. E quindi? Via le agenzie e spazio al digitale? No, la risposta delle compagnie è scommettere ancora sugli agenti: ma grazie a modelli nuovi.
“Nei prossimi dieci anni la struttura della distribuzione non cambierà molto: il modello agenziale è resiliente perché siamo in grado di investirci sopra”. È la risposta di Yuri Narozniak, vice direttore generale di Groupama, intervenuto durante una recente tavola rotonda a Milano da zeb consulting. Secondo il manager, se la redditività delle agenzie è in calo significa che in questi anni il modello distributivo italiano sta perdendo margini. Il rimedio? “Un investimento sulla gestione sinistri – ha spiegato Narozniak – per migliorare i processi, recuperare redditività e quindi stabilizzazione. In Francia abbiamo un modello che gestisce sette milioni di contratti attraverso una rete di carrozzerie convenzionate. Questo esempio è vincente e ci ha portato a risparmi ricorrenti oltre a un aumento molto buono della percezione del servizio che diamo ai clienti: un elemento fondamentale per la nostra posizione concorrenziale”.
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NON SOLO RICAVI, MA ANCHE COSTI
Il modello agenziale resta quello preferito dalle grandi compagnie perché, nonostante la crisi, fa guadagnare di più. Ma non solo: gli agenti sono (ancora) in grado di fare ciò che altri canali non fanno (ancora). Per esempio, secondo quanto ha sostenuto Stefano Gentili, chief marketing & distribution officer di Generali Italia, gli intermediari tradizionali selezionano il rischio meglio della sola tariffa, soddisfano il cliente e quindi lo fidelizzano: “più clienti, selezionati bene e con più polizze, fanno più margini”, ha chiosato Gentili, ricordando anche che “i ricavi delle agenzie Generali, in media, stanno crescendo nel non auto e nel vita”. Non che la compagnia diretta non serva ma fa parte di un’altra partita, che si gioca (ancora) in nicchie di mercato: “nate perché si risparmiava sul premio – ha ricordato –, ora le dirette sono utili al consumatore perché tagliano i tempi e in certe zone d’Italia questo è molto apprezzabile”.
Tuttavia, nessun player pensa che il digitale sia antitetico agli agenti: sarebbe ormai una posizione antistorica e antieconomica.
Questo era un timore che le compagnie avevano tanti anni fa, ha ricordato Flavio Piva, dg di Cattolica: agenzie e digital coesistono e collaborano in quel modello di omnicanalità che integra anche alcuni spunti della bancassurance. “Stiamo sperimentando con successo – ha rivelato Piva – una piattaforma totalmente digitale che sarà portata anche agli agenti: dobbiamo tentare un modello di multicanalità, governando tutte le reti distributive”.
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La tecnologia, in termini di applicazione ed execution, deve essere compatibile con le legacy delle compagnie. Allianz ha investito in questi anni proprio nello sviluppo del sistema informativo, perché è questo che può bloccare le potenzialità dell’impresa. Simone Salerni, direttore commerciale del colosso tedesco in Italia, ha sottolineato proprio questo punto: è necessario avere un sistema informatico veloce che consenta anche reporting all’intermediario. “Oltre che sui ricavi – ha precisato – l’agente deve porsi anche obiettivi sull’abbattimento dei costi. Considerato il cliente ibrido, la compagnia deve gestire la relazione con un agente preparato e professionale che non ragioni più per aliquota provigionale ma per margine di prodotto”.
LAVORARE SULLE DIFFERENZE
Ma se un cliente abbandona un agente e va su internet è perché non attribuisce alcun valore alla consulenza. O ne attribuisce meno di quanto ne dia al proprio risparmio di tempo e alla propria comodità. Ecco perché quando si parla di agenzie e agenti, non ci si può riferire a qualcosa di monolitico. Anche le compagnie, mentre ripensano al modello agenziale, dovranno fare uno sforzo profondo, anche culturale. All’interno del mondo UnipolSai si trova tutto e il contrario di tutto. “Alcuni agenti forniscono consulenza di alto livello su certi segmenti – ha spiegato Franco Ellena, dg della compagnia guidata da Carlo Cimbri –, altri no e per nessun settore”. Tuttavia non sembra essere un problema: “riconoscere questa diversità – ha continuato – si sposa bene con l’utilizzo di altri strumenti e con la multicanalità. Partendo da qui, si può provare a costruire un modo di essere della consulenza agenziale che abbia anche remunerazioni diverse. Non si può più pensare che la compagnia faccia la stessa cosa per tutti e pretenda gli stessi risultati da tutti: bisogna dare a ognuno ciò che gli è davvero necessario. È una gestione complessa ma è l’unica”.
Internet, quindi, può essere un alleato, ma non per tutte le agenzie e non per tutte allo stesso modo.
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