UNO STRETTO LEGAME CON IL RISCHIO

Sostenibilità e gestione dei rischi, concetti ormai imprescindibili per le imprese, non attecchiscono se non c’è una specifica volontà del Cda e un disegno strategico preciso da parte delle aziende. Ma la funzione di risk management ha anche il compito di tutelare le azioni secondo criteri Esg

UNO STRETTO LEGAME CON IL RISCHIO
👤Autore: Maria Moro Review numero: 101 Pagina: 40-41
Nell’idea comunemente condivisa di sostenibilità sussiste il concetto basilare di intraprendere azioni in risposta ai bisogni attuali delle persone senza compromettere le risorse per le generazioni future. Ma oltre alla visione prospettica, più legata alla questione ambientale, c’è il tema di rendere più sostenibile il vivere odierno, migliorando le condizioni di vita, sociali e di lavoro delle persone. In questo senso l’acronimo Esg racchiude esigenze attuali e tutele per il futuro. 
Il tema è diventato pervasivo nella società occidentale e una delle chiavi di applicazione individua nelle imprese degli attori fondamentali, da coinvolgere attraverso sistemi premianti. Si tratta quindi per le aziende di mettersi in gioco, di modificare alcuni aspetti del proprio status per migliorare l’impatto sull’ambiente, sulle persone, sul mercato, pena il rischio di restare indietro e venire penalizzate. Ecco, appunto, il rischio: la lente del rischio negli ultimi decenni è diventata per le organizzazioni un modo per valutare le proprie azioni e strategie, guardando a quali fattori possono comprometterne i risultati e a come agire per eliminarli, ridurli o gestirli.
Esiste un legame tra rischio e sostenibilità? Secondo Massimo Michaud, presidente del consorzio Cineas, ognuno dei 17 Sustainable Development Goals (Sdg) stabiliti dall’Onu “non sono che l’altra faccia della medaglia di un rischio”. Se la sostenibilità rappresenta di per sé una tensione, un’idea da concretizzare, il rischio rappresenta una possibilità: si tratta di capire come una relazione tra concetti può avere un impatto concreto nella realtà delle imprese. “Dentro il termine ‘rischio’ c’è l’idea di potenzialità, va indagato quali elementi di questo potenziale sono già in essere e qual è il loro impatto. L’uomo ragiona in termini di rischi esistenziali – ovvero quelli che incidono sull’esistenza di persone, aziende, cose –, che possono manifestarsi a scoppio o a sviluppo lento: questi ultimi sono i più complessi da affrontare perché non si vedono, ma si intuiscono e si teorizza la loro pericolosità senza percepirla nell’immediato”, sostiene Michaud, aggiungendo che quando si parla di sostenibilità si fa riferimento a questa tipologia di rischi, per cui si agisce tenendo alta l’attenzione per ottenere un progressivo avvicinamento alla capacità di gestire il rischio.



Massimo Michaud, presidente del Cineas

Lo scorso aprile Cineas ha presentato i risultati dell’annuale Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese, che ha coinvolto i top manager di 400 aziende italiane. Il 79,4% ha affermato di ritenere che esista una relazione tra gestione dei rischi e raggiungimento dei 17 goal dell’Onu, ma negli effetti le principali azioni si limitano a iniziative operative, come il risparmio di energia (71,6% delle risposte) o il benessere dei dipendenti (51,5%). Manca invece una strategia aziendale per lo sviluppo degli Sdg: solo il 29% dei cda è coinvolto nelle tematiche di sviluppo sostenibile, il 63,7% delle organizzazioni non prevede un budget dedicato e il 35,6% non monitora gli obiettivi di sviluppo sostenibile. 
Un’adesione formale non porta a nessun risultato: “così come il cda deve fare proprio un approccio di risk governance e poi affidarsi a persone dell’azienda che condividono questa visione, allo stesso modo deve propugnare la sostenibilità come un valore utile alla crescita dell’impresa e permeare con questa visione tutta l’attività”, conclude Michaud. 



Carlo Cosimi, presidente di Anra

RISK MANAGEMENT COME PROTEZIONE DI OBIETTIVI STRATEGICI

Che le dichiarazioni di intenti non bastino, e che sia utile adottare sistemi premianti affinché le scelte strategiche sulla sostenibilità diventino comportamenti strutturali, è un’opinione condivisa da Carlo Cosimi, presidente di Anra, così come il fatto che la sostenibilità e la gestione del rischio siano entrambi fattori trasversali alle attività dell’impresa che necessitano di una motivazione strategica proveniente dal board. 
Oltre all’approccio top-down comune, la correlazione principale tra sostenibilità e gestione del rischio riguarda il fatto che la funzione di Enterprise risk management (Erm) partecipa all’analisi dei rischi e delle opportunità nel piano strategico dell’impresa; di conseguenza “è coinvolta negli obiettivi, che oggi sono diventati obiettivi sostenibili. La strategia delle imprese è orientata sempre di più a una sostenibilità pervasiva delle attività, di conseguenza la gestione del rischio, per la sua finalità intrinseca di sostegno ai target strategici, si trova a proteggere anche gli obiettivi Esg dell’azienda”.
Le scelte di sostenibilità hanno forti impatti nel contesto complessivo dell’attività aziendale, hanno ricadute sulle persone, sulla società e sul territorio, incidono sul sostegno delle banche e sui valori azionari, che risentono degli obiettivi e dei risultati raggiunti; inoltre il mercato oggi è più incline a scegliere prodotti maggiormente sostenibili o realizzati da organizzazioni che operano in questo senso. A queste voci Cosimi aggiunge le spinte esterne: “la normativa europea sulla sostenibilità pone delle condizioni che si riflettono sul rischio di supply chain, di conseguenza le aziende saranno sempre più indirizzate a selezionare i propri fornitori di prodotti e servizi tra coloro che possono dimostrare di perseguire obiettivi Esg possibilmente coerenti con i loro”.
Un ulteriore impatto è vissuto nel rapporto con le compagnie assicurative, che hanno esse stesse target di sostenibilità da rispettare e per questo osservano con attenzione le attività delle aziende clienti sulla gestione dei temi Esg, dall’impegno su cambiamento climatico e inquinamento, agli aspetti sociali, fino alla governance. “Le compagnie valutano i modelli organizzativi, la trasparenza della gestione, la competenza e l’integrità delle persone, tutti aspetti che poi si riflettono sugli accordi di copertura. Le imprese – conclude Cosimi – si attendono che in prospettiva le polizze siano sempre più collegate ai target di sostenibilità dell’assicurato”, con l’obiettivo di premiare le realtà più virtuose, fornendo in questo senso un vantaggio competitivo ulteriore a chi si sarà adeguato.

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