LAVORATORI PIU' FELICI E PIU' PRODUTTIVI
Il welfare aziendale è in piena evoluzione grazie agli incentivi fiscali e al bisogno di incrementare il reddito dei dipendenti, la sostenibilità nel lungo termine e la reputazione dell'impresa. Come emerge dal Welfare Index PMI, promosso da Generali Italia, in collaborazione con Confindustria e Confagricoltura
15/04/2016
Fidelizzare le risorse umane (34,7%), incrementarne la produttività (31,4%), rendere sostenibile a lungo termine il successo aziendale (32,1%), migliorare l’immagine dell’impresa (33,9%), contenere il costo del lavoro (26,8%), utilizzare i vantaggi fiscali (22,4%). Questi gli obiettivi che muovono le aziende che fanno welfare secondo Welfare index Pmi, il primo rapporto sullo stato dell’arte nelle Pmi italiane, presentato da Generali Italia, in collaborazione con Confindustria e Confagricoltura.
L’indice, realizzato da Innovation Team intervistando 2.140 aziende, con addetti tra i 10 e i 250, su dieci aree del welfare aziendale, ha rilevato che il 45% è attivo in almeno quattro ambiti e l’11% risulta molto partecipe in almeno sei.
In particolare, il 64% delle imprese è operativo nell’area della formazione e del sostegno alla mobilità; il 35% ha potuto investire nel welfare risorse consistenti compensate dai vantaggi fiscali; il 60% delle aziende più dinamiche considera fondamentale il supporto di servizi associativi di informazione e consulenza per integrare le conoscenze e le professionalità specifiche mancanti.
LE AREE DI AZIONE
Oltre il 50% delle realtà intervistate si è concentrato su iniziative per la valorizzazione delle risorse e i benefit assicurativi; il 40% ha optato per previdenza, sanità complementare e prevenzione; il 13% ha preferito iniziative di sostegno sociale.
In particolare, un terzo delle Pmi prevede contributi aggiuntivi a carico dell’azienda ai fondi di previdenza complementare; il 15,9% ha aderito ad assicurazioni, a fondi previdenziali aziendali o aperti; il 30,4% sceglie fondi sanitari di categoria, tuttavia il 61,2% è ancora privo di coperture sanitarie integrative.
La garanzia più diffusa è la polizza infortuni (48,5%), ma il 47% delle imprese non prevede alcuna assicurazione; nel 75,5% dei casi le coperture sono per tutti gli addetti, nel 24,5% per i dirigenti o responsabili aziendali e quasi tutte le iniziative (92%) sono a carico esclusivo dell’azienda.
LE GRANDI, LE PIÙ ATTIVE
La dimensione aziendale si rivela il fattore rilevante per lo sviluppo di queste politiche: maggiore è il numero dei dipendenti più alta è la diffusione delle iniziative. L’80.9% delle aziende con oltre 100 dipendenti fa azioni nell’area della formazione contro il 63% di quelle con addetti tra i 10 e i 50.
Non si evidenziano, invece, significative differenze tra Nord e Sud; tuttavia in ogni area geografica prevale una diversa tematica: al Sud vi è maggiore attenzione alle pari opportunità e sostegno ai genitori (25,8% Sud, 15,9% Centro e 16,2% al Nord) e alla sicurezza e prevenzione incidenti (51,3% Sud, 39,2% Centro e 31,9% Nord).
I DIPENDENTI POCO COINVOLTI
Nel 60% dei casi, le decisioni vengono prese dai responsabili aziendali senza alcuna forma di partecipazione dei lavoratori, solo il 17,4% delle imprese coinvolge direttamente i collaboratori, con incontri periodici collettivi (25,8%) e colloqui individuali (8,3%), ma sono pochissime (2,1%) quelle che svolgono indagini sulle attese dei dipendenti.
SCARSA AUTONOMIA
Gli accordi sindacali sono scarsamente praticati dalle Pmi come strumenti per le politiche di welfare: le aree della previdenza e della sanità complementare sono caratterizzate dalla mera applicazione delle tutele previste dai contratti nazionali di categoria, tuttavia, il 20-25% delle Pmi attua iniziative proprie, unilaterali o tramite contrattazione aziendale, soprattutto nelle attività di welfare allargato al territorio, di conciliazione tra vita familiare e lavoro, di supporto economico ai dipendenti, di promozione delle pari opportunità e sostegno ai genitori.
BUONI VANTAGGI FISCALI
Il welfare aziendale non ha un impatto pesante sui costi dell’impresa, anche per l’efficacia degli incentivi fiscali: solamente il 7% delle Pmi dichiara di sostenere oneri aggiuntivi significativi per le iniziative di welfare, il 35% li sostiene, ma compensati dai benefici fiscali, mentre il 57%, di fatto, non rileva aggravi ulteriori.
Più di metà delle imprese dichiara di avere attuato le prime iniziative di welfare negli ultimi dieci anni e solo l’11% ha una storia antica, iniziata da più di 25 anni.
SERVE PIÙ INFORMAZIONE
A frenare l’azione delle Pmi è la carenza di informazioni chiare sulle modalità di attuazione del welfare aziendale e la mancanza delle competenze necessarie per mettere in atto le iniziative: il 60% delle imprese molto attive indica come fattore di primaria importanza la possibilità di accedere a servizi di informazione e consulenza da parte delle associazioni imprenditoriali.
“Con il welfare aziendale – spiega Philippe Donnet, ad di Generali Italia e group ceo – vincono tutti: i dipendenti che vedono aumentare il loro reddito reale e riescono a conciliare famiglia e lavoro; vincono gli imprenditori che hanno un positivo ritorno in termini di produttività, di accresciuta capacità di attrarre talenti e godono di vantaggi fiscali. E vincono gli enti locali per la possibilità di realizzare un welfare integrato”.
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