SIAMO GIÀ NELL’ERA POST-SOLVENCY II?
Se a livello regolamentare le compagnie sono al passo con la normativa, ora il mercato è chiamato a ottimizzare i processi già implementati per cogliere le opportunità di business derivanti da questo nuovo contesto
06/04/2016
L’inizio del 2016 per l’intero settore assicurativo europeo ha significato l’entrata in vigore ufficiale della direttiva europea Solvency II. La struttura normativa è complessa ma l’attuazione sul mercato italiano può dirsi già definita.
Nell’ambito del quadro normativo che si è delineato, le compagnie, in genere, hanno principalmente focalizzato i propri sforzi per rispettare i requisiti normativi, scegliendo spesso soluzioni che possiamo definire tattiche. Si tratta di un approccio pragmatico per affrontare le sfide poste dal nuovo contesto normativo. In questo caso, creare processi ottimizzati è molto difficile perché spesso si tratta di processi nuovi che seguono logiche differenti da quelle che hanno governato il business assicurativo fino a oggi. I requisiti di business non sono immediatamente chiari e si sarebbe rischiato di effettuare un investimento molto oneroso e soggetto a ulteriori investimenti per correggere quanto già fatto.
È certamente vero che la soluzione tattica spesso si traduce in un dispendio significativo di effort per le strutture operative, ma se adeguatamente supportata da una corretta organizzazione del lavoro e da una visione proattiva delle criticità potenziali, essa presenta indubbi vantaggi nel breve periodo. Vantaggi che sono principalmente legati all’acquisizione di quel livello di esperienza in grado di guidare in modo strutturato la realizzazione di soluzioni più efficienti.
Pertanto, nel post-Solvency II, una delle principali sfide per le compagnie sarà di ottimizzare i processi già implementati, anche seguendo un approccio graduale per passi successivi definiti secondo criteri di priorità che dovranno tenere conto delle caratteristiche specifiche di ciascuna realtà assicurativa.
IL DATA QUALITY
A questo proposito possiamo considerare alcuni esempi: il primo è il data quality. Spesso il data quality è gestito in maniera prevalentemente manuale, attraverso controlli effettuati dai vari attori coinvolti con l’obiettivo di garantire il rispetto dei requisiti di accuratezza, completezza e pertinenza dei dati stabiliti dalla normativa. Occorre osservare che l’ambito di riferimento non è limitato ai processi di calcolo del requisito patrimoniale Solvency II, ma è esteso a tutti quei processi che sono rilevanti per le decisioni aziendali (investimenti, riservazione, ecc.). Le compagnie sono chiamate a trovare soluzioni maggiormente supportate da sistemi applicativi, soprattutto per i controlli su quei sistemi: ad esempio i sistemi legacy di portafoglio, per i quali la mole di dati è molto elevata e per cui è possibile definire regole di business strutturate. Il mercato offre numerose soluzioni in tal senso, che devono essere attentamente valutate sulla base dei bisogni specifici di qualità del dato per ciascuna compagnia. Il ricorso a un applicativo, tuttavia, è solo un elemento di un sistema di gestione della qualità del dato.
LA REPORTISTICA QUANTITATIVA
Il processo di raccolta dell’informazione necessaria alla predisposizione della reportistica quantitativa è prevalentemente gestito in modalità manuale. Gli input sono per lo più frammentati e gestiti in modo parzialmente strutturato e poco informatizzato. La conseguenza è un forte dispendio di tempo e risorse nella raccolta dei dati e nella compilazione della reportistica che lascia poco spazio all’analisi del contenuto della comunicazione. Le soluzioni dovranno quindi favorire una maggiore automazione lungo tutta la catena del processo che dalla raccolta degli input, giunge al calcolo del requisito patrimoniale, prima, e alla produzione della reportistica quantitativa, poi.
In entrambi i casi, è necessario identificare la soluzione affrontando diversi temi, tra i quali, ad esempio, la scelta degli applicativi a supporto, la reingegnerizzazione dei processi, la revisione degli attuali approcci metodologici, l’adozione di nuove soluzioni di business intelligence.
Le azioni da adottare dovranno essere definite tenendo conto dell’attuale livello di maturità di ciascuna compagnia su quegli ambiti specifici e del livello di sviluppo che esse intendono raggiungere.
COGLIERE L'ASPETTO DEL RENDIMENTO
Ragionando in un’ottica di lungo periodo, il settore dovrà attrezzarsi per cogliere le opportunità di business derivanti da questo nuovo contesto che, giova ricordarlo, non è solo regolamentare, ma introduce un nuovo paradigma di gestione basato sulle logiche di rischio.
Se da un lato i processi decisionali tengono già conto dei rischi, è altrettanto vero che al momento le modalità con cui ciò avviene sono prevalentemente di processo: ad esempio, attraverso comitati aziendali o processi di verifica da parte delle funzioni di controllo. Questo approccio favorisce un’attenzione sul rischio, ma sembra non riuscire a far cogliere in modo ottimale l’aspetto del rendimento.
Sul lungo termine, quindi, le compagnie dovrebbero dotarsi di un sistema in grado di integrare i risultati di rischio nelle proprie scelte strategiche. In altre parole, è auspicabile l’introduzione di un sistema di value based management basato su misure corrette per il rischio. La capacità di tradurre i risultati di rischio in grandezze economiche, consentirebbe alle compagnie di cogliere più agevolmente opportunità di rendimento oggi non evidenti o di abbandonare opportunità ad alto impatto di rischio.
Oggi un prodotto con maggiori garanzie è visto come una soluzione che comporta un maggiore assorbimento di capitale. In un’ottica evoluta, questo tipo di prodotto potrebbe essere inquadrato, ad esempio, nel contesto dell’intero portafoglio, con possibilità di evidenziare opportunità di cross-selling e di up-selling che, nell’insieme, renderebbero il prodotto appetibile.
* Raffaele Guerra senior vice president di Capgemini Italia
Andrea Scribano managing consultant Fsi insurance practice di Capgemini Italia
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