CHE LAVORO SI SA, CHE LAVORO SI FA
Le nozioni o la conoscenza di un prodotto non bastano per offrire sicurezza al cliente. Si parla molto di formazione ma poco del contenuto di servizio dell’intermediario. Eppure esiste uno standard di qualità del consulente
29/03/2016
Mettere in sicurezza la vita economica delle persone è uno dei lavori più importanti e appassionanti che si possano fare al giorno d’oggi. Questo perché assicurare le persone non è vender loro polizze ma gettare le basi per la stabilità familiare, presente e futura, usando la mutualità per aiutare gli utenti a difendersi e prosperare. L’assicurazione aiuta a privarsi di poco per non privarsi mai di molto, e a non dover mai correre il rischio di sopravvivere al proprio reddito.
Non a caso, assistenza, previdenza, risparmio sono protetti dalla Costituzione, perché servono a mandare i figli a scuola, essere certi di poter portare a compimento il rimborso del mutuo della casa, poter andare a cena fuori con i propri affetti quando si è in pensione.
Per offrire sicurezza, non bastano né buona fede né capacità relazionali: il contenuto sociale delle assicurazioni richiede consulenza. Quest’ultima costituisce il contenuto professionale di un ruolo e comprende il presupposto etico, l’atteggiamento, le conoscenze, le competenze, gli strumenti di simulazione, la comunicazione. Questo, peraltro, non coincide con l’essere semplicemente formati, perché è consulente chi fa il consulente, non chi conosce nozioni approfondite ma mette in atto comportamenti rituali o ingenui. Formare è dunque necessario ma, certo, non sufficiente.
NORME TECNICHE PER I COMPORTAMENTI CONSULENZIALI
Un’altra riflessione andrebbe fatta sugli strumenti di lavoro del consulente assicurativo, che appaiono ancora simili a quelli che già c’erano nel 1986 (prima dei personal computer e dei telefoni cellulari): un calcolapensione, un evidenziatore di gap e un tariffario. Certo, il supporto ora è digitale e non cartaceo ma il contenuto sembra immutato.
Insomma, il mondo dei clienti pare evolvere celermente, quello dei consulenti un po’ meno.
Eppure, per facilitare una consulenza efficace e utile, da diversi anni l’organizzazione mondiale più nota in materia di standard, l’Iso, ha realizzato una norma tecnica di qualità, che in Italia è denominata UNI ISO 22222:2008, che definisce i comportamenti consulenziali con terzietà e scientificità. La norma tecnica, che in Italia ha una guida all’applicazione specifica (UNI 11348), definisce i ruoli di un pianificatore complessivo e integrato sul ciclo di vita del cliente, aiuta a definire la relazione professionale, specifica il livello di servizio che si deve fornire, le domande da fare e quali elaborazioni devono essere effettuate se si vuole dare un servizio di qualità. Alcuni temi affrontati sono ovvi (la vita si affronta integralmente e non a fette), altri meno (senza budgeting non si può fare pianificazione) altri ancora naturali ma inconsueti per il nostro mercato (non si possono proporre soluzioni senza aver quantificato gli obiettivi). La materia è densa ma non complessa. Interessante dunque chiedersi perché, in presenza di uno standard di qualità sul consulente, oggi si parli ancora molto di prodotti, di mandati, di formazione, di motivazione ma pochissimo del contenuto di servizio di chi si occupa di assicurazioni. Nei prossimi contributi cercheremo di fare alcune ipotesi.
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Sergio sorgi,