INVASIONE DI CAMPO
Chi conosce bene la professione di perito sa che non ci si può improvvisare. Perché servono anni di formazione e di esperienza per acquisire gradualmente quelle caratteristiche peculiari che si traducono, al momento del sinistro, in qualità per le compagnie e per i clienti
14/03/2016
La professione del perito assicurativo ha sempre sofferto di un diffuso senso di incomprensione.
Innanzitutto perché è un’attività poco conosciuta dalla gente comune. Alla consueta domanda di cosa vorresti fare da grande, quale bambino risponderebbe mai il perito? Da piccolo puoi pensare di diventare medico o scienziato, calciatore o cantante, pilota o astronauta, ma certamente nessuno penserebbe mai di voler essere un perito assicurativo.
Quando descrivo il mio lavoro dico sempre che mai avrei immaginato, quando frequentavo il Politecnico di Milano, che sarei finito a operare nel mondo assicurativo e a occuparmi di sinistri, ma oggi benedico il giorno in cui, quasi per caso, mi sono imbattuto in una strana opportunità di lavoro e, seppur con un po’ di incertezza, ho deciso di accettarla. Ho scoperto un mondo che non conoscevo e una professione estremamente interessante e affascinante.
Ma la causa principale di incomprensione non sta nel fatto che la gente non conosce il nostro lavoro, risiede piuttosto nell’idea di molti operatori del comparto assicurativo che chiunque possa svolgere la professione del perito senza alcuna difficoltà.
Accadeva molti anni fa, quando dall’oggi al domani comparivano nel mondo peritale sedicenti professionisti che, magari stanchi di svolgere nobili professioni come l’insegnante o il carabiniere o il commerciante, si autoproclamavano periti e, sostenuti da qualche conoscente che voleva incoraggiarli in quella trasformazione, si ritrovavano improvvisamente catapultati, per esempio, sul teatro di un incendio a occuparsi di rilievi, di valutazioni e di polizze. Oppure quando un dipendente di compagnia, andando in pensione, decideva di intraprendere una nuova carriera, guarda caso, proprio diventando magicamente perito.
Non vorrei che le mie considerazioni venissero interpretate come uno schieramento di parte, a difesa della categoria, ma posso affermare che solo chi conosce bene questa professione sa perfettamente che non ci si può improvvisare e che, proprio per le caratteristiche peculiari di questo lavoro, chiunque voglia incamminarsi su questa strada deve avere particolari caratteristiche e deve compiere un percorso di formazione e di apprendimento graduale che richiede certamente diversi anni.
Una persona di grandissima esperienza, che da molti anni si occupa di sinistri in una compagnia, a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto dopo aver raggiunto l’età della pensione, recentemente diceva che avrebbe intrapreso qualunque attività ma non quella del perito perché diceva: “non so fare il perito e so che è un lavoro estremamente difficile”.
UNA CONCORRENZA LEALE
Eppure la storia si ripete. Nonostante chi opera negli uffici sinistri delle compagnie sia diventato esigente e chieda continuamente alle strutture peritali di dimostrare tutte le competenze e i requisiti che un bravo professionista e una buona organizzazione devono possedere per svolgere con coscienza questo lavoro, ancora oggi accade che qualcuno decida dall’oggi al domani di allargare la propria attività invadendo il campo altrui. Una società di brokeraggio, una società di bonifica, un docente universitario, un ex funzionario o chiunque altro può avere la brillante idea di iniziare improvvisamente questa professione e la cosa più sorprendente è che riesce anche a trovare chi gli dà credito e lo incoraggia.
Sia ben chiaro, non si può certo generalizzare; il nostro mondo ha conosciuto importanti eccezioni e ci sono stati professionisti che, pur essendo approdati all’attività di perito dopo altre esperienze lavorative, hanno raggiunto livelli di eccellenza, ma sappiamo bene che l’eccezione conferma la regola.
Certo, il mercato è aperto e vi è la libertà di intraprendere qualunque iniziativa imprenditoriale o professionale; auspico solo che la concorrenza sia leale perché in tal caso sono convinto che i periti non debbano temere alcuna invasione di campo.
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