IL TRANELLO DELLA BUROCRAZIA NELLE TRATTATIVE

Il rispetto della norma che impone nella fase precontrattuale la presentazione di molti documenti a tutela del cliente può rappresentare in realtà un abuso del principio di trasparenza, che nasconde il rischio di burocratizzazione e deresponsabilizzazione

IL TRANELLO DELLA BUROCRAZIA NELLE TRATTATIVE
Il termine “trasparenza” può essere inteso in molteplici accezioni. Come sinonimo di diligenza e correttezza nelle trattative precontrattuali, contrapposto alla slealtà, oppure come obbligo di chiarezza nella redazione delle clausole contrattuali e dei documenti informativi per renderli più intellegibili o, ancora, come contenuto minimo di un contratto.
In qualunque senso esso sia inteso, il termine trasparenza è ormai diventato un principio generale del nostro ordinamento ed è utilizzato un po’ da tutti. Dal legislatore comunitario, da quello nazionale, dalle autorità indipendenti e amministrative, dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Forse si sta abusando un po’ troppo nell’utilizzo di questa espressione che era sconosciuta dal Codice civile, con il rischio di smarrire la connessione profonda esistente con l’obbligo di informazione gravante nel settore assicurativo sugli assicuratori e gli intermediari.
Per trasparenza, dunque, come ha affermato autorevole dottrina (Alpa, Bin), deve intendersi l’obbligo di predisporre clausole contrattuali e documenti informativi intellegibili e chiari, affinché l’assicurando possa effettuare una scelta libera e consapevole. 

DOCUMENTAZIONE NON SIGNIFICA TRASPARENZA

Ricondotto il termine trasparenza a questo significato, occorre rilevare che esso è disciplinato da due livelli: dalla legge e da norme di settore.
Il primo livello è rappresentato, ad esempio, dall’articolo 166 del Codice delle assicurazioni il quale, come è noto, stabilisce che il contratto assicurativo e ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente.
Inoltre, le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazioni delle garanzie, ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato, sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza.
Si tratta di una regola di portata generale che abbraccia l’intera attività precontrattuale.
Le previsioni di carattere generale contenute nell’articolo 166 del Codice delle assicurazioni, ma anche nell’articolo 183, comma 2 e 185, commi 3 e 4, hanno trovato attuazione prima nel Regolamento Isvap 35/2010 e successivamente nel Regolamento Ivass 41/2018.
Dall’esame delle norme in questione si ricava che gli obblighi di trasparenza a carico delle compagnie e degli intermediari vengono assolti anche con la consegna agli assicurandi di numerosi documenti, tra i quali le condizioni di polizza, il glossario, il documento informativo precontrattuale (Dip danni, Dip aggiuntivo danni), le dichiarazioni con i dati degli intermediari e dei loro obblighi e molto altro ancora.
Se poi l’assicurando deve stipulare un’assicurazione sulla vita o prodotti di investimento assicurativi, il Regolamento Ivass n. 41 agli articoli 12 e 15 prevede la consegna agli assicurandi di altri documenti (tra i quali Dip vita, Dip aggiuntivo vita) il cui contenuto fa impallidire anche il burocrate più incallito.


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LA FIRMA DI DOCUMENTI NON TUTELA DAL RISCHIO CONTENZIOSO 

Ebbene, lo scopo prefissato dal legislatore e dall’autorità di controllo volto alla tutela degli assicurati, imponendo alle compagnie e agli intermediari molteplici adempimenti informativi, ha trasformato la delicata fase precontrattuale in un’operazione burocratica che ha due gravi conseguenze negative. Da una parte quella di far sentire gli assicurandi più confusi e ancora più soli anziché più protetti. Sull’altro fronte, invece gli intermediari e le compagnie possono erroneamente ritenere di aver adempiuto ai loro obblighi informativi con la consegna di una marea di documenti e con una firma degli assicurandi i quali devono dichiarare di aver ricevuto la copiosa documentazione e di aver compreso benefici e rischi legati alla polizza. 
Lo scenario è molto simile a quello che accade nel rapporto tra medici, strutture sanitarie e pazienti nell’acquisizione del consenso informato.
Medici e strutture sanitarie fanno sottoscrivere ai pazienti numerosi moduli di consenso informato, ritenendo così di aver adempiuto ai propri obblighi informativi. Ma come tutti sappiamo non è così.
Gli adempimenti formali non sono sufficienti a mettere al riparo intermediari e compagnie dai rischi di un contenzioso legale per la violazione degli obblighi precontrattuali, come vedremo nel prossimo articolo.

UN OBIETTIVO NON RAGGIUNTO

Un’altra conseguenza negativa legata alla burocratizzazione eccessiva degli adempimenti formali di intermediari e compagnie ha per oggetto il coordinamento tra le norme di legge e le norme di dettaglio dell’Ivass.
Può capitare, infatti, che vi siano contrasti tra le condizioni generali di polizza e il documento informativo (Dip) previsto dal Regolamento Ivass. 
Un’ultima riflessione di carattere generale. Lo scopo del legislatore del Codice delle assicurazioni nell’articolo 166 era quello di modificare la “cultura scrittoria” dei redattori dei contratti assicurativi, che era troppo tecnica e incomprensibile per la stragrande maggioranza delle persone, allo scopo di rendere i modelli contrattuali più trasparenti.
C’è stato questo cambiamento culturale nella redazione delle polizze?
Leggendo le clausole contrattuali di molte polizze, penso proprio di no.
E le decine di documenti previsti dalla normativa di dettaglio che avrebbero dovuto rendere più intellegibile il contratto non hanno raggiunto lo scopo prefigurato dal legislatore.

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