AZIONI CONCRETE PER UN CAMBIO CULTURALE
Per quanto necessaria e attesa, la riduzione del gender gap in Italia richiede non solo interventi legislativi. A fare la differenza sono anche le iniziative promosse all’interno delle aziende e con la collaborazione tra pubblico, privato, istituzioni e mondo accademico
26/09/2018
Niente più dei numeri è in grado di dare le dimensioni di un fenomeno. E i numeri del gender gap in Italia parlano chiaro: le donne occupate nel nostro Paese sono solo il 49,3%, solo il 24% ricopre ruoli manageriali, e se andiamo a vedere poi la posizione di amministratore delegato, scopriamo che è ricoperta nell’88,8% dei casi da uomini. Cifre queste che relegano l’Italia all’82esimo posto nella classifica globale del gender gap del World Economic Forum e al 14esimo posto secondo il Gender equality index dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere.
Secondo un’analisi delle caratteristiche dei board delle società quotate con sede in Italia (area studi di Mediobanca), le donne ai vertici guadagnano circa la metà dei loro colleghi uomini nonostante le aziende con una leadership al femminile facciano segnare performance migliori, che uno studio Msci (indice di mercato azionario di 1612 titoli di livello globale) quantifica in un +36% in termini di rendimento sul capitale.
Siamo quindi di fronte a una situazione che non trova giustificazione nei fatti, ma in una questione di natura culturale.
Quello che serve è dunque un cambio nella cultura. Una rivoluzione che può certamente fondarsi sulla presa di coscienza di una realtà conclamata (l’impatto positivo delle donne sull’economia) ma che necessita di andare più in profondità, mettere radici nel pensiero e nella mentalità diffuse, a partire da quella dei decisori, affinché diventi, appunto, un dato culturale.
Questi processi, inutile nasconderselo, richiedono tempo e il supporto costante di azioni e attività mirate che non possono essere né sottovalutate né rimandate, proprio perché i frutti, per quanto necessari e attesi, non sono immediati.
TRA QUOTE ROSA E POLITICHE DI SOSTEGNO
Lo Stato può intervenire con la legislazione, come fatto di recente in Islanda, dove è appena entrata in vigore una norma che punta ad azzerare entro il 2020 le differenze di salario tra lavoratrici e lavoratori, o in Italia con le quote rosa introdotta con la legge Golfo-Mosca. Quest’ultima è un successo di cui il nostro Paese può farsi vanto, grazie al quale non siamo più fanalino di coda in Europa: abbiamo raggiunto, e superato, obiettivi che sembravano irrealizzabili. In cinque anni la quota di donne nei cda delle società quotate ha raggiunto il 33,5%, quella nei collegi sindacali ha superato il 40%, mentre negli organi di amministrazione e controllo siamo passati dal 18,3% al 30,9%. Un risultato, questo, certamente interessante, anche se il provvedimento non è stato fino a ora in grado di generare l’atteso effetto a cascata sulle posizioni executive.
A supporto servirebbero infatti politiche volte da un lato a sostenere economicamente le famiglie, dall’altro a premiare le aziende virtuose che implementano politiche di sostegno alla genitorialità e, in generale, alla crescita della presenza e della valorizzazione del talento femminile a tutti i livelli dell’organizzazione aziendale.
Le aziende, dal canto loro e per il loro stesso bene, devono impegnarsi con azioni concrete per dare slancio al cambiamento e supportare l’evoluzione culturale, pena trovarsi nel giro di pochi anni in una situazione di svantaggio competitivo, oltre che a perpetrare una situazione di inaccettabile squilibrio.
OLTRE IL 38% DI DONNE DIRIGENTI
In Allianz Partners queste attività fanno parte integrante del nostro più ampio impegno nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa, e hanno per noi una grande rilevanza.
Al mio arrivo nel 2011 abbiamo iniziato a promuovere una serie di azioni concrete finalizzate ad aumentare un senso di responsabilità su tali tematiche, come ad esempio il progetto Mom@Work, per aiutare il reinserimento delle donne che tornano dalla maternità. Lo facciamo sia attraverso delle sessioni di coaching dedicate alle neo mamme, sia prevedendo workshop dedicati ai colleghi per accoglierle al meglio al loro rientro. Oppure quando lo scorso anno abbiamo lanciato il telelavoro, iniziativa che nei prossimi anni intendiamo estendere a un numero di dipendenti sempre maggiore. A proposito di numeri, le nostre iniziative nel tempo hanno visto crescere anche le quote rosa al nostro interno, pur tenendo sempre in considerazione il nostro pilastro di inclusive meritocracy che, a livello di gruppo, continua a essere in nostro punto di riferimento in materia di recruitment e crescita interna. In Allianz Partners le donne rappresentano oggi il 54,79% del totale dei dipendenti e occupano il 41,56% dei ruoli manageriali. Tra le figure dirigenziali siamo al 38,46%, dato che sale al 44,44% all’interno del top management, a fronte di una media nazionale del 13% rilevata dal report Women in financial services in Italia 2016 di Oliver Wyman.
UN PREMIO PER FARE SISTEMA
Un capitolo dedicato, come motivo di grande orgoglio personale e aziendale, merita poi il Premio Valeria Solesin, in memoria della ricercatrice italiana tragicamente scomparsa durante la strage del teatro Bataclan a Parigi. Un concorso per laureande e laureandi che nelle loro tesi magistrali affrontano l’analisi del mercato del lavoro in un’ottica di genere, evidenziando le potenzialità del talento femminile come fattore determinante per lo sviluppo dell’economia, dell’etica e della meritocrazia. Un tema ispirato agli studi di Valeria sul doppio ruolo delle donne, divise tra famiglia e lavoro, e un’importante occasione per invitare i giovani a riflettere sui fattori che ancora oggi ostacolano la maggiore presenza femminile nel mercato del lavoro in Italia. Un’iniziativa unica nel suo genere perché vede, come è necessario che sia, una compartecipazione tra istituzioni, organizzazioni pubbliche, private e mondo accademico, che già dalla prima edizione avevano ben compreso l’importanza di fare sistema. Il Premio Valeria Solesin dimostra che si può fare sistema, e soprattutto si deve, se vogliamo che la valorizzare delle diversità sia intesa e vissuta in un’ottica strategica per lo sviluppo culturale, politico ed economico anche del nostro Paese.
PARITÀ DI GENERE CERTIFICATA
Il mio impegno personale per l’uguaglianza di genere e la promozione del ruolo femminile mi ha inoltre dato la possibilità, come presidente del comitato scientifico del Winning women institute, di contribuire alla creazione della prima certificazione della parità di genere per le aziende. Un bollino per colmare il gap salariale fra uomini e donne, garantire pari opportunità di crescita, incentivare politiche per la gestione della gender equality e per la tutela della maternità. La finalità della certificazione, oltre a rappresentare un valore per l’azienda, i dipendenti e tutti gli stakeholder, fino al consumatore finale, è ancora una volta quella di favorire un mutamento culturale. Importanti aziende come Cameo, Grenke e Lierac hanno già aderito, confermando come la sensibilità sull’argomento si stia facendo sempre più strada.
Molto rimane da fare, ma occorre continuare ad alimentare il circolo virtuoso che sta portando sempre più donne a ricoprire ruoli di vertice nelle aziende e nella vita pubblica. Saranno loro stesse, dimostrando tutto il loro potenziale, a fare da traino a una sempre maggiore presenza femminile ed equità di genere, magari sfatando finalmente il falso mito che vuole che le donne non si aiutino tra loro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA