IL TALENTO FEMMINILE PER L’INNOVAZIONE NEL SETTORE
Prodotti e servizi innovativi producono maggiori ricavi nelle aziende in cui più del 40% del management è composto da donne. Un’evidenza che dimostra i possibili vantaggi di una revisione della pianificazione strategica delle risorse umane nelle compagnie, coinvolte oggi in un processo di rasformazione basato sull’analisi dei dati, la comprensione del cliente e la progettazione di beni e servizi
29/08/2018
L’industria assicurativa si avvia a una trasformazione del modello di business destinata a mutare la fisionomia della sua forza-lavoro. Per rispondere a sfide di mercato come la rapida evoluzione tecnologica, la necessità di trovare nuove fonti di ricavo al di fuori dell’offerta tradizionale e l’imperativo di far fronte a comportamenti di clienti in veloce mutamento con aspettative crescenti in termini di reattività, punti di contatto e servizi, è necessario rimodulare i processi che storicamente hanno portato alla selezione e alla maturazione dei pool di risorse.
Tutto questo in un contesto di pressione sui margini e di costi operativi in discesa.
Ne deriva un’esigenza di pianificazione strategica delle risorse umane che si riverbera con profonde differenze tra le diverse aree professionali. In Italia (e negli altri mercati maturi) assisteremo nei prossimi anni a una contrazione dei posti di lavoro che potrebbe arrivare fino al 15-20%, concentrata in particolare in aree amministrative e di supporto. Cresceranno nel settore assicurativo invece tutte quelle famiglie professionali legate all’innovazione, al digitale, all’analisi dei dati, alle competenze di comprensione del cliente e alla capacità di progettazione di beni e servizi.
Una fotografia che si accorda bene con quanto rilevato dal World Economic Forum: la maggioranza dei bambini che iniziano oggi la scuola elementare farà una professione che oggi non esiste, legata proprio a servizi e tecnologie che non sono state ancora pensate e implementate. Un circolo che alimenterà il cambiamento a cui stiamo assistendo: nuove tecnologie genereranno nuovi bisogni che avranno bisogno di nuovi professionisti.
Ora il settore ha, quindi, l’opportunità di cercare queste competenze andando a esplorare anche bacini di talenti di solito inesplorati, scontando la difficoltà di attrarre giovani qualificati in un settore spesso percepito come poco attraente da questi profili.
FAVORIRE LA CRESCITA DELLE PROFESSIONALITÀ
Diventa allora ancora più essenziale rafforzare la capacità di guardare, cercare, attrarre e trattenere il talento femminile. La necessità non è solo numerica. Secondo Bcg, il 34% dei ricavi di aziende dove più del 40% del management è composto da donne deriva da prodotti e servizi innovativi. Ciò di cui le assicurazioni hanno bisogno. Voglio focalizzare l’attenzione sul termine management perché, sempre secondo i nostri studi, è il ruolo che le donne ricoprono in azienda a fare la differenza. La presenza di tante donne nelle imprese, ma non in posizioni di vertice, ha scarso impatto sui risultati. Le innovation revenues iniziano a crescere quando la leadership femminile aziendale supera il 20%.
Oggi in Italia la percentuale di donne fra gli occupati del settore assicurativo si attesta al 47%, in linea con altre industrie di servizio, quali il settore bancario, e ben sopra la media nazionale pari al 42% (9 milioni e 700 mila donne su 23 milioni di lavoratori, secondo gli ultimi dati Istat).
Tuttavia, la presenza femminile scende notevolmente al crescere delle responsabilità in azienda. In media, nelle assicurazioni il 49% delle impiegate è donna: lo è il 24% dei funzionari, ma solo il 18% dei manager. Il tema, allora, è come far crescere queste professioniste, guardando a esempi virtuosi come Maria Banca Farina, presidente di Poste Italiane e Ania, e Isabella Fumagalli, head of Italy di Bnp Paribas Cardif. Promuovere role model femminili a tutti livelli dell’organizzazione è una delle azioni che suggeriamo di intraprendere alle aziende che vogliano valorizzare e attrarre pool di talenti femminili. Un passaggio che si può poi rafforzare è quello della gestione dei talenti, promuovendo tra le giovani donne percorsi di istruzione tecnici, orientati alle nuove professionalità, così da ampliare la base della piramide organizzativa con innesti orientati ai futuri bisogni professionali.
LA CULTURA DELL'INCLUSIONE
Per le compagnie diventa importante cercare riferimenti al di fuori del settore assicurativo, guardando alle best practices ricorrenti nelle grandi multinazionali che hanno fatto scuola sul tema della diversity (quali P&G, Unilever, Coca-Cola, ecc.). È prassi comune di queste organizzazioni, ad esempio, avere una figura in posizione di senior management che si occupi di diversity & inclusion e che ne tracci le linee guida. Il commitment del vertice aziendale, infatti, è un fattore essenziale affinché certe scelte aziendali si concretizzino efficacemente.
Esistono infine anche altri fattori più soft, che però possono fare la differenza. Un esempio interessante e al centro del dibattito più recente è relativo al linguaggio aziendale e a quali termini si faccia riferimento per rivolgersi alle donne e permettere loro di esprimersi liberamente. Numerosi studi dimostrano quanto i linguaggi che tutti noi utilizziamo (a livello professionale e non solo) siano portatori dei cosiddetti unconscious bias, facili etichette che possono far sentire l’altro, in questo caso la donna, non a proprio agio e, di conseguenza, meno sicura di muoversi nel ruolo che le viene riconosciuto.
LA DIVERSITY COME ESPRESSIONE DI CREATIVITÀ
In un’industria molto gerarchica, verticale e tradizionale non si può non fare riferimento al work-life balance. Ogni forma di flessibilità e di smart working dovrebbe essere incentivata e rafforzata, fatta percepire e comunicata non come una concessione alle lavoratrici, ma come uno strumento a disposizione di tutti. Tocchiamo allora il tasto della cultura aziendale: nello studio realizzato da Bcg lo scorso anno (Women at the Top) e dedicato proprio al tema della leadership al femminile, consigliamo di aumentare la trasparenza nei percorsi di carriera introducendo osservatori aziendali sul diversity management così da verificare che i Kpi fissati in materia siano davvero raggiunti.
In un mercato incrementale, come quello assicurativo, in passato, le aziende si potevano concedere il lusso di avere un blocco monolitico di competenze espresse da figure formate in modo identico, in grado di rispondere a un problema standard in modo corretto e codificato. In un mercato che, invece, sta affrontando una sfida di trasformazione che richiede il ripensamento del modello di business, creatività nel lanciare nuove soluzioni, nuovi servizi e un nuovo modo di porsi al cliente, la ricchezza data dalla diversity diventa essenziale perché libera energie e risorse, e migliora la qualità del dibattito interno alle aziende.
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