RISK MANAGER 2.0
La nuova generazione di professionisti della gestione del rischio ha la responsabilità di portare avanti un percorso pluridecennale volto alla diffusione della funzione di risk management in tutte le imprese italiane che ora, seppur con ritardo, iniziano a coglierne la reale importanza. Formarsi oggi significa assumere competenze integrate per poter dialogare in maniera costruttiva con i vari attori del panorama aziendale, senza dimenticare il valore dell’esperienza di chi fa questo lavoro già da anni
23/06/2020
Quella del risk manager è una professione relativamente nuova, che nel nostro Paese si è evoluta nel tempo grazie anche alla continua condivisione delle esperienze maturate sul campo tra professionisti che hanno operato in grandi gruppi industriali o in multinazionali. La nuova generazione può contare su corsi universitari, master e percorsi di specializzazione che consentono di acquisire competenze specifiche in ambito risk management direttamente spendibili in azienda. Federico Dini, corporate risk manager di Menarini Group, fa parte di questa generazione, che probabilmente sarà la protagonista della diffusione dell’Enterprise risk management nelle imprese italiane. Dopo la laurea magistrale a Firenze con una tesi sulla gestione del rischio in ambito finanziario, Dini ha conseguito presso il Mip Politecnico di Milano un master in Energy & Finance e uno in Management, un master in Finanza & Controllo di Gestione all’Università di Pisa, e un corso di perfezionamento sull’Erm al Mib di Trieste, frequentato grazie a una borsa di studio Anra. Un percorso di formazione trasversale che oggi Dini definisce “una preziosa commistione di competenze in ambito quantitative finance, corporate finance e management”. Un percorso tra discipline differenti ma tra loro complementari scelto per “la volontà di adottare un approccio analitico che però andasse oltre il dato per comprendere la genesi delle varie componenti di rischio e il loro potenziale impatto sul contesto aziendale”. Per Dini, intraprendere la professione di risk manager richiede la ricerca di “competenze trasversali che vadano al di là delle mode del mercato del lavoro o dei trend individuati su Linkedin; i risk manager devono essere in grado di creare un forte legame con l’azienda, assimilandone a fondo le logiche di business”.
L’IMPORTANZA DI AMBIENTI STIMOLANTI
Una via personale alla professione di risk manager è stata perseguita da Dini anche nelle scelte professionali, che lo hanno portato a lavorare in organizzazioni molto diverse “sia per settore di appartenenza che per approccio metodologico e filosofia di lavoro, esperienze che mi hanno permesso di comprendere il modus operandi degli istituti finanziari, le logiche del mondo della consulenza e i dogmi del settore secondario, maturando competenze trasversali che oggi posso rielaborare e applicare nel confronto con i vari interlocutori aziendali ed extraziendali”. C’è poi una “terza gamba” nella formazione professionale, che riguarda la ricchezza che deriva dal saper apprendere dalle persone con maggiori conoscenze ed expertise: “In Bolton Group, in Prometeia e in Kon prima, e in Menarini poi, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con professionisti di elevato standing e spessore umano, figure di riferimento che mi hanno insegnato e trasmesso molto”.
ERM: UNA SCELTA STRATEGICA AZIENDALE CONDIVISA
La figura del risk manager da sempre ha convissuto con la necessità di ampliare le proprie competenze e il loro raggio d’azione per rispondere a specifiche esigenze delle aziende. “La nuova generazione deve molto a chi ha traghettato la gestione del rischio dall’insurance all’enterprise risk management, andando oltre la sola visione assicurativa. È il momento di un ulteriore salto di qualità: la funzione di Rm deve essere presente e attiva nella definizione delle strategie aziendali, lavorando sempre più in fase preventiva piuttosto che reattiva”.
È questo il percorso che si sta portando avanti in Menarini, dove Dini sta lavorando per continuare a sviluppare il framework aziendale di Erm, presente da pochi anni, dopo essersi occupato della parte assicurativa con un particolare focus sui programmi internazionali Property e Marine, in aggiunta all’attività di Credit risk management. L’implementazione del framework di Erm ha preso avvio proprio con il suo arrivo in azienda: “a differenza della procedura più comune, che parte dall’applicazione di programmi verticali di Rm per poi giungere gradualmente a un’ottica enterprise-wide, in Menarini abbiamo avuto la fortuna di procedere in maniera organica e lineare, sviluppando in un primo momento il framework orizzontale di Erm per poi identificare le specifiche aree di rischio che necessitavano dell’implementazione di framework dedicati. La governance del rischio è così pensata in modo consapevole, con un approccio olistico e organico”.
ATTENZIONE AGLI SCENARI MACROECONOMICI
Menarini conta 6 sedi produttive in Italia, altri 10 stabilimenti a livello globale (in tutto oltre 17mila dipendenti) e la presenza commerciale diretta sui mercati di 136 Paesi, per un fatturato totale di 3,6 miliardi di euro che ne fa il 36° gruppo farmaceutico mondiale, primo in Italia. La dimensione globale e la complessità del settore danno origine alle principali fonti di rischio: “il farmaceutico è un settore particolarmente complesso e competitivo, in cui ci confrontiamo quotidianamente con giganti in termini di capacità finanziaria e presenza geografica, e dove alcune aree di business presentano elevate barriere all’ingresso. Due tra i principali macro ambiti di rischio sono legati al mutevole quadro normativo e agli scenari macro-economici di riferimento, che incidono sulla disponibilità di spesa pubblica, e quindi sul livello di rimborsabilità dei farmaci etici, e su quella privata, per l’impatto sul segmento dei prodotti da banco, con conseguenti risvolti sul contesto aziendale”. A questi Dini aggiunge il tema della ricerca e sviluppo, imprescindibile per un’azienda del comparto farmaceutico, che richiede un notevole impiego di risorse e si caratterizza per un elevato grado di incertezza. Infine il fenomeno della digitalizzazione, che interessa sia i processi aziendali che i canali di vendita, rappresenta un’opportunità di crescita che nasconde al contempo un rischio. In breve prospettiva non è da sottovalutare l’e-commerce, con l’ingresso di nuovi soggetti nel comparto farmaceutico e una fase evolutiva della catena di distribuzione che si caratterizzerà per decisi fenomeni di accentramento dei player del settore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA