I NUOVI ASSETTI NELL’ERA DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE
Le recenti disposizioni legislative evidenziano l'impossibilità di continuare a ritenere credibili e sostenibili alcune rigidità di impianto che ancora oggi caratterizzano, in modo piuttosto anacronistico ed eccessivamente locale, il sistema distributivo italiano
28/02/2013
Il presente momento storico, al di là di ogni esercizio retorico, è davvero eccezionale, e disegna una irreversibile fase di transito dalle resistenze della tradizione a una concezione dell’intermediazione assicurativa più moderna e al passo coi tempi.
Si tratta, in primo luogo, di allineare i nuovi assetti distributivi alle esigenze di qualità, competenza e competitività concorrenziale che andranno, di necessità, a orientare il mercato, nella consapevolezza della sempre maggiore centralità dell’assicurazione negli equilibri economico/sociali del terzo millennio. Il tutto dovendo tener conto della straordinaria affermazione della società digitale e dell’esigenza di utilizzarne al meglio le infinite potenzialità senza venirne travolti. La riconversione in atto tende a coniugare il (sempre più) libero accesso, anche informatizzato, ai prodotti con un’effettiva tutela dei consumatori, non solo in termini di costo, ma anche, e soprattutto, di qualità del servizio, di trasparenza e correttezza nell’informazione precontrattuale. Di qui l’impossibilità di continuare a ritenere credibili e sostenibili talune rigidità di impianto che ancora oggi caratterizzano, in modo piuttosto anacronistico ed eccessivamente locale, il sistema distributivo italiano.
IL DIRITTO DI LIBERA COLLABORAZIONE
Così, mentre in Europa procedono i lavori per la prossima emanazione della seconda direttiva in tema di intermediazione assicurativa (già denominata Imd2), anche l’Italia ha deciso di innovare la propria disciplina interna – con il decreto Sviluppo bis e la recentissima legge di stabilità per l’anno 2013 – sancendo, in primo luogo, il pieno diritto di libera collaborazione dei diversi iscritti al Registro Unico Intermediari (così l’art. 22, comma 10, del d.l. 179/2012). Il segnale è forte, incidendo su un tema, quello del divieto di collaborazione tra intermediari principali, che (propugnato dall’Isvap ma mai veramente sancito in termini positivi dal nostro legislatore) è stato, negli ultimi anni, uno tra i più dibattuti e controversi. Ma tale divieto – antico baluardo di una logica statica – non poteva, a parere di chi scrive, reggere nel tempo, al cospetto dell’approccio dinamico che ormai caratterizza il mercato.
COMPARAZIONE, TRASPARENZA E CONFRONTO INFORMATO
D’altra parte le “ricette” nazionali e comunitarie, pur se diverse tra loro, perseguono medesimi obiettivi, anche attraverso il progressivo incentivo alla comparazione (anche telematica) delle diverse soluzioni assicurative e dei relativi meccanismi di remunerazione dei singoli intermediari (a tal riguardo la bozza di Imd2 impone un obbligo di disclosure dei compensi per tutti i prodotti vita e – entro cinque anni dall’entrata in vigore della direttiva – ciò dovrebbe accadere anche per quelli del ramo danni). Ed il confronto competitivo sembra davvero antinomico rispetto al rischio di stagnazione connaturato alla rigida appartenenza degli intermediari entro categorie “chiuse” incapaci di dialogare tra loro.
Se è vero, poi, che la comparazione presuppone che i premi e le condizioni contrattuali delle imprese siano accessibili al pubblico, non è vero il contrario: ossia che all’obbligo di massima trasparenza dell’offerta consegua un’effettiva possibilità di confronto “informato” delle diverse soluzioni da parte dei singoli consumatori. E’ necessario, infatti, ai fini del confronto che qualcuno (personalmente o tramite la messa a disposizione di uno strumento dedicato) aggreghi e compari i singoli dati, consentendo agli utenti una scelta consapevole del prodotto più adeguato e conveniente.
CONCORRENZA AD ARMI PARI
Nell’era dell’informatizzazione di buona parte dei processi, pur dovendo misurarsi con lo sviluppo del collocamento diretto dei prodotti e dei così detti “aggregatori telematici” (questi ultimi finalmente considerati dalla proposta di direttiva Imd2), gli intermediari di assicurazione possono dunque mantenere ruoli, prerogative e funzioni essenziali. Ed in quest’ottica l’indicazione comunitaria è volta a garantir loro la parità delle armi, ipotizzando una parificazione delle regole di comunicazione e degli obblighi di condotta verso i clienti finali (senza distinzioni tra imprese dirette e distributori professionali).
UN NUOVO RUOLO PER L’INTERMEDIARIO
Il “nuovo” intermediario si trova, così, in condizione di non arretrare e anzi di fare un salto di qualità, diventando, a prescindere dall’etichetta che riveste, un consulente professionale di assicurazione, capace di intervenire là dove se ne sente il bisogno. Da un lato favorendo un confronto competitivo qualitativo e non soltanto asettico; dall’altro intervenendo in quelle – amplissime – aree di rischio e di bisogno a tutt’oggi poco esplorate e sottoassicurate. Ed in questa direzione un allargamento delle ipotesi di collaborazione, finalizzato alla miglior selezione del prodotto nell’interesse dell’utenza, non può che essere accolto con favore (purché sia data per presupposta una adeguata competenza professionale, e in tal senso vanno lette le nuove indicazioni – in tema di formazione e aggiornamento – di cui al comma 9 dell’art. 22).
E’ lecito, di contro, attendersi una modifica nei processi di “costruzione” dei prodotti assicurativi, destinati ad esser il più possibile semplificati anche in vista del loro confronto/collocamento telematico . E’ dunque nelle aree di rischio meno “standardizzabili” che il nuovo intermediario sarà chiamato a rendere, anche attraverso rapporti incrociati di collaborazione, la propria consulenza qualificata, divenendo un vero e proprio “gestore professionale del rischio”.
L’ABBANDONO DEL MONOMANDATO
Si tratta certamente di un cambio di prospettiva che richiederà tempo e che, come già accade, incontrerà lungo il proprio cammino le resistenze di coloro che vorrebbero immutato lo status quo.
Resta il fatto che il progetto di abbandono del monomandato, che già aveva animato le “riforme Bersani” (prima in tema di Rca, poi per tutto il ramo danni), conosce oggi – di fatto – una propria sostanziale consacrazione per mano di un nuovo conglomerato di disposizioni eterogenee, intese (anche questa volta) a favorire la crescita del Paese (allora si trattava di Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale).
Certo, l’abbandono dei vecchi schemi (il passaggio dalla “distribuzione” alla “consulenza”), sembra imporre un definitivo scollamento tra la figura di agente ex art. 1742 c.c. (colui che ha “incarico di promuovere… verso retribuzione … la distribuzione dei contratti…” per conto del proprio preponente) e il nuovo agente di assicurazione, sempre più simile ad un broker perché privo di vincoli di esclusiva in favore dell’impresa preponente e, a questo punto, libero di scegliere sul mercato i prodotti da questi ritenuti adeguati per il proprio portafoglio clienti.
ANCORA VINCOLI PER GLI AGENTI
Rimangono alcuni interrogativi di fondo: perché qui sì e in altri settori no? Si pensi all’agente in attività finanziaria che ai sensi dell’art. 128 quater, comma 4, Tub svolge la sua attività “su mandato di un solo intermediario o di più intermediari appartenenti al medesimo gruppo” o al promotore finanziario che per l’art. 31, comma 2, Tuf svolge “l’attività … esclusivamente nell’ interesse di un solo soggetto”. La questione si complica se si pensa che lo stesso decreto sviluppo bis, chiarisce (?) come l’attività tipica dell’agenzia in attività finanziaria (“la promozione e il collocamento di contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma … su mandato diretto di banche ed intermediari finanziari”) non sia tale, quando svolta dall’agente assicurativo. Vien dunque da chiedersi se, pur a fronte di una identità sostanziale di funzioni, l’agente assicurativo possa collocare quei contratti “abbinati” sottraendosi a quegli obblighi di esclusiva che invece continuano a vincolare l’agente in attività finanziaria.
PROBLEMI APPLICATIVI
In ogni caso, la libertà concessa, oggi, agli intermediari iscritti al Rui di collaborare reca con sé altri problemi applicativi.
Si pensi, ad esempio, agli obblighi in tema separazione patrimoniale e di adempimento delle obbligazioni pecuniarie, alle regole di informativa verso l’utenza, alla posizione dei contraenti di polizze collettive di cui all’art. 3.3 del regolamento 5, alla regola della limitazione della distribuzione bancaria a prodotti standardizzati.
Il comma 12 dell’art. 22 completa il quadro prevedendo, a partire dal 1 gennaio 2013, la nullità “per violazione di norma imperativa” delle clausole “fra mandatario e impresa assicuratrice” che siano incompatibili con quanto disposto dal comma 10. La portata di tale disposizione è tale da legittimare dubbi ermeneutici non trascurabili, non essendo chiaro quale sia il limite al di là del quale una data previsione contrattuale possa ritenersi non compatibile con la vigente disciplina. Si pensi, ad esempio, a tutte quelle clausole che, pur non ponendo vincoli di esclusiva, finiscono per stimolarla in fatto, cercando di conservare le c.d. reti proprietarie attraverso il riconoscimento di benefici (provvigionali e non) riservati soltanto agli agenti che non operano, direttamente o indirettamente, a vantaggio di altre imprese concorrenti.
Nemmeno è chiaro, allo stato, il ruolo che sarà in concreto assegnato da quell’interfaccia telematica comune che è stata prevista dal comma 13 (così come modificato dall’art. 1 comma 510 della legge 228/2012) per i soli contratti del ramo danni e che dovrebbe favorire, nelle intenzioni del legislatore, lo sviluppo delle citate collaborazioni tra intermediari.
L’attuazione regolamentare delle nuove disposizioni ne consentirà, probabilmente, una miglior comprensione: la direzione legislativa, nazionale e comunitaria, rimane comunque chiara, e non potrà non influenzare seriamente il mercato di riferimento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA