IL DIFFICILE COMPITO DI SPIEGARE I RISCHI
Il basso livello di alfabetizzazione assicurativa dei clienti e i testi delle polizze, spesso criptici, rendono complessa la diffusione di prodotti utili per target specifici di bisogni. Il ruolo del broker è avvicinare le due sponde del mercato
15/03/2019
In un Paese dove anche le polizze danni più basiche, oltre la Rc auto obbligatoria, faticano a trovare spazio nei portafogli dei clienti, parlare di rischi specialistici, rischi ancora non emersi o anche emergenti, è oggettivamente complicato. Manca una massa critica su cui misurare gli effetti delle garanzie e la capacità di sostegno dopo un sinistro, ma anche un po’ di coraggio da parte delle compagnie nello spingere alcuni prodotti complessi ma estremamente utili per target specifici di bisogni.
In questo contesto, i broker giocano un ruolo spesso in attacco e su due fronti: lato cliente e lato compagnie.
“Certamente oggi – spiega Luca Franzi De Luca, presidente di Aiba – c’è una maggiore sensibilità sulla propria vulnerabilità dal parte delle aziende, ma non è così automatico che da questo derivi una percezione così chiara da aumentare la propensione alla spesa assicurativa. Si parla molto di cyber risk ma la preoccupazione è più riferita alle sanzioni in cui si può incappare invece che alle conseguenze di un attacco hacker o di un problema informatico”.
L’EQUIVOCO DEL CYBER RISK
Il cyber risk resta tuttora un caso emblematico anche secondo il presidente di Acb, Luigi Viganotti: “nonostante il settore si adoperi e anche sui media se ne parli tanto – precisa a Insurance Review – questa copertura non riesce a trovare una reale domanda da parte delle imprese. È un rischio che, pur potenzialmente molto distruttivo, resta poco sentito”.
Attorno ai danni informatici, poi, secondo Franzi De Luca, resta un grande equivoco che il mercato dovrebbe essere più capace di chiarire. Il problema riguarda la conoscenza del contenuto reale delle polizze: se è vero che le compagnie fanno offerte cyber di tutti i generi, lo è altrettanto che queste coprono la data protection, la responsabilità della gestione del dato o la business interruption riferita al fallimento dei sistemi. “Il problema – argomenta il presidente di Aiba – è che dalle tradizionali polizze P&C sono normalmente esclusi tutti i danni materiali e le lesioni causate a terzi riconducibili ai sistemi informatici a governo dei processi. Questo significa che più sono digitalizzati i processi aziendali e meno la polizza copre. L’equivoco è che la garanzia cyber non copre i danni materiali diretti o le lesioni alle persone”. Per fare un esempio pratico: se la compagnia che garantisce la copertura della responsabilità sanitaria di una struttura esclude il danno derivante dal malfunzionamento del software, in linea di principio esclude quasi tutti i danni derivanti da errori diagnostici o errori nell’interventistica robotica. In questi casi, il broker è essenziale nel dialogo con il mercato per trovare una soluzione che possa andare bene al cliente.
MARINE: RESPONSABILITÀ CHE NON LO ERANO
Una polizza all’apparenza banale per un’azienda, come la copertura dei danni indiretti, rischia quindi di non essere capita. “Rientriamo purtroppo – ribadisce Viganotti – in quel discorso più generale sulla cultura assicurativa e sulla percezione del rischio. L’aumento della professionalità dell’intermediario e le attività delle associazioni di categoria, di intermediari e imprese, stanno facendo sforzi notevoli per sviluppare il dialogo costruttivo con il cliente, ma non è ancora sufficiente”.
Nel settore marine, continua il presidente di Acb, c’è certamente una sensibilità maggiore rispetto a qualche anno fa ma anche in questo campo c’è molto da fare, perché molti clienti non assicurano la propria merce durante il trasporto pensando che il vettore sia responsabile di ciò che avviene durante il percorso.“In realtà non è così – sottolinea Viganotti – perché ci sono normative che limitano molto la responsabilità del vettore”. Anche qui: senza conoscere i rischi non si va lontano.
D&O: DIFFICILE & OPACA?
Paradigmatico è il caso delle polizze D&O, contratti presenti in Italia da decenni, molto spesso ritenuti inutili dai clienti e ancor più spesso non compresi, anche per responsabilità di chi scrive le coperture. Secondo Franzi De Luca, s’innesta un meccanismo perverso: a una maggiore sofisticazione del bisogno assicurativo si associa una maggiore sofisticazione della polizza che la rende difficilmente intellegibile. “Il fatto che le D&O – spiega – siano spesso attivate per tutelarsi da procedimenti penali, quando tipicamente sono coperture di responsabilità civile, ci fa capire la difficoltà dietro questi processi del mercato. La D&O non copre ogni cosa, non dà la licenza di uccidere, non è una tutela legale a basso costo. Le azioni sociali – continua –, che dovrebbero essere il cardine della copertura D&O, sono al quarto posto nell’attivazione delle garanzie dopo le indagini dell’Autority, i fallimenti e i procedimenti penali. E anche da questo punto di vista, la D&O rappresenta un elemento di grave criticità prospettica”, conclude il presidente di Aiba.
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