SERVE UN MODELLO DI GESTIONE DEL RISCHIO SISMICO

Nonostante sia esposta a terremoti frequenti, l’Italia si mostra poco attrezzata nella difesa da tali eventi e priva di un sistema istituzionale organizzato che renda fluida la fase di ricostruzione. Sarebbero auspicabili in questo senso politiche per aumentare la copertura assicurativa degli edifici, e un fondo statale a supporto delle spese per i danni da catastrofi naturali

SERVE UN MODELLO DI GESTIONE DEL RISCHIO SISMICO
👤Autore: Maria Moro Review numero: 103 Pagina: 40-41
Secondo lo Swiss Re Institute, tra il 1970 e il 2016 sei dei dieci terremoti con maggiori perdite di beni avvenuti in Europa hanno interessato l’Italia, per un totale di 79,3 miliardi di dollari di danni. Solo nell’ottobre scorso, Giovanni Legnini, commissario straordinario di governo per la ricostruzione post sisma 2016, ha ricordato che a partire dal terremoto del Belice del 1968, lo Stato ha speso 165 miliardi di euro per la ricostruzione, con un costo medio per la comunità pari a più di 3 miliardi all’anno.
L’esperienza ci insegna che tra tutti gli eventi naturali estremi che possono colpire il nostro paese, il terremoto è il più incisivo perché provoca i maggiori danni alle strutture. Attualmente in Italia circa il 5% delle abitazioni civili è assicurato per il terremoto, anche se rispetto agli ultimi anni la percentuale sta aumentando. Secondo Sergio Ginocchietti, docente Cineas e coordinatore del gruppo di lavoro che ha realizzato per il consorzio il white paper L’assicurazione delle calamità naturali e delle pandemie, “oggi il mercato è maggiormente sensibilizzato, ma la gestione del rischio sismico da parte dello Stato è carente, ad esempio, per la mancanza di una partnership pubblico-privato che preveda una copertura assicurativa privata ma garantita dallo Stato per eventi catastrofali di dimensioni eccezionali”. L’assenza di strumenti e procedure definiti rischia, inoltre, di causare scarsa trasparenza ed eccessiva lentezza nel processo di gestione dei risarcimenti, “sarebbe utile introdurre una modalità operativa istituzionale per gestire le conseguenze dell’evento sismico che contempli l’inserimento di figure professionali specifiche come i periti assicurativi, esperti nella gestione del rischio e nella valutazione dei danni”. 
In questo processo un ulteriore strumento utile potrebbe essere rappresentato da un sistema di obbligatorietà delle coperture assicurative per le catastrofi naturali. Sul punto, Ginocchietti ricorda che “fino a ora tutti i progetti avanzati in questo senso presentavano un vulnus non accettabile per le compagnie, cioè l’assenza di un tetto sull’esposizione del mercato assicurativo e riassicurativo. La questione sarà oggetto di approfondimento e potrà tener conto delle capacità riassicurative internazionali e della disponibilità di acceso ai cosiddetti catastrophe bond”.

TRE POSSIBILI VIE PER LE COPERTURE SULLE ABITAZIONI

Il punto chiave è introdurre un concetto condiviso di mutualità e di solidarietà mirato. Questo soprattutto se si considera che i contributi per i risarcimenti vengono prelevati dalla fiscalità generale, cioè in ogni caso dalle tasche di tutti i cittadini. 
Il tema della mutualità potrebbe essere maggiormente accettato ampliando la copertura obbligatoria per danni conseguenti a ogni forma di catastrofe naturale, così da incontrare maggiormente la sensibilità di chi non risiede in area sismica e superarne le obiezioni. Esemplare è il caso francese: “Oltralpe il 90-95% degli edifici è assicurato contro l’incendio e una minima integrazione al premio permette di aggiungere le coperture per terremoto e catastrofi naturali”. 
Nel rapporto pubblicato, Cineas analizza le tre possibilità per arrivare alla copertura degli edifici dal rischio terremoto. Inserire l’obbligo di assicurazione per le catastrofi naturali farebbe leva su una massa critica elevata che permette di definire un premio relativamente contenuto, ma pagato in maniera solidaristica da tutti i proprietari di immobili privati del Paese, “in Italia ci sono 30 milioni di unità immobiliari civili, con un contributo medio di 100-150 euro per ognuna si arriverebbero a raccogliere le somme sufficienti per avere una copertura assicurativa e riassicurativa sufficiente”.
La seconda opzione è la semi-obbligatorietà, che prevede una garanzia obbligatoria aggiuntiva per il rischio nat cat alle polizze incendio tradizionali, sul modello francese. Per Ginocchietti, “la controindicazione in questo caso è relativa al volume ancora troppo esiguo e non uniforme delle polizze incendio”. La media del 50% circa degli edifici coperti da una polizza incendio vede infatti una forte discrepanza tra le regioni del Nord Italia (75%), del Centro (circa il 50%) e del Sud, fanalino di coda (20%) ma anche area maggiormente esposta al rischio sismico. 
La terza possibilità è lasciare la piena libertà di sottoscrizione così come avviene attualmente. Per incentivare l’adesione alle polizze nat cat lo Stato ha introdotto sconti sulla tassazione e detrazioni fiscali sul premio, ma la formula ha contribuito in maniera poco rilevante, con il tasso di assicurazione che è passato dal 2% del 2016 al 5,1% del 2022.



ABRUZZO, UN MODELLO DA SEGUIRE

C’è un altro punto chiave che concerne la gestione del rischio terremoto e riguarda la conduzione delle fasi di ricostruzione e l’allocazione dei finanziamenti pubblici. Su queste voci non ci sono procedure predefinite per la migliore efficacia e razionalizzazione dei costi. Nella prassi viene nominato un commissario ad acta il quale opera rispondendo del suo operato direttamente al Governo. 
Dopo il terremoto dell’Aquila, il Cineas è stato coinvolto nel processo di ricostruzione. Pochi mesi dopo il sisma è stata istituita una filiera composta da Fintecna, per l’istituzione delle pratiche amministrative per la concessione dei contributi, Reluis, che aveva in carico le verifiche tecniche dei progetti di ricostruzione e Cineas, con il compito di stabilire la congruità economica delle richieste di contributo presentate dai cittadini. “Grazie al supporto di una rete di 225 periti sono state valutate oltre 19mila pratiche di richiesta per un totale di 3,1 miliardi di euro di contributi. La verifica ha permesso di rilevare richieste di contributi non ammissibili per 413 milioni di euro, il 13,3% del totale, con un risparmio notevole a fronte di un costo della struttura coinvolta di 12 milioni di euro”, spiega Ginocchietti. Non solo: il sistema adottato dalla filiera ha permesso di ridurre notevolmente i tempi medi, con il 67% del totale dei progetti presentato entro un anno dal sisma.
“La mancanza di un sistema di prevenzione, valutazione e risoluzione tempestiva delle conseguenze delle catastrofi costituisce una vulnerabilità socio-economica”, commenta nelle conclusioni del white paper Massimo Michaud, presidente di Cineas, “Per questo ci auguriamo che il nostro studio possa contribuire a nutrire il dialogo con le istituzioni per offrire ai cittadini e alle imprese condizioni di maggiore sicurezza”. 

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