CHE FARE CON IL FONDO PENSIONE AGENTI?

Pronto il piano di riequilibrio, per sanare un disavanzo prospettico di 800 milioni di euro si chiederanno sacrifici anche agli iscritti. Tra allarmismi e rassicurazioni, c’è chi chiede una riforma strutturale per rendere Fpa più efficiente, indipendente e appetibile per future adesioni

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👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 13 Pagina: 20 - 23
Uno dei più importanti e ironici intellettuali italiani, Ennio Flaiano, diceva, riferendosi alla situazione politica, che era grave, ma non era seria. È una definizione molto felice che si attaglia bene a quasi tutte le questioni economiche e sociali del nostro Paese. 
Non fanno eccezione il mondo assicurativo e, in particolare, quello dell’intermediazione che deve sempre più spesso fronteggiare situazioni che creano allarmismo, più che un reale allarme. Il problema legato al fondo pensione agenti è una di queste. Tutti i player in gioco alternano allarmi e rassicurazioni: fino a che punto i primi siano giustificati o le seconde fondate è presto per dirlo. 
Nelle prossime settimane, attraverso gli incontri tra il management di Fpa e parti sociali, cioè i sindacati degli agenti e Ania, saranno prese decisioni importanti in relazione al piano di risanamento che dovrebbe consentire al fondo di rientrare da quel disavanzo prospettico di quasi 800 milioni di euro. 


QUANTO COSTERÀ SALVARLO

La domanda che riguarda gli agenti è sostanzialmente una: quanto sarà pesante il sacrificio economico che sarà chiesto all’intermediazione per salvare il fondo pensione dal commissariamento della Covip? Per rispondere, sarebbe necessario sapere, in primis, quanto l’Ania è disposta a versare: si parla di una cifra compresa tra i 700 e gli 800 milioni in dieci o quindici anni. Tuttavia, l’intermediazione agenziale sta affrontando la situazione, ancora una volta, disunita: tra i tre sindacati principali, Sna, Anapa e Unapass, le posizioni sembrano lontane. Se da un lato Sna, che fa parte con propri esponenti del cda del fondo pensione, ha un atteggiamento di rassicurazione e di sostanziale fiducia nel piano di ristrutturazione proposto dal management e dal presidente Francesco Pavanello, le associazioni presiedute da Vincenzo Cirasola e Massimo Congiu, chiedono a gran voce di ripensare tutta la struttura di Fpa, evitare interventi solo palliativi e rivedere la governance, attraverso il coinvolgimento di advisor esterni, ma scelti dalle parti sociali con responsabilità maggiori dei gruppi agenti. Questa tesi è stata sposata anche dal gruppo agenti Generali (il cui presidente è lo stesso di Anapa), sottoscrivendo la disponibilità degli iscritti a un sacrificio ulteriore, ma solo dopo aver visto le carte di Ania.  
Un collasso del fondo pensione, oltre che una grave perdita economica e sociale per gli agenti che già percepiscono la pensione, per quelli che stanno versando i contributi e per le future generazioni, sarebbe un grave vulnus per l’immagine di una categoria che, di mestiere, vende (anche) previdenza integrativa. 




Nella foto: Claudio Demozzi, presidente Sna 


UN DEFAULT ANNUNCIATO

Detto ciò: la situazione è grave o è, per lo meno, seria?
“La preoccupazione è un’emozione da evitare sempre, piuttosto parliamo di elevare il livello di attenzione”. Massimo Congiu, numero uno di Unapass, è bravo a stemperare il clima in un’arena che nelle ultime settimane si è fatta incandescente. “Il problema del fondo – spiega – è strutturale: la garanzia degli attuali pensionati viene dai versamenti che, in prospettiva, faranno le nuove generazioni. Questo meccanismo non tiene più perché inefficiente da anni; indipendentemente dalla nuova legislazione il default del fondo sarebbe comunque avvenuto”. Le nuove norme hanno contribuito, però, in modo decisivo a innalzare questa “soglia di attenzione”. Il decreto ministeriale 259 del 2012 ha imposto ai fondi pensione nuovi criteri per le regole applicative del calcolo delle riserve. È stato previsto che le riserve tecniche siano calcolate tenendo conto esclusivamente degli iscritti al fondo alla data di valutazione. Ma non sono solo questi i problemi di Fpa. Pur nel tentativo di tranquillizzare gli iscritti al fondo pensione, e in generale la categoria, il presidente di Sna, Claudio Demozzi, ha ricordato che Fpa, “come ogni fondo a prestazione definita, ha bisogno di fare il punto. In passato, nel 2003, in coda all’accordo impresa-agenti, era stato triplicato il contributo di adesione al fondo per garantire la stabilità nel lungo periodo”. 
Come dire: oggi che si parla del nuovo accordo tra agenti e compagnie è proprio il momento più opportuno per aggiustare le cose. “Se non si intervenisse in nessun modo – continua Demozzi – se l’età media continuasse a crescere con il ritmo degli ultimi anni, quasi un anno per ogni cinque, e i rendimenti restassero così bassi, il fondo avrebbe ovviamente dei problemi”. Tuttavia da Sna traspare ottimismo, anche perché “finalmente le parti sociali, Ania compresa, sono pronte ad agire”. 


LO STOP AI TRASFERIMENTI

Intanto però, dallo scorso 3 marzo, il cda del fondo ha bloccato i trasferimenti volontari. Una decisione che il numero uno di Sna non fatica a definire “sofferta”, ma che il presidente Pavanello ha presentato come inevitabile e necessaria per la “tutela di tutta la collettività degli iscritti”, dato che un numero molto elevato di richieste di trasferimento “avrebbe compromesso la realizzazione di qualsiasi piano di riequilibrio, tenuto conto della natura a capitalizzazione collettiva del fondo”.
E proprio sugli iscritti si gioca molto della partita. Al momento il fondo è operativo per più di 15 mila unità, ma la platea potenziale è quasi il doppio e supera le 25 mila. Dove sono questi 10 mila agenti che mancano all’appello? “Dai dati che ci sono stati mostrati – svela Congiu –, il 40% di quanto versano gli agenti attivi è utilizzato per pagare i pensionati, in una situazione in cui nell’ultimo decennio 3000 contribuenti sono spariti. Questo andamento era noto da tempo, perché nella relazione del management del fondo si sottolinea che nella gestione 1980-1991 si è assistito a un progressivo disallineamento tra l’aumento dei contributi e l’aumento delle prestazioni. È in questo periodo che comincia a palesarsi l’inefficacia dello strumento”. 
Nel decennio ’80-’90, recita la relazione del cda del fondo pensione consegnata alle parti sociali il 12 dicembre 2013, sono stati effettuati “tre aumenti significativi” delle prestazioni, senza tuttavia adeguare la contribuzione. “Oggi, quando si parla di piano di riequilibrio, non si può prescindere dal cambiare tutta la modalità di gestione, cioè passare da un fondo a prestazione definita, a un fondo a contribuzione definita”, propone Congiu.  




Nella foto: Massimo Congiu, presidente Unapass
 

UNA PARTNERSHIP TRA AGENTI  E COMPAGNIE

Nel piano di riequilibrio pensato da Fpa questa svolta potrebbe trovare posto. Ci saranno interventi mirati sulle varie categorie di iscritti che saranno ispirati a un “principio di equità – dicono dal cda – che stabilisce prestazioni pensionistiche per ciascun aderente strettamente collegate all’effettiva contribuzione versata”. Questo servirebbe in prima battuta per mitigare lo squilibrio intergenerazionale: “le prestazioni eccessivamente generose, relative ai vecchi iscritti, saranno ridotte mentre saranno aumentate quelle dei giovani”.
Di cambio di governance, con l’ingresso di advisor esterni, non se ne parla per il momento: “Sna – conferma Demozzi – non ha chiesto una revisione: il presidente Pavanello e il vice presidente Roberto Manzato di Ania sono capaci, apprezzati e affidabili”. 
Le responsabilità della governance del fondo si dividono al 50% tra intermediari e compagnie. Si tratta dell’unica istituzione paritetica tra agenti e imprese che gestisce una massa di più di 50 milioni all’anno di contributi, rappresentando, secondo Demozzi, “anche dal punto di vista simbolico, un trait d’union non indifferente tra compagnie e agenti. Voglio scommettere sul mantenimento di una gestione collegiale – dice – sul proseguo di una certa partnership tra agenti e imprese. Il fondo è nato nel 1975 come conquista sindacale, se viene meno vorrà dire che le compagnie puntano meno sull’agente”.



Nella foto: Vincenzo Cirasola, presidente di Anapa 


UN RISCHIO REPUTAZIONALE DIFFICILE DA GESTIRE

Con Anapa, invece, lo scontro è aperto, proprio su queste questioni. Secondo il presidente Cirasola è necessario inserire “professionalità di caratura e terze rispetto agli iscritti”. L’accusa del numero uno del gruppo agenti Generali è quella di aver usato una “logica di assegnazione di posti in una lista chiusa, predisposta da una sola organizzazione sindacale”.
Tuttavia, nemmeno Anapa, che ribadisce il rispetto personale per le persone che hanno gestito il fondo, vuole fare processi sommari. “Oggi – ha sottolineato Cirasola – stiamo cercando di limitare gli effetti di cause ben remote. Ricordo che già nell’aprile 2012 scrissi per esternare le mie preoccupazioni su un disavanzo prospettico che a quell’epoca era solo di 38 milioni di euro. Rischiai di essere denunciato per diffamazione e citato per danno di immagine”.
A proposito di danno reputazionale, Cirasola non nasconde che un commissariamento del fondo da parte di Covip o addirittura il default (che poi è praticamente la stessa cosa) causerebbe un enorme problema di immagine agli agenti. “Proprio per la tutela di questo valore immateriale – riflette il presidente di Anapa – cioè il credito dell’agente professionale di assicurazione, non si possono imporre soluzioni che non siano oggetto di condivisione corale di tutti i sindacati agenti e dei principali gruppi rappresentati. Sia chiaro a tutti che gli agenti di assicurazione sono condannati a salvare il fondo; altrimenti con quale coraggio andremo a proporre un Pip a un nostro cliente”? 
UN FONDO PIÙ SEXY

La proposta di Anapa e Unapass si articola in due fasi. In primis occuparsi della governance, e dividere nettamente la proprietà del fondo da chi ha le competenze per deciderne investimenti, strategie e gestione. In seconda battuta agire dal punto di vista dell’offerta: cioè andare a intercettare quegli agenti (circa 10 mila) che ancora non sono contribuenti di Fpa. “Per farlo – propone Massimo Congiu, presidente di Unapass – occorre dare al fondo contenuti tipici dei fondi pensione: tra cui quello di poter attingere a quanto versato per interventi straordinari. È paradossale che i piani pensionistici che gli stessi agenti propongono ai clienti siano più flessibili e abbiano più servizi rispetto al proprio”. 

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