MENO TECNICI, PIU' MANAGER
Ripartire da due valori fondanti per i dirigenti: etica e merito. Sono molteplici le sfide che attendono Fidia, come ha ribadito il presidente Paolo Aicardi nel corso del primo Congresso Nazionale della Federazione, che si è svolto a fine novembre a Milano
18/12/2015
“Scusate il ritardo”. Con una citazione cinematografica del maestro Massimo Troisi, il presidente di Fidia, Paolo Aicardi, ha inaugurato il primo congresso nazionale della federazione, tenutosi a Milano, a 68 anni dalla sua nascita. Il primo segnale importante della sua presidenza, iniziata un anno fa, che marca anche una svolta per la federazione: Fidia si apre all’esterno e alla società civile. “In questi ultimi anni, il nostro ruolo è cambiato, in un settore, quello assicurativo, che è in continuo movimento ed è nevralgico sia per il buon funzionamento dell’economia del Paese, sia sotto il profilo sociale”, ha esordito Aicardi. Tradotto, la federazione e i suoi associati devono, dunque, avere la consapevolezza di ricoprire un ruolo di primo piano e di grande responsabilità. Pertanto, la mission principale di Fidia è quella di ripartire dalle persone, valorizzando al meglio il ruolo primario che svolgono nel settore.
I VALORI DEL MANAGER
Conoscenze, competenze e carattere: sono questi gli elementi caratteristici del nuovo dirigente. Secondo Aicardi, la federazione aveva bisogno di svoltare partendo dall’interno. In questa direzione va letto il cambiamento dello statuto, avvenuto il 27 giugno scorso, e la nuova governance, oltre all’avvio del processo di riorganizzazione territoriale interna. L’obiettivo è quello di essere più vicini a tutti i dirigenti, iscritti e non. Oltre ad avviare un percorso di collaborazione con le compagnie e capire meglio i bisogni degli assicurati. “Dobbiamo essere in grado – sottolinea il numero uno di Fidia – di offrire sempre e comunque la migliore prestazione professionale possibile, sulla base di due valori fondanti per la categoria: l’etica e il merito”.
Un percorso all’insegna della trasparenza testimoniato anche dalla volontà, annunciata da Aicardi, di far certificare il bilancio della federazione. E per esprimere il concetto non usa giri di parole. “Fidia non difende dirigenti indifendibili. Viceversa, difenderò con tutte le mie forze i diritti acquisiti dai dirigenti in quiescenza”. Il presidente della federazione è ben conscio che solo garantendo questi principi, questi valori, si potrà in seguito affrontare con successo la stagione del rinnovo dei contratti che, però, “non potrà più prescindere dall’evoluzione del settore, dalla qualità personale e professionale dei dirigenti”.
Accenna anche un passaggio sul tema delle pari opportunità: “perché le donne in certi ruoli sono meglio degli uomini”. E solo dopo questi principi, Aicardi intende affrontare il tema della retribuzione annua lorda, del rinnovo contrattuale, dei benefit. “Francamente – rimarca – non mi voglio più trovare a fare rinnovi contrattuali dove parliamo di poco o niente, o di come aumentare la long term care di mille euro all’anno”. E lo ribadisce con una battuta tra il serio e il faceto: “non voglio più vedere biglietti del tram nelle note spese”. Insomma, se si pretende serietà bisogna prima dare l’esempio, anche nei piccoli dettagli. “Perciò – chiosa – noi vogliamo seriamente collaborare con l’Ania e con le compagnie. Vogliamo tendere a un modello di dirigente dal profilo nuovo e lasciarci alle spalle quello della tariffa rossa e tariffa blu, o del dirigente che è solo un bravo tecnico”. In fondo è anche una questione di stile professionale.
LA PERICOLOSA SOVRAPPOSIZIONE TRA FUNZIONARIO E DIRIGENTE
A livello di organizzazione formale, le identità di ruolo di dirigenti e funzionari sono ben definite e differenziate. Mentre a livello di organizzazione reale le distinzioni permangono nell’ambito delle responsabilità e degli incentivi, ma sono di fatto labili se si guarda al concreto delle key activity delle due figure professionali. È questa la pericolosa sovrapponibilità tra la figura del dirigente e quella del funzionario emersa dalla ricerca di Gfk Eurisko e presentata al congresso dal regional coo Silvestre Bartolini. Occorre perciò ridefinire questi ruoli e il concetto chiave per il futuro è: meno tecnici, più manager. Le principali competenze richieste ai dirigenti sono, quindi, trasversalità di pensiero, multidisciplinarità, visione e capacità di creare consenso.
UN PROBLEMA DI LEGITTIMAZIONE SOCIALE
“Houston abbiamo un problema”. Il capitalismo in Italia è ancora poco manageriale e troppo familiare, quasi familistico, lo definisce così il presidente di Cida, Giorgio Ambrogioni. Solo il 10% delle imprese nostrane ha all’interno almeno un dirigente esterno alla famiglia. Questo, come rilevato da più ricerche, dimostra un deficit competitivo, di modernizzazione e di internazionalizzazione. L’interrogativo è, quindi, se esista in Italia una classe dirigente adeguata alla sfide della complessità che abbiamo di fronte. Secondo il numero uno di Cida, “c’è un deficit complessivo di classe dirigente del Paese”. Di qui l’appello a confederazioni e associazioni a interrogarsi su quanto fatto fino a ora, ma anche un invito all’azione: “dobbiamo recuperare una nostra spinta ideale, valoriale, e dobbiamo trasmetterlo all’esterno”, evidenzia Ambrogioni, che aggiunge: “spesso veniamo percepiti come una categoria autoreferenziale”.
La difesa dei legittimi interessi di categoria, sulle tematiche più sensibili, quali contratto, previdenza, fisco, ruolo aziendale, passa dalla legittimazione sociale e dagli spazi sociali che la federazione sindacale riuscirà a conquistare. In definitiva, il tema dello sviluppo della cultura manageriale deve diventare centrale. Nessuno, ad esempio, sembra occuparsi dei passaggi generazionali. Eppure si tratta di un percorso fondamentale, che va preparato: “questi – chiosa Ambrogioni – sono compiti che una grande confederazione sindacale deve porre all’attenzione del Paese. E noi vogliamo spenderci per la nostra società”.
FINE DI UN CICLO, APRIRNE UN ALTRO
In un’Italia che arranca, il comparto assicurativo ha lavorato bene garantendo ottimi risultati economici. Oggi, però, in un mondo dominato dalla paura, dall’incertezza e in un contesto economico-finanziario caratterizzato da bassi tassi di interesse e volatilità, non ci si può sedere sugli allori. Anche perché, secondo il direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli, la fine del ciclo sembra dietro l’angolo. “Siamo purtroppo alla fine di un ciclo e dobbiamo saper guardare al futuro con nuovi occhi. È difficile gestire questi fattori macro con gli strumenti tradizionali che conosciamo”. E cita due piani di intervento sui quali occorre mettere mano celermente: welfare e sanità. “In tutto il mondo, accanto a un sistema pubblico, esiste un sistema privato più o meno importante – ricorda –. Da noi, ai 110 miliardi di euro che lo Stato spende in sanità, si affiancano i 30 miliardi spesi dai cittadini tramite ticket e analisi pagate direttamente: pochissima è la parte intermediata”.
Il discorso sulla mancanza di uno schema misto pubblico-privato vale anche per le catastrofi naturali e per la protezione in materia di terrorismo. Si tratta di questioni da risolvere al più presto: “Serve saper ragionare insieme allo Stato, ma anche una capacità del settore di saper offrire cose nuove”, ha evidenziato Focarelli.
Un’apertura in questo senso è arrivata direttamente dal presidente della VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, Maurizio Bernardo, che ha ammesso: “non penso sia più un tabù immaginare che il sistema assicurativo italiano, così come avviene in altre aree del mondo, possa prestare un’attenzione diversa e possa contribuire a presentare proposte costruttive. Il ruolo che il settore può giocare, di concerto con lo Stato e gli enti locali, sul tema delle calamità naturali e del dissesto idrogeologico, ad esempio, può essere molto importante”. L’invito del deputato è quello di intraprendere una collaborazione attiva, nei giusti ruoli e nella giusta dimensione, tra sistema assicurativo e istituzioni statali.
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