ITALIA E EUROPA, IL 2025 HA PROSPETTIVE INCERTE
Mentre altre aree del pianeta crescono, il vecchio continente è alle prese con una crisi economica e di leadership. Aspettando l’effettiva messa a terra della politica annunciata dal nuovo presidente Usa e gli effetti reali sull’economia globale, Prometeia prevede per l’Italia e l’area euro una crescita inferiore all’1% e invita a puntare sull’innovazione
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12/02/2025
Il nuovo anno è partito con qualche importante novità, prima delle quali per l’influsso che avrà nella politica planetaria, è l’avvio della presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti. Si vede in prospettiva la maturazione di situazioni che già hanno preso avvio lo scorso anno e che potrebbero presagire un cambiamento nei paradigmi a livello globale: la Turchia e i paesi arabi stanno accrescendo il loro peso politico, i Brics tentano di bilanciare il protagonismo dei paesi occidentali, il sud-est asiatico è sempre più rilevante nelle tecnologie e nella manifattura, l’Europa sembra perdere la sua leadership politica ed economica.
Sullo sfondo, i dati economici di fine 2024 e quelli attesi per quest’anno confermano un panorama in cui l’Europa perde centralità. Secondo il rapporto di previsione di Prometeia, il prodotto interno lordo italiano segnerà nel 2025 una crescita dello 0,5%, replicando il dato di chiusura del 2024. La crescita italiana è inferiore a quella complessiva dell’area euro, stimata a +0,7% sia a fine 2024 che per quest’anno. Pur registrando una crescita superiore a quella dei paesi europei, sia gli Stati Uniti che la Cina vedranno un calo del proprio Pil: per gli Usa si passerà dal +2,8% del 2024 a +2,4%, mentre la Cina scenderà da +4,8% a +4,1%. Nell’insieme, anche il dato mondiale è in leggera discesa, con un Pil globale che lo scorso anno ha chiuso a +3,1% e si prevede si attesterà quest’anno a +2,8%: la frenata rispecchia naturalmente le performance negative sopra citate, ma è controbilanciata dalla crescita di altri paesi, soprattutto dell’area asiatica.
TUTTO RUOTA INTORNO ALLE NUOVE POLITICHE USA
Ago della bilancia globale per il corso di questo 2025 sarà la nuova amministrazione americana, che si è annunciata facendo promesse su quattro temi principali: la riduzione dei prezzi, il blocco all’immigrazione, la crescita del reddito delle famiglie e una linea strategica America first, in cui rientra anche la politica commerciale. Il sentimento complessivo post elezioni vede la fiducia delle famiglie in crescita, mentre le imprese industriali si mostrano più scettiche, soprattutto per l’impatto dell’aumento dei prezzi delle merci importate.
Le nuove linee di politica commerciale andranno a influire su una posizione ciclica tutto sommato solida dell’economia globale, con i paesi principalmente coinvolti che reagiscono in maniera differente.
I dazi annunciati non arriveranno al 60%, ma saranno introdotti da subito, inoltre la crescita delle tariffe verso Canada e Messico non avrà un grande impatto sulle dinamiche dell’economia mondiale. Prometeia ritiene piuttosto che verso i paesi europei il governo americano attiverà altre strategie, quali le contrattazioni bilaterali, azioni di persuasione ad aumentare le importazioni dagli Stati Uniti, anche sostituendo i beni cinesi, o il contingentamento delle esportazioni europee verso gli Usa.
La Cina, invece, risponderà agli Usa con iniziative similari, quindi introducendo dazi su alcuni prodotti e riducendo le importazioni. La politica che Pechino porterà avanti ricalcherà quella della seconda metà dello scorso anno, con una maggiore presenza nei mercati internazionali (e prezzi in calo come strategia per non perdere quote di mercato) e importazioni in riduzione, a conferma della discesa della domanda interna. In particolare, i flussi delle merci esportate sembrano privilegiare il sud est asiatico (esclusa la Corea del Sud), un’inclinazione che potrebbe indicare un rafforzamento in corso della produzione in quelle aree, utile ai cinesi per bypassare i dazi americani. Lo scenario interno alla Cina e gli indici di fiducia delle famiglie fanno ritenere che il previsto calo dell’export non sarà pienamente compensato dai consumi interni.
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© Mesut Dogan - iStock
LE DEBOLEZZE DELL’UNIONE EUROPEA
Con i chiari di luna dell’economia europea e del contesto globale, preoccupa il fatto che non ci sia una vera strategia dell’Unione Europea per il rafforzamento: mancano piani di investimento su temi oggi fondamentali come la difesa comune o l’innovazione. In un momento di cambiamento come quello attuale sarebbe necessaria una posizione forte da parte della Ue, che risente invece delle condizioni politiche interne di Germania e Francia e di una composizione della Commissione in cui sono aumentati i rappresentanti di governi più tiepidi verso l’Unione.
Per quanto riguarda l’Europa, la revisione di Prometeia per il 2025 evidenzia una sostanziale stagnazione nella prima parte dell’anno, con la Bce che porterà la remunerazione dei depositi al 2% entro giugno. A fronte della frenata delle esportazioni che si è avuta nella seconda metà del 2024, il Pil dell’area euro è stato sostenuto soprattutto dai consumi delle famiglie e dalla ricostituzione delle scorte di prodotti (con andamenti non equivalenti nei singoli paesi). La Germania continua a essere la grande malata europea, con molti fattori ancora negativi: un sintomo positivo è invece riscontrabile nel dato del contributo portato dalla proprietà intellettuale alla voce investimenti, unico elemento costantemente positivo nell’ultimo biennio tedesco e possibile molla per il rilancio, anche europeo.
Per l’area euro, la stima di una crescita del +0,7% è l’esito della maggiore incertezza sulla politica commerciale che caratterizzerà buona parte del 2025,
considerando il fatto che non si vedono strategie definite e coordinate tra i paesi.
ITALIA, IL MINOR EXPORT BLOCCA LA CRESCITA
Dopo gli ultimi anni di crescita ridotta, ma comunque superiore alla media europea, l’economia italiana ha marcato negli ultimi trimestri un rallentamento che ha rapidamente annullato il divario positivo che il nostro paese aveva sull’area euro, una debolezza che quindi si forma precedentemente all’avvento di Trump.
Una delle ragioni della congiuntura riguarda il calo nel settore delle costruzioni, ridimensionato dopo l’interruzione degli incentivi per il settore residenziale, mentre gli interventi sul non residenziale tengono per l’effetto del Pnrr. Decisamente negativa è la voce investimenti in macchinari e attrezzature, per effetto dei tassi di interesse, dei ritardi dell’Industria 5.0 ma anche in risposta all’incertezza del quadro generale, soprattutto europeo. Tra gli elementi di preoccupazione pesano molto la situazione tedesca e le reali novità della politica commerciale statunitense, ovvero due questioni che indeboliscono proprio i due maggiori mercati di sbocco dell’industria italiana; a questi si aggiunge la forte frenata dell’export anche verso la Cina (-21% nei primi dieci mesi del 2024), che risente del calo dei consumi interni che colpiscono il Made in Italy.
Tra le note positive per il nostro paese c’è la crescita dei consumi, che mostrano però performance migliori nei servizi invece che verso i beni. A favorire tale aumento è l’effetto del calo dell’inflazione (1,1% quest’anno, 1,9% il prossimo), mentre le retribuzioni registrano una crescita talmente lieve da risultare quasi ininfluente (e comunque minore rispetto agli altri paesi). Ci si attende piuttosto un recupero del reddito disponibile, con effetti ridistributivi. La prospettiva economica sarà l’esito dei diversi sentimenti di fiducia tra i settori, con consumatori e operatori dei servizi più ottimisti rispetto agli operatori della manifattura che si dicono molto negativi.
Il contesto che si è materializzato via via nei mesi scorsi ha indotto Prometeia a ritoccare al ribasso di 0,3 punti percentuali la crescita per il 2024, portandola dal +0,8% previsto a settembre a +0,5%. A influire sulla valutazione non è stato solo il rallentamento della crescita, ma anche la revisione al ribasso del Pil del 2023, che ha ridotto l’effetto di trascinamento statistico. Nell’insieme, lo scenario di incertezza fa ritenere ai ricercatori della società che anche per il 2025 la crescita italiana si confermerà al +0,5%.
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© KavalenkavaVolha- iStock
BUONE PROSPETTIVE PER I CONTI PUBBLICI
Forse, per essere un po’ ottimisti, questa volta si può guardare ai conti pubblici dell’Italia, con una politica di bilancio migliore delle attese e lo spread in calo. I conti pubblici vanno migliorando in prospettiva e con la correzione dei conti il debito pubblico sembra poter imboccare un trend discendente (seppure con l’incognita dell’andamento della crescita futura). Nel complesso, il quadro sembra abbastanza buono, con le entrate fiscali che hanno un andamento positivo soprattutto nelle imposte dirette e nell’iva, anche se Prometeia mette in guardia e invita ad attendere per capire se in realtà si tratta di una condizione strutturale o di una tendenza temporanea.
Il piano strutturale di bilancio di medio termine presentato dal governo, impostato sui sette anni, prevede l’impegno ad attuare riforme strutturali e a ridurre l’indebitamento già dal 2026, anno in cui comunque si risentirà ancora del peso delle spese legate al bonus edilizio del 110%. In questo contesto, la manovra 2025-2027 avrà un impulso modesto. In sintesi, il debito italiano continuerà a essere il più elevato in Europa, ma lo spread pur risalendo dovrebbe restare su tassi inferiori rispetto al passato.
INVESTIMENTI E RIFORME PER IL RILANCIO
In un contesto economico non positivo (mentre è un elemento a favore la stabilità politica), un auspicabile contributo a muovere le acque stagnanti dovrebbe arrivare dagli investimenti del Pnrr, in programma fino a tutto il 2026. Anche in questo caso è necessario un distinguo: lo scorso anno la spesa programmata è stata inferiore alle previsioni del Def e il rischio è che una simile tendenza possa verificarsi anche nel ‘25 e nel ‘26, anno in cui il Pnrr dovrebbe essere portato a compimento (anche se la condizione comune ad altri paesi Ue potrebbe aprire a uno sforamento nel 2027). Prometeia calcola 46 miliardi di euro da spendere l’anno prossimo e 85 quello successivo: dati i precedenti, è da vedere se si riuscirà a utilizzare tutta la disponibilità ma ogni cosa fatta sarà probabilmente il migliore contributo alla crescita nel prossimo biennio.
L’impulso degli investimenti, unitamente alle riforme strutturali su cui il governo si è impegnato, dovrebbe portare a un aumento della crescita potenziale tra lo 0,8 e 0,9% fino al 2027.
Un punto debole su cui è necessario ragionare in termini di rafforzamento dell’economia italiana ed europea è l’innovazione del settore privato, che presenta un forte gap tra gli Stati Uniti e l’Europa, e all’interno di questa vede l’Italia agli ultimi posti tra i principali paesi, a livello della Spagna, ma molto, molto al di sotto di Svezia, Germania, Belgio, Austria, Finlandia e Danimarca. Un tema è senz’altro il fatto che le imprese italiane non hanno la struttura per poter investire. Guardando al complesso dell’innovazione europea, la differenza con gli Usa emerge non solo dalla maggiore quota di R&S nel settore privato americano ma anche dal fatto che gli investimenti oltreoceano sono fortemente indirizzati all’high-tech, mentre in Europa sono ancora, seppur di poco, superiori quelli destinati a mid-tech e ricerca industriale.
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