IL MERCATO ASSICURATIVO: SOSTENIBILE ED EUROPEO
Il settore dei rischi ribadisce i suoi impegni nella sostenibilità con un documento di Insurance Europe, la federazione europea degli assicuratori e dei riassicuratori, che sostiene lo slancio globale collettivo per combattere il cambiamento climatico. E intanto presenta il suo nuovo Sustainability Hub
13/12/2021
Il settore assicurativo europeo sostiene da tempo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (Cop21 del 2015) e del Green Deal, nonché gli ambiziosi obiettivi dell’Europa di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 e raggiungere un’economia a zero emissioni entro il 2050.
La Cop26 di Glasgow, la conferenza sul clima chiusa ormai un mese fa, ha consegnato al mondo risultati ambigui: non è facile fare una sintesi e dare un’interpretazione univoca. I negoziati hanno portato all’adozione del Glasgow Climate Pact, ritenuto da alcuni osservatori deludente e da altri come il migliore compromesso possibile.
“Nella sessione finale – ricorda l’Ispi – l’India ha ottenuto l’inserimento di un emendamento che ammorbidisce il testo riguardante il carbone, smorzando l’efficacia dell’impegno preso”. È stata abolita, per esempio, l’espressione phase out, cioè eliminazione graduale, sostituita con phase down, riduzione graduale. Ma i nuovi impegni della Cop26 costituiscono “un miglioramento generale degli obiettivi di decarbonizzazione per il 2030”: quasi tutti i partecipanti, per esempio, hanno inserito un obiettivo di raggiungimento della neutralità carbonica, seppure con tempi diversi. “Per l’Unione Europea, gli Stati Uniti e un altro gruppo di Paesi tale scadenza è il 2050, mentre la Cina e l’India hanno proposto rispettivamente il 2060 e il 2070”, osserva l’Ispi.
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UN IMPEGNO “INEQUIVOCABILE”
Per la prima volta, inoltre, è stato introdotto un riferimento esplicito alla riduzione del consumo di carbonio, le cui emissioni rappresentano quasi il 40% della CO2 emessa su scala globale. Si tratta dell’impegno più importante per la lotta al cambiamento climatico.
In tutto questo il settore assicurativo europeo ribadisce i suoi impegni con un documento di Insurance Europe, la federazione europea degli assicuratori e dei riassicuratori, che sostiene “inequivocabilmente”, così si legge, “lo slancio globale collettivo per combattere il cambiamento climatico che è al centro della Cop26”.
“La necessità di un’azione urgente – scrive la federazione – non è mai stata più inequivocabile e, come dimostrato dall’ultimo rapporto Ipcc, i costi delle misure di abbattimento, mitigazione e adattamento impallidiscono rispetto ai costi a lungo termine del cambiamento climatico non mitigato”.
Gli assicuratori, come noto, possono svolgere un ruolo significativo, se non decisivo, sia nel mitigare i peggiori scenari di cambiamento climatico, sia nell’aiutare i cittadini e le imprese a far fronte ai cambiamenti e agli imprevisti, nonché ad adattarsi agli impatti di questa evoluzione che, in una certa misura, appare ormai inevitabile.
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UNA POTENZA DI FUOCO DA 10 TRILIONI DI EURO
Il contributo degli assicuratori e dei riassicuratori, ricordano da Insurance Europe, chiama in causa la loro capacità di assumere e diversificare i rischi per conto dei clienti e fornire loro il supporto finanziario di cui hanno bisogno per far fronte alle conseguenze degli eventi legati al cambiamento climatico.
“Le loro conoscenze e competenze nella gestione del rischio – continua il documento – aiutano i clienti e il settore pubblico a sviluppare la consapevolezza del rischio, a ridurre l’esposizione e aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici, anche attraverso approcci di building back better dopo che si è verificato il danno”.
La potenza di fuoco delle masse gestite, inoltre, dà al settore la capacità di investire nella transizione verso la sostenibilità: solo in Europa, assicuratori e riassicuratori gestiscono oltre 10 trilioni di euro di asset.
Il comparto dei rischi sta da tempo convergendo sui temi della sostenibilità e, sostiene Insurance Europe, si è “disposti a fare di più”, come dimostrano le iniziative e le alleanze per il clima e per la riduzione dell’impronta di carbonio cui partecipano molti assicuratori. Ma per svolgere appieno la loro parte, e per liberare un potenziale ancora in parte inespresso, gli assicuratori “hanno bisogno che i governi agiscano”.
LA SOSTENIBILITÀ DEI PROGETTI INFRASTRUTTURALI
In che modo? Per esempio, impegnandosi a investire in misure di adattamento e prevenzione, perché le le iniziative messe in campo oggi “avranno un enorme impatto su ciò che sarà assicurabile in futuro”.
I governi e le autorità dovrebbero quindi incentivare progetti infrastrutturali più sostenibili in cui gli assicuratori possano investire, ad esempio grazie a un maggiore coinvolgimento di capitale privato attraverso partnership, e a un migliore bilanciamento del rischio di credito connesso a questi progetti.
Occorrerebbe poi, a livello europeo, una regolamentazione, anche prudenziale, che sostenga, e certamente non ostacoli, il ruolo del settore assicurativo in questa materia. Servono politiche per garantire che la transizione avvenga in modo equo e giusto; più partenariati pubblico-privato, poiché “quelli esistenti hanno dimostrato che la condivisione di competenze ed esperienze tra le principali parti interessate nell’area della resilienza climatica possono fare la differenza”.
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CERTEZZE DAI REGOLAMENTI
E poi sarebbe necessaria la creazione di un database Esg europeo, così che gli investitori abbiano un accesso efficiente ai dati comparabili e affidabili di cui hanno bisogno per investimenti e report sostenibili.
“Pertanto – si legge nel documento – accogliamo con favore gli sforzi della Commissione Europea per fornire dati Esg standardizzati e disponibili”. Il riconoscimento, sempre da parte della Commissione, della necessità di miglioramenti alla regolamentazione prudenziale per rimuovere gli ostacoli agli investimenti a lungo termine, appare il primo passo per promuovere quelle condizioni che favoriscano investimenti sempre più sostenibili.
Del resto, gli assicuratori non sono solo acquirenti di asset che promuovono la sostenibilità; emettono essi stessi obbligazioni che rispettano i parametri Esg e collaborano con i partner per finanziare e sviluppare infrastrutture verdi.
LA DIPLOMAZIA CLIMATICA DELL’UE
“L’Ue – scrive l’Ispi – dovrà affiancare le politiche interne alle politiche climatiche di cooperazione con i Paesi terzi per potenziare la sua azione per il clima. Senza iniziative che coinvolgano i governi degli altri otto miliardi di abitanti del pianeta, l’impegno europeo diventerebbe un ambientalismo di facciata”. Il consiglio sarebbe quindi di agire più convintamente sulla “diplomazia climatica”: l’Unione Europea dovrebbe concentrare i propri sforzi sulla cooperazione con i Paesi terzi. “Tali sforzi – conclude l’Ispi – non richiederebbero necessariamente investimenti massici, ma una condivisione delle nostre politiche di decarbonizzazione e una promozione delle aziende europee che sono all’avanguardia nella transizione energetica e nella lotta al cambiamento climatico”.
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