RIPARTONO GLI INVESTIMENTI DELLE FAMIGLIE

Aumenta la liquidità ma diminuisce il numero di italiani in grado di risparmiare: a dirlo è l’edizione 2021 della ricerca sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, promossa da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. Dallo studio emerge anche una maggiore sensibilità rispetto ai rischi, soprattutto tra le persone tra i 35 e i 64 anni

RIPARTONO GLI INVESTIMENTI DELLE FAMIGLIE
Dopo il difficile 2020, la fiducia dei risparmiatori italiani sui prossimi 12-18 mesi sembra ripartire. E se da un lato diminuisce il numero di persone in grado di risparmiare, dall’altro la liquidità sui conti correnti è complessivamente aumentata in termini assoluti. Il quadro emerge dalla ricerca sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2021, promossa da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. L’indagine, basata su un sondaggio Doxa, ha analizzato il rapporto degli italiani con il risparmio e l’influenza che la pandemia sta avendo sulle scelte di investimento delle famiglie. 

LE CICATRICI DI UN PESANTE 2020

Secondo le interviste sull’andamento dell’anno 2020, raccolte a marzo e maggio 2021 e rivolte ai responsabili delle scelte finanziarie, il 9% delle famiglie italiane ha subito conseguenze sulla salute propria o di un membro della famiglia: in una casa su dieci il Covid è entrato davvero. Molto più ampio è il numero di famiglie che ha visto ridursi o azzerarsi le entrate ordinarie a causa delle conseguenze economiche del Covid: nel complesso, si tratta del 36,8% degli intervistati. Tra questi, il 19,6% ha dichiarato che le entrate sono “un poco” diminuite, il 15,7% che sono “molto” diminuite e l’1,5% ha ammesso che tutte le entrate sono state perdute. Lo studio osserva però che la perdita media di reddito netto familiare, pari a 105 euro mensili, non ha riguardato tutti: si è avuta una forte concentrazione dell’impatto economico, che si è scaricato su poco più di una famiglia su tre.

IMPREPARATI A GESTIRE L’EMERGENZA

Nonostante l’ampio serbatoio di risparmio privato, non tutte le famiglie italiane si sono fatte trovare preparate di fronte all’emergenza. Dall’indagine è emerso che il 53% di esse non aveva accantonato un fondo di riserva, ossia non aveva depositi liquidi sufficienti o strumenti finanziari monetari liquidabili immediatamente per far fronte a imprevisti di natura eccezionale, come quelli che abbiamo vissuto.
Ad ogni modo, la pandemia, pur non avendo scosso in misura forte il tenore di vita (nonostante 400mila famiglie abbiano perso tutte le entrate, circa l’1,5% del campione), è intervenuta anche sui comportamenti di risparmio, evidenziando due macro-cambiamenti. Il primo è la diminuzione, dal 55,1% al 48,6% (-6,5%) della quota di risparmiatori nel campione, per effetto delle ridotte disponibilità; i non risparmiatori sono pertanto tornati prevalenti sui risparmiatori. Il secondo cambiamento riguarda la crescita tra i risparmiatori residui, pari al 6,7%, del numero di coloro che hanno intrapreso il risparmio in modo involontario, essenzialmente per non essere riusciti a consumare nell’anno della pandemia a causa delle restrizioni di attività e mobilità.

DOVE SONO ANDATI GLI INVESTIMENTI

Gli investimenti finanziari nell’anno del Covid-19 sono stati ridotti e messi in larga parte in standby proprio dall’incertezza pandemica, ma anche dalla difficoltà oggettiva di incontrare sul mercato investimenti corrispondenti agli obiettivi dei risparmiatori, che nel 2021 privilegiano nel lungo periodo la sicurezza (ossia il desiderio di non perdere il capitale investito) e nel breve periodo la liquidità. Per questa ragione, anche se non sono più afflitte dalla crisi di fiducia che avevano avuto nel 2011-2012, le obbligazioni sono possedute solo dal 22% del campione, contro un massimo storico del 29%. Le azioni sono invece considerate per quello che sono realmente, ossia titoli per esperti, dunque appannaggio di una minoranza pari al 6,1% del campione. 
Gli investimenti nuovi e alternativi cominciano a entrare nella consapevolezza dei risparmiatori, ma lentamente. I Pir, ad esempio, sono stati considerati appena dal 2,5% per campione, ma per ogni sottoscrittore effettivo ce ne sono sei indecisi che potrebbero investirvi in futuro. I bitcoin e le altre criptovalute affascinano appena il 5% degli intervistati (senza che abbiano necessariamente acquistato questi strumenti), soprattutto tra i risparmiatori giovani, benestanti e istruiti. Il 6,7% del campione risulta invece interessato agli investimenti etici e a impatto positivo sull’ambiente e sulla società (Esg). 
L’indagine ha poi chiesto cosa faranno le famiglie che hanno accumulato un eccesso di risparmio. Quante vorrebbero reimmetterlo nel circuito economico e quante vorrebbero trattenerlo? Il campione qui si divide in due parti. Una, relativamente maggioritaria (64%) vorrebbe per il momento aspettare e tenere da parte il gruzzoletto accantonato; non è la parte più abbiente, bensì quella più avanti negli anni e che potremmo definire appartenente al ceto medio-basso e con limitata istruzione. Il restante 36% (che include i laureati, i giovani e gli appartenenti al ceto medio-alto), è di opinione diversa e vorrebbe rilanciare i suoi consumi, anche se con priorità differenti. Il ceto medio è pronto a spendere di nuovo, nell’ordine, in viaggi, in una nuova auto o nuovi beni durevoli, al terzo posto in una casa nuova. 

UNA MAGGIORE SENSIBILITÀ AI RISCHI

Lo studio osserva come la pandemia abbia stimolato una sensibilità maggiore rispetto a quasi tutti i rischi:quelli assicurabili (come la salute, la vita, i danni e perfino i furti) e quelli non assicurabili (come il rischio pandemico). Le fasce di età che evidenziano uno stato di maggiorata preoccupazione sono quelle intermedie, ossia fra i 35 e i 64 anni. I più giovani hanno pochi beni da proteggere, limitate obbligazioni ricorrenti e l’energia dell’età; al pari, gli anziani, per quanto siano stati i più vulnerabili al coronavirus, probabilmente perché da essi non dipendono più altre persone se non il compagno o la compagna della vita. Nelle classi di età intermedie, l’apprensione è strutturalmente salita non tanto riguardo alla salute, quanto piuttosto al lavoro e al reddito. È salita di 10 punti percentuali, al 54%, la quota delle persone preoccupate della possibilità di subire una diminuzione temporanea del reddito; il 63% (+13%) teme invece una perdita permanente del reddito. Tutto ciò nonostante i risparmiatori tendano a recuperare terreno, anno dopo anno, rispetto alla condizione di sotto-assicurazione strutturale che le precedenti indagini hanno evidenziato, ma ciò avviene ancora a ritmi molto lenti. Chi è assicurato per la salute, comunque, ha raggiunto il 15,9% del campione, contro l’11,8% nel 2018.

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