PASSI AVANTI VERSO LA MULTICANALITÀ
Cresce tra le imprese la ricerca di una relazione multicanale con i clienti, ma siamo ancora lontani dalla “vista unica”. Più di tutti gli altri, i settori bancario e assicurativo sono all’avanguardia nell’adozione dei canali digitali e delle tecnologie di sicurezza
21/12/2022
L’evoluzione dei processi di vendita verso l’integrazione tra i modelli tradizionali e le potenzialità del digitale è un percorso ormai strutturale e trasversale a tutti i settori economici e ai servizi al cittadino.
Per le organizzazioni, la prima sfida è identificare dei modelli che associno tutti i vantaggi del digitale con la sicurezza e con benefici percepibili dall’utente; secondariamente questa dimensione tecnologica si dovrà integrare in maniera fluida con la relazione in presenza. Sia nel B2c che nel B2b, il canale online viene percepito come un valore nel momento in cui risponde alle caratteristiche attese di semplicità, immediatezza, flessibilità e personalizzazione. Lungi dalla visione, che pareva prevalere fino a pochi anni fa, di essere modalità di approccio alternative, le organizzazioni guardano all’online e all’offline come a due canali che agiscono in maniera integrata nel rapporto con l’utente. Per le imprese significa poter avere una conoscenza più approfondita e coerente del proprio cliente, quella single customer view che promette una relazione più fruttuosa.
Una visione di come i settori produttivi intendono relazionarsi con i consumatori attraverso il digitale e di come stanno organizzando le proprie infrastrutture è riportata nello studio La digitalizzazione delle vendite in Italia, realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait. Il documento è frutto di un’indagine che ha coinvolto 637 soggetti tra imprese medie e grandi di diversi settori (474), pubbliche amministrazioni centrali e territoriali (106) ed enti sanitari (57).
L’APPROCCIO “PHYGITAL” È IL PIÙ RICERCATO
Nonostante le intenzioni manifestate, dal report emerge che mediamente il livello di conoscenza del cliente da parte delle imprese è ancora basso.
Al momento, l’obiettivo della vista unica sul cliente sembra essere centrato solo da un’impresa su cinque, le organizzazioni che affermano di avere una conoscenza profonda del proprio interlocutore sono il 14%, mentre circa il 20% dichiara una relazione continuativa e duratura.
Il percorso verso una vera relazione multicanale è fatto di informazioni sul cliente, infrastrutture, sicurezza e un’offerta con caratteristiche ad hoc: anche questo è un aspetto che necessita di essere rafforzato, visto che le imprese che si sono dotate di offerte e servizi omnicanale sono il 35% e quelle che hanno punti di contatto integrati il 30%.
A oggi, sembra prevalere l’approccio phygital, con le aziende orientate a ottenere una piena collaborazione tra canale online e offline valorizzando i singoli punti di forza di ognuno. L’esito è una massiva riorganizzazione dei punti vendita fisici in luoghi di integrazione con i canali digitali. La relativa fattibilità di questa soluzione è testimoniata dal 78% di imprese che offrono servizi di click&collect per acquisti effettuati dal web, dal 66% che ha adottato sistemi per verificare la disponibilità di prodotti all’interno dei punti vendita e dal 56% che rende disponibili servizi di home delivery.
Tra tutti, i settori bancario e assicurativo si mettono in evidenza nella gestione dei canali digitali e in particolare per un livello di adozione di singole tecnologie di gestione e analisi dei dati molto superiori alla media, con l’86% delle imprese che si è dotato di piattaforme di marketing automation, l’81% che ha un data lake e l’80% che gestisce una customer data platform; il settore finanziario inoltre, mostra un livello avanzato nell’integrazione online-offline, caratteristica che condivide con gli altri comparti di servizio (energy e utility, telco, media e turismo) a scapito di quelli di prodotto (automotive, fashion, retail e grocery).
LA SFIDA DI RENDERE SEMPLICE LA COMPLESSITÀ
Un tema delicato quando si parla di interazione online con gli utenti dei propri servizi è quello della sicurezza nell’autenticazione. Su questo aspetto, da un punto di vista di vantaggio commerciale la necessità di garantire l’identità e un accesso sicuro al cliente devono trovare un equilibrio con la rapidità e la facilità di fruizione delle piattaforme. I dati del report sembrerebbero individuare un comportamento differente tra le imprese commerciali e quelle pubbliche o private che gestiscono dati particolarmente sensibili: nel complesso, il 73% delle società che utilizzano canali digitali ha optato per sistemi basati su un singolo fattore di autenticazione, il doppio fattore è richiesto solo dal 13%. Considerata la sensibilità dei dati trattati, non stupisce che il settore bancario e finanziario si dimostri quello con la maggiore attenzione alla sicurezza nelle interazioni con gli utenti, tanto che il 55% delle imprese utilizza già sistemi basati su un doppio fattore di autenticazione, mentre il 13% sta sperimentando sistemi adattivi e il 9% l’uso di tecnologie biometriche.
Il livello più elevato di sicurezza negli accessi è raggiunto dagli enti della pubblica amministrazione e della sanità: secondo le rilevazioni dello studio, il 79% delle amministrazioni pubbliche e il 70% delle strutture sanitarie fanno ricorso a credenziali proprietarie in abbinamento a sistemi di identità digitale nazionali, come Spid e Cie.
CLOUD NEL MIRINO DELLA SICUREZZA
A livello di sicurezza e protezione dei dati, nel complesso la scelta prevalente è il ricorso a soluzioni di backup e recovery, adottate dall’82% di aziende ed enti, mentre un altro 5% sta considerando di introdurne l’utilizzo.
Il vantaggio dichiarato è nella possibilità di recuperare la ridondanza e la duplicazione dei dati, nel caso sia necessario un loro ripristino quando l’impresa dovesse subirne la perdita.
In questo senso, assume un peso rilevante la protezione delle infrastrutture, che lo studio del Politecnico di Milano e Minsait giudicano buona. In particolare, le interviste hanno rilevato un elevato livello di attenzione per le applicazioni in cloud, verso le quali è costantemente attiva la ricerca di possibili vulnerabilità: sono solo il 19% le organizzazioni che non hanno ancora ancora stabilito una strategia definita di identificazione delle vulnerabilità, percentuale che scende all’11% tra le imprese sopra i 500 addetti.
Più limitato e selettivo è il ricorso al cloud pubblico, frenato secondo il 58% degli intervistati dalla compliance e dagli obblighi normativi e per il 49% dalla gestione della contrattualistica. Questi vincoli sono tra le ragioni per cui solo il 5% delle imprese utilizza in via esclusiva il cloud pubblico per conservare e gestire tutti i dati dei clienti, mentre il 31% ne fa un uso selettivo e il 64% gestisce i dati solo on-premise.
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