TUTTI I VANTAGGI DEL WELFARE AZIENDALE
Dalle pensioni all’assistenza sanitaria, fino all’abbonamento in palestra o al sostegno per le rette scolastiche dei figli: le indennità e i benefici a favore dei dipendenti presentano importanti potenzialità di crescita. anche per le reti di piccole imprese
30/06/2014
Employee benefits: si scrive in inglese ma si pronuncia in italiano. Perché, a pensarci, l’idea di un’azienda capace di curare le esigenze dei suoi dipendenti, attraverso interventi che vadano al di là della mera retribuzione, è venuta in mente nel secolo scorso a un ingegnere di Ivrea, Adriano Olivetti.Un’idea innovativa che, tranne rare eccezioni, nel nostro Paese è rimasta teorica per molto tempo, mentre all’estero, in Paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna, si è concretizzata e diffusa con il nome, a questo punto, di employee benefits. Oggi, però, anche in Italia forme di retribuzione non monetaria, incentivate da importanti agevolazioni fiscali, si stanno progressivamente diffondendo. Consentendo ai lavoratori di ottenere, grazie al datore, i benefici più vari: dal sostegno per acquistare i libri scolastici ai propri figli, passando per i contributi destinati alle rette universitarie, fino a prezzi calmierati per l’abbonamento in palestra o alla stagione teatrale. Senza dimenticare, ovviamente, il core business del settore, cioè le proposte aziendali che riguardano piani di assistenza sanitaria e previdenziale. Segmenti di welfare che, un sistema pubblico in prospettiva sempre meno ricco, dovrà gioco forza integrare con interventi privati.
FIDELIZZAZIONE E AUMENTO DELLA PRODUTTIVITA'
Le ragioni del ritardo italiano in tema di employee benefits derivano, in primo luogo, dal nostro meccanismo di assistenza pubblica, relativamente generoso (se comparato a quello di altri Paesi occidentali) e dunque finora autonomo rispetto all’intervento dei privati nel settore. A frenare, poi, la diffusione dei benefici aziendali è stato lo stesso sistema imprenditoriale italiano, segnato dalla presenza di imprese troppo piccole e dunque raramente in grado di organizzare forme complesse di retribuzione non monetaria. “Paesi come Inghilterra e Stati Uniti sono certamente più avanti, ma l’Italia sta rapidamente guadagnando terreno – sostiene Fabio Carniol, managing director per l’Italia di Towers Watson –. Gli imprenditori hanno capito che migliorare la qualità della vita dei lavoratori significa aumentare la loro produttività”. È un dato di fatto, del resto, che i programmi di assistenza sanitaria aziendali, oltre a rappresentare un vantaggio concreto per il dipendente e la sua famiglia, consentano di ridurre l’assenteismo sul posto di lavoro. Così come i servizi di disbrigo pratiche offerti dalle imprese, per agevolare la vita dei propri impiegati, fa anche recuperare prezioso tempo di lavoro. Inoltre, altre tipologie di benefit – come le promozioni culturali e ricreative rivolte ai lavoratori o il sostegno per l’educazione dei loro figli – accrescono l’employer branding, cioè la reputazione di cui gode l’impresa sul mercato degli aspiranti dipendenti.
LA DIFFUSIONE IN ITALIA
Così, dopo alcuni anni di stallo, oggi in Italia sono diversi i contratti collettivi nazionali di lavoro che disciplinano (per alcune figure prevalentemente dirigenziali nell’ambito del terziario, dei servizi e dell’industria) una serie di benefit obbligatori minimi. “Generalmente si tratta di una copertura medica di base, magari finalizzata ai rimborsi del ticket sanitario, con dei massimali di copertura precisi”, spiega Fabio Carniol. Da alcuni anni a questa parte, inoltre, l’offerta degli employee benefits è cresciuta sempre più, arrivando a contemplare anche attività ricreative e culturali. “Si tratta di soluzioni adottate perlopiù da grandi aziende, magari bancarie o assicurative – continua il manager di Towers Watson –. Prima queste offerte erano riservate ai quadri ma, nell’ultimo periodo, stiamo assistendo a un’estensione dei servizi anche per tutti gli impiegati”. Sebbene, dunque, la diffusione di questi benefici stia crescendo, si tratta ancora di servizi proposti soprattutto da società medio-grandi, una minoranza rispetto alle tante piccole aziende italiane. “Su questo punto, però, è in corso un cambiamento indirizzato verso il welfare territoriale – precisa Fabio Carniol –. Soprattutto al centro e al nord-est del Paese sempre più piccole aziende si associano e fanno rete, mettendo a disposizione dei dipendenti soluzioni di welfare comuni”.
UN FUTURO FLESSIBILE
In un contesto di welfare pubblico sempre meno sicuro, anche il futuro degli employee benefits si giocherà sui temi della salute e dell’assistenza nella terza età: “Il comparto medico, già core business del settore, è destinato a crescere ulteriormente – sostiene Carniol – comprendendo un pacchetto più ampio di offerte legate, ad esempio, all’assistenza per le persone non autosufficienti”. Parallelamente, la proposta dei benefit sta diventando sempre più flessibile, per dare la possibilità a ogni dipendente di scegliere servizi specifici e aderenti alle proprie necessità. “L’idea è quella di rendere i lavoratori dei soggetti attivi nella scelta del beneficio – conclude Carniol –. Del resto, è bene sottolinearlo ancora, l’employee benefit si configura tradizionalmente come un’operazione win-win: alla gratificazione personale ed economica del dipendente corrispondeuna maggiore produttività per l’azienda”.
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