QUALE EREDITÀ DALLA PANDEMIA?
In bilico tra rilancio e seconda ondata, il settore assicurativo scommette su una nuova stagione fatta di vicinanza ai clienti flessibilità e capacità di adattamento. Ma intanto il peso di questi mesi continuerà a incidere sui bilanci delle imprese
14/09/2020
Inutile dire che non ne siamo ancora fuori. Tutti attendono, temendola, la seconda ondata, nuovi lockdown, magari selettivi, circoscritti ma pesanti da sopportare.
Eppure, se è possibile trarre una lezione dalla pandemia questa è che un mondo che parlava di flessibilità e capacità di adattamento, ma che poi si scontrava spesso con il problema della legacy delle tecnologie e dei propri macchinosi processi, si è scoperto improvvisamente capace (almeno di parte) di attuare rapidamente alcuni di quei cambiamenti che per anni aveva rimandato. È una lezione, come ha recentemente dichiarato un importante ceo assicurativo, impartita al top management: la necessità di cambiare idea rapidamente, per affrontare anche piccole questioni quotidiane e impreviste, ha insegnato che “non sempre paga essere coerenti se la coerenza non ci porta da nessuna parte”.
CRISI ECONOMICA E DI FIDUCIA
Il settore assicurativo si avvia ad aprire una stagione nuova, caratterizzata da una forte incertezza, una fase in cui nuovi rischi, nuove fragilità, strutturali, sociali ma anche personali, si sommano alle minacce più classiche ma non per questo oggi meno importanti: la previdenza, le catastrofi naturali, i cambiamenti climatici, il cyber risk, l’invecchiamento, non sono questioni cancellate dal rischio pandemico, dalla business interruption di massa, dai fallimenti delle aziende, dall’esplosione del problema dell’accesso alle cure, dal rischio di marginalizzazione del ruolo delle donne, spesso costrette a rinunciare al lavoro per curare i figli improvvisamente orfani di scuole e asili, dalla diminuzione o perdita totale del reddito.
Un comparto che a livello mondiale ha scontato in tre mesi una perdita media di capitalizzazione di quasi il 20% rispetto al periodo pre-pandemia (fonte: Accenture) deve porsi il problema di come supportare una società in grave crisi economica, ma anche di fiducia.
IL REALE VALORE AGGIUNTO
L’impatto della pandemia sul settore assicurativo globale sarà tre volte più forte rispetto a quello provocato dalla crisi finanziaria del 2008: guardando al trend di crescita pre-Covid-19, la pandemia comporterà una riduzione della raccolta premi di circa 360 miliardi di euro, di cui 250 miliardi nel vita e 110 miliardi nei danni. Queste sono solo alcune delle previsioni contenute nell’edizione di quest’anno del Global Insurance Report 2020, studio condotto da Allianz Research, che fa il punto sul mercato assicurativo in tutto il mondo. Nonostante questi numeri, il settore assicurativo ha mostrato quella celeberrima resilienza che ha definito nei decenni il suo reale valore aggiunto.
L’ARRIVO DI UN OSPITE INATTESO
L’industria assicurativa globale aveva iniziato il 2020 molto bene, sulla scorta dei risultati del 2019, quando i premi erano aumentati del 4,4%, cioè la crescita maggiore degli ultimi quattro anni. L’aumento è stato trainato dal vita, con uno sviluppo rispetto al 2018 pari al 4,4%, grazie soprattutto alla Cina che ha recuperato il rallentamento del 2018 causato dalla stretta regolamentare decisa dalle Autorità. Nel ramo danni, lo sviluppo è stato del 4,3%, in calo rispetto al 5,4% del 2018, il che ha determinato, per la prima volta dal 2015, una crescita inferiore al ramo vita: cioè esattamente come accade da sempre in Italia, ma con ben altre percentuali. Complessivamente, nel 2019 la raccolta premi globale è stata pari a 3.906 miliardi di euro, di cui 2.399 miliardi nel vita e 1.507 miliardi di euro nel settore danni.
Niente lasciava prevedere quello che poi sarebbe successo. A seguito del lockdown praticato essenzialmente in molti Paesi del mondo, nonché delle nuove regole di convivenza con il virus, che rendono comunque complicato un pieno ritorno alla normalità, le proiezioni dell’Allianz Report indicano che la raccolta premi globale dovrebbe ridursi nel 2020 del 3,8%, con il ramo vita probabilmente più colpito rispetto a quello danni.
UNA RIPRESA DIFFICILE
Sempre guardando al confronto tra 2019, il comparto dei rischi in Europa occidentale sta vivendo un anno buio. La raccolta premi dovrebbe diminuire del 4,7%, con una contrazione del 4,8% nel vita e del 4,5% nei danni, confermando che la regione è tra quelle più colpite al mondo dalle conseguenze del Covid-19.
Il 2020 dell’Italia è in linea con il resto dell’Europa, con una contrazione sui premi totali del 4,8% (-4,8% nel vita e -4,7% nei danni). La ripresa sarà però più lenta. Nel 2021, la crescita attesa sarà dell’1,6%, con un recupero dei volumi sui livelli pre-Covid soltanto nel 2023, cioè un anno dopo rispetto alla performance del resto d’Europa.
Anche le previsioni sul medio-lungo periodo (2020-2030) indicano un tasso medio annuo di crescita della raccolta pari all’1,6%, cioè molto inferiore alla media europea e soprattutto con un’incidenza di premi pro-capite sul Pil a livelli inferiori a quelli del decennio precedente. La raccolta premi europea crescerà nel periodo 2020-2030 a una media del 2,2%, lievemente al di sopra della velocità media del decennio 2010-2020, con trend di sviluppo omogeneo nel vita e nel danni.
UNA VIA ITALIANA ALLA PROTEZIONE
Ecco perché, alla luce di questi numeri, per il settore assicurativo italiano (ma non solo) è essenziale stare vicino al sistema produttivo e affiancare le proprie risorse a quelle messe a disposizione dai singoli Stati membri e dalla stessa Unione Europea. Per farlo, ha ricordato in un intervento recente la presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, le compagnie hanno due strade da interpretare in modo innovativo: in primis, quella degli investimenti da concentrare sulla transizione green e digitale, e poi il miglioramento della protezione dei cittadini. Per esempio attraverso programmi di sistema, che coinvolgano in modo nuovo lo Stato e l’iniziativa imprenditoriale da applicare ai rischi classici e a quelli nuovi: un nuovo modello pubblico-privato che sia anche “la via italiana nel dibattito europeo sul rischio pandemico”.
I PILASTRI DA SVILUPPARE
Dal punto di vista dei rischi, il mercato conferma la grande accelerazione del tema della salute dal lato dei servizi, dove la telemedicina resta un pilastro da sviluppare. La tecnologia nel corso degli ultimi cinque anni ha cambiato il modello di prossimità e ora è arrivato davvero il momento di far sentire agli assicurati il valore aggiunto. L’innovazione è quindi essenziale per incoraggiare le persone a proteggersi; i consumatori non sanno ancora come possono realmente coprirsi dai rischi e per questo il settore assicurativo dovrà essere ancora più presente, anche considerando la crisi dei redditi e la contrazione dei consumi.
Per il settore assicurativo, oggi il digitale è quindi un business, non è solo tecnologia e processi, e la crisi lo evidenzierà con ancora maggior forza. Potranno approfittarne le compagnie dirette? Gli italiani stanno scoprendo che i canali digitali sono soprattutto un’opportunità, prima che un rischio: questo dev’essere uno stimolo d’investimento verso un’ulteriore semplificazione dei prodotti.
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