IL SENSO DEGLI ECOSISTEMI APERTI
Le novità emergono dalla collaborazione e dal dialogo tra più soggetti. L’obiettivo è la creazione di un nuovo sistema da cui far emergere una cosiddetta idea disruptive. Nel settore assicurativo, lentamente, questo nuovo paradigma sta funzionando
29/04/2020
Anche l’innovazione è un ecosistema. Sono sempre più rari i casi, in Italia e all’estero, in cui un singolo operatore inventa qualcosa di talmente nuovo da stabilire uno standard inedito, da cambiare il modello di business del proprio settore.
È invece sempre più frequente che le novità emergano da un lavorio che si sedimenta, dalla collaborazione, dal dialogo tra più soggetti che si contaminano, modellando un nuovo sistema di relazioni da cui emerge una cosiddetta idea disruptive. È questo il caso dell’open innovation, un metodo, un modello, un paradigma che nel settore assicurativo sta funzionando e da cui stanno nascendo i migliori esempi di innovazione nel comparto dei rischi.
Parliamo soprattutto di collaborazioni tra grandi player e start up dell’insurtech, finanziate da investitori istituzionali e non. Idee, modelli, che raccolgono anche grandi finanziamenti: “i grandi player stanno investendo in open innovation e nuove iniziative: lo fanno tutti, da Generali a Unipol per citare le due principali compagnie italiane”, conferma Giancarlo Di Vona, director di KT&Partners, la società di consulenza finanziaria, guidata da Alfredo Scotti.
IL CASO NET INSURANCE
Ma l’open innovation non è solo appannaggio delle grandi compagnie: “un caso che conosciamo bene – continua Di Vona – è quello di Net Insurance. L’iniziativa è nata dall’idea di Andrea Battista che ha fondato la Spac assicurativa Archimede allo scopo di acquisire una società già quotata, come appunto Net Insurance, e utilizzare la piattaforma della compagnia per ampliare il portafoglio prodotti, consolidare la bancassicurazione e la parte d’insurtech, così da avviare un ecosistema con molte delle insurtech italiane”.
Un percorso importante a livello sia di partnership sia d’investimento. L’obiettivo del management di Net Insurance era duplice: introdurre competenze tecnologiche per permettere di ottimizzare la gestione dei sinistri, il pricing e l’operation; ma anche ampliare il canale distributivo, attraverso l’uso dell’instant insurance o delle polizze super personalizzate. “Net Insurance – ricorda Di Vona – ha investito in Yolo, mentre con Neosurance ha una partnership, come con società di IoT, per esempio Kippy, una start up italiana molto interessante nell’ambito dei geolocalizzatori per animali domestici. Altre realtà con cui la compagnia collabora sono Tech Engines, Motions Cloud, in cui Net Insurance ha anche investimenti diretti”. Secondo KT&Partners, il lavoro fatto dall’impresa è un caso di scuola per capire come si sta muovendo il settore assicurativo in questo campo.
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IL MERCATO SI MUOVE
Nel 2019, secondo un report di FT&Partners, le insurtech a livello globale hanno raccolto capitali per oltre sette miliardi di euro e di questi il 48% proviene da grandi assicurazioni o operatori del settore. Ma l’anno scorso è stato anche un buon anno per l’M&A, così come potranno esserlo il 2020 e il 2021, sia in Italia sia all’estero: anni che si prevedono di forte consolidamento. È di poche settimane fa, del resto, la notizia della fusione tra Aon e Willis Towers Watson, cioè il primo passo della grande integrazione tra i due colossi del brokeraggio assicurativo: “tra i vari obiettivi della fusione – spiega Di Vona – è mettere a fattor comune una piattaforma di innovazione e sviluppo”.
C’è anche un tema di come sta procedendo l’innovazione nei mondi assicurativo e finanziario, settori che hanno alte barriere d’ingresso, a partire da un capitale significativo, per arrivare agli ostacoli normativi. “L’innovazione – continua Di Vona – finora è stata utilizzata per il miglioramento della performance, l’efficientamento dei processi, la riduzione dei costi e l’ampiamento dei canali distributivi”.
Il comparto assicurativo resterà un mercato non facile da attaccare dall’esterno. “Se però vogliamo vederla in prospettiva – sottolinea l’analista – l’utilizzo delle piattaforme aperte di open banking, che sta interessando il mondo della bancassurance, potrebbe essere un nuovo punto di svolta per le compagnie nella convergenza con il mondo digitale”.
PRIMA ASSICURAZIONI, UN ROUND DA 100 MILIONI
Guardando specificatamente all’Italia, e ai modi in cui le insurtech e le start up più innovative riescono a finanziarsi, Yolo è un altro esempio interessante, argomenta Di Vona: la società ha annunciato un aumento di capitale da 20 milioni di euro, dopo averne già raccolti cinque. Nel suo capitale sono presenti broker importanti, c’è, come abbiamo visto, Net Insurance e il gruppo Intesa Sanpaolo.
“Un caso emblematico in Italia nel settore insurtech – ha aggiunto Di Vona – è quello di Prima Assicurazioni, che a fine 2018 ha concluso un round di finanziamento da 100 milioni di euro, uno dei principali round nel settore insurtech a livello europeo, a dimostrazione che anche in Italia si può eccellere in questo campo con il giusto team, le giuste condizioni e il giusto business model. In Prima hanno investito soprattutto player istituzionali”. Prima Assicurazioni sta facendo bene anche a livello di raccolta, segnale da non sottovalutare. Poi ci sono realtà più piccole e comunque molto promettenti come la già citata Tech Engines, che ha importanti investitori alle spalle, mentre a livello europeo c’è Wefox che sta andando molto bene.
Per quanto riguarda la distribuzione, da quello che si vede nel mercato, stanno cambiando le modalità di contatto con il cliente e c’è una maggiore competizione in termini di pricing. Ma il presidio dei canali fisici è ancora saldo; il canale digitale resta al palo, escludendo i prodotti nativi digitali, come l’instant insurance, che per definizione non può che essere digitale.
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COSA CAMBIERÀ SE ARRIVANO GOOGLE E AMAZON
E quindi, quale futuro per il mercato italiano dei prossimi anni? “Dal punto di vista teorico – spiega Di Vona – l’Italia resta un Paese sottoassicurato, sia a livello di persone fisiche, sia a livello corporate, quindi se lo guardiamo con l’ottica internazionale, il settore danni dovrebbe crescere a cifre importanti. Però finora questo non è successo, anche se la tendenza potrebbe invertirsi. Restando così le cose, noi prevediamo una sostanziale stabilità e un andamento simile alle serie storiche: l’assicurazione – precisa – è acquistata perché obbligatoria o semi-obbligatoria e spesso non c’è la percezione di una reale utilità da parte dei clienti finali”.
Più in generale, le società che raccolgono molti dati personali dei consumatori saranno agevolate nel creare prodotti e tecniche di selezione del rischio e pricing. “Amazon, per esempio, potrebbe diventare una grandissima banca, mentre Google potrebbe entrare convintamente nel settore finanziario”, sottolinea Di Vona. Google sicuramente è tra i soggetti con la maggior disponibilità di dati, utili anche per il settore assicurativo: Mountain View si trova già un passo avanti, avendo la possibilità d’accesso ai dati di spostamento e a quelli che riguardano la salute.
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