L’UNICA CHANCE PER RESTARE PROTAGONISTI
Un cambiamento di paradigma. È l’opportunità che la tecnologia offre alle compagnie assicurative per conoscere a fondo i clienti e costruire un’offerta personalizzata. Eppure le imprese di maggiori dimensioni sembrano ancora lente nell’allearsi con le startup, per paura di abbracciare modelli di business fortemente disruptive. Così, secondo Pietro Menghi, ceo di Neosurance, la corsa all’innovazione assicurativa rischia di essere vinta dai provider di internet
28/06/2018
Una insostenibile lentezza nell’approcciare il nuovo mondo dell’insurtech. È il comportamento (rischioso) che stanno tenendo le incumbent del mercato assicurativo, di fronte alla sfida dell’innovazione. Un cambiamento definito epocale dagli addetti ai lavori, tanto che il FinTechStage Festival 2018 ha dedicato all’insurtech una sessione pomeridiana della tappa milanese del 9 maggio. The upcoming revolution, così il Festival ha voluto descrivere un settore in fermento, grazie alla spinta della tecnologia, fatta di intelligenza artificiale, sensori, block chain, machine learning, chatbot. L’appuntamento è stato introdotto da Matteo Rizzi e Lazaro Campos, entrambi co-founder del FinTechStage. Il risultato è stato un ampio confronto tra diverse esperienze nel mondo insurtech, che ha visto alternarsi sul palco del Talent Garden Calabiana di Milano alcuni dei protagonisti della scena internazionale: Ashley Benigno, group director di Fjord, Giovanni De Marco di Deloitte, Pierluigi Fasano di Swiss Re, Paul Velando, general manager di Strands Finance, Pascal Bouvier, venture partner di Santander InnoVenture, Samantha Ghiotti, partner di Anthemis group, Ruchit Garg, founder e ceo di Havesting. Un fattore ha unito i vari interventi: compagnie tradizionali e startup hanno tutto l’interesse a collaborare, per aprire nuovi segmenti di mercato attraverso l’innovazione digitale. “Non stiamo ancora sfruttando il potenziale reale dei dati a nostra disposizione. È una questione di approccio culturale al mercato” ha sottolineato Daniela D’Andrea, ceo di Swiss Re Italy. Per questo – ha osservato la manager – ogni informazione ottenuta dai clienti attraverso gli oggetti connessi rappresenta un’occasione per dare un vantaggio ai consumatori per migliorarne la qualità della vita. In questo campo, il valore aggiunto delle insurtech è determinate. “Le startup – ha detto D’Andrea – offrono un approccio differente perché sono più agili e consentono di colmare un vasto gap che si è creato tra compagnie e clienti”. Sulla stessa linea anche Daniele Presutti, senior managing director di Accenture, insurance lead for Europe. Presutti ha evidenziato che le compagnie, senza insurtech, rischiano di trasformarsi solo in fabbriche di prodotti, accentuando una rottura nelle relazioni con i clienti.
IL CORAGGIO DELLA DISRUPTION
L’insurtech non parte da zero, ma può beneficiare dell’esperienza del fintech. Per Pietro Menghi, ceo di Neosurance, nel mondo bancario il digitale sta avendo una accelerazione parossistica, sotto la spinta di streamline dei pagamenti, blockchain e smart contract. Una trasformazione che invece deve ancora concretizzarsi per le assicurazioni. “Le compagnie sono consapevoli dell’importanza dell’innovazione, ma non hanno ancora realizzato quelle modifiche e trasformazioni che l’adozione di un modello digitale necessita”, ha detto Menghi a Insurance Review, al margine del FinTechStage. Così da una parte il settore assicurativo vede una pressione delle startup in cerca di partnership e finanziamenti, e dall’altra le compagnie appaiono timorose nell’abbracciare l’innovazione, per non perdere un modello di business che ha garantito ricavi per decenni. Eppure, le insurtech non possono attendere a lungo. “La breve vita di una startup implica l’esigenza di trovare, in tempi ristretti, compagnie disposte a finanziare progetti che sono fortemente disruptive” ha continuato Menghi che, nell’attuale mercato assicurativo, vede convivere il desiderio di innovazione con possibili atteggiamenti opportunistici da parte delle compagnie, tentate di restare alla finestra, in attesa che qualcosa di interessante capiti sotto gli occhi, per poi stabilire contatti e collaborazioni. Al contrario, serve un approccio strutturato, a partire dal top management, che porti a un vero livello di commitment.
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UNA STRATEGIA OMNICANALE
Non ci sarà digital assicurativo senza rete fisica. Per questo l’offerta delle insurtech non rappresenta un pericolo per gli intermediari. “Le reti distributive – ha osservato il ceo di Neosurance – sono troppo importanti per pensare che il digitale possa fare a meno di loro. Ma occorre che gli intermediari cambino l’approccio al mercato. Abbiamo bisogno di ragionare in un’ottica omnicanale, che non va confusa con il multicanale, perché il digital non cresce in modo autonomo e dissonante rispetto alle reti fisiche di cui, al contrario, può aumentare la potenza di fuoco”. Gli occhi son puntati sulla microinsurance, che caratterizza l’innovazione del canale digitale, rappresentando una grande occasione per creare contatti con potenziali consumatori, soprattutto i più giovani che oggi non possono (o non vogliono) possedere un’automobile o una casa. “Assicurazione e protezione – ha spiegato Menghi – non sono temi che interessano i millennial. Ma è possibile catturare il loro interesse con un servizio che risponda alle esigenze di un determinato momento, valorizzando un impulso emotivo, che non implica una educazione al rischio. Così è possibile creare un contatto, un piccolo seme di un rapporto di fiducia tutto da costruire”. Si tratta di nuovo paradigma nel mercato assicurativo. “Per le reti fisiche, un momento di contatto potrebbe diventare la prassi di ingaggio: conoscere e dialogare con il cliente, per capire le sue esigenze vitali. Questo perché i micro-momenti non sono distaccati dai macro-momenti: un intermediario e una compagnia non possono non captare tutto questo. La tecnologia proposta dalle insurtech favorisce proprio il customer engagement. Altrimenti, le compagnie si limiteranno ad avere una tecnologia dedicata al risk management, alle operations e all’analytics”. Una strategia che sarebbe fallimentare.
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L’ULTIMA CHANCE
In questo scenario, se le compagnie non dovessero sostenere l’innovazione proposta dalle insurtech, daranno un vantaggio ai grandi provider di servizi, che sono più abili a catturare l’ecosistema del cliente. “Il digital – ha continuato Menghi – non può permettersi la complessità del legalese tipica di un fascicolo informativo, di un prospetto, perché l’utente ha sei secondi di attention span per scegliere se comprare o non comprare qualcosa. Grazie all’insurtech, i clienti vedranno emergere la rilevanza della proposta assicurativa, più trasparente e semplice”. Così, sembra che per le compagnie non ci siano alternative. “L’alleanza con le insurtech – ha concluso Menghi – è probabilmente l’ultima occasione per restare protagoniste. Il nostro è un mercato drogato dal ramo danni, da polizze obbligatorie come l’Rca, mentre nel ramo vita vengono proposti prodotti di investimento con un’alta componente finanziaria, piuttosto che strumenti di protezione. In questo contesto, ci sono compagnie che ancora guardano con diffidenza alle micropolizze, perché possono fruttare solo pochi euro”. Detto altrimenti, le compagnie rischiano di lasciare campo aperto a nuovi operatori, che avranno come cavalli di battaglia proprio le tecnologie disruptive.
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