LARGO ALLE INSURTECH
Uno sguardo all'universo delle start up che stanno rivoluzionando il settore assicurativo: fra innovazione e tecnologie, soluzioni leggere e disruptive, il settore sta crescendo. Una novità che ha ormai acceso l'interesse delle compagnie tradizionali
21/06/2017
Definire le insurtech è impresa ardua. Volendo trovare un tratto comune a tutte queste realtà, si potrebbe concordare con la soluzione proposta da Andreas Moser, ceo per l’Italia di Munich Re, nel corso del suo intervento al FinTech Stage. “Le insurtech sono società che applicano le nuove tecnologie al contesto assicurativo”, ha spiegato durante la due giorni di confronto e dibattito che si è tenuta a Milano, agli inizi di maggio, negli spazi del Talent Garden Calabiana. Non sempre, tuttavia, la definizione più semplice è anche la più corretta. E ciò appare ancor più evidente nel caso delle insurtech. Universo puntiforme di elementi diversi, il settore annovera al suo interno piccole società e grandi aziende, start up emergenti e realtà strutturate, in cui le differenze sembrano superare i punti di contatto. Anche parlare di un vero e proprio mercato, con i suoi confini e le sue peculiarità, può apparire improprio. “Condivido la definizione di Andreas e penso che nel futuro tutti i player assicurativi saranno in quest’ottica delle insurtech: ne ho discusso nell’ultimo anno in più di quindici differenti Paesi. Il settore presenta diversi gradi di maturità”, osserva Matteo Carbone, esperto di insurtech che ha collaborato alla realizzazione dell’evento, portando a Milano più di venti esperti provenienti da tutto il mondo. “Accanto a segmenti più strutturati, come la telematica nel settore motor – aggiunge – ci sono aree che risultano ancora in fase di sviluppo e consolidamento, e le specificità geografiche sono infinite”. Non stupisce pertanto che, parlando di insurtech, le definizioni possano essere numerose. E tutte ugualmente valide.
UN SETTORE IN CRESCITA
Tuttavia, in un contesto così fluido e variegato, almeno una certezza c’è: il settore sta crescendo. “Le insurtech lavorano per migliorare i processi nell’industry assicurativa”, ha osservato Moser. E dato che “tutto si può migliorare”, la crescita non sembra stupire gli addetti ai lavori. “Nel corso degli ultimi anni – rivela Carbone – le insurtech hanno complessivamente raccolto finanziamenti per più di 18 miliardi di dollari”. Secondo le serie storiche di Venture Scanner, l’anno d’oro per le start up del settore assicurativo è stato il 2014, con una raccolta di oltre 6 miliardi di dollari. Negli anni successivi, com’è naturale, la curva si è appiattita su livelli più bassi: i volumi, tuttavia, sono rimasti decisamente consistenti, con un tasso di crescita annuo del 36% fra il 2011 e il 2016. Nei primi tre mesi del 2017, le insurtech hanno raccolto 417 milioni di dollari in finanziamenti. La parte del leone è stata ricoperta da Trade Plus 24, società svizzera specializzata nelle coperture al credito, che è riuscita a raccogliere finanziamenti per 100 milioni di dollari con operazioni di debt financing.
LAVORARE CON LE COMPAGNIE
Anche le compagnie tradizionali sembrano aver compreso il valore delle nuove tecnologie. “Le potenzialità del settore sono chiare, quello che manca è l’execution”, ha commentato sibillino Moser. Una lacuna che le compagnie stanno cercando di colmare. Anche perché, come ha spiegato Thomas Braune, chief executive life reinsurance di Munich Re, “i consumatori hanno bisogni nuovi”. E, per soddisfarli, “sono necessarie competenze che non sempre sono a disposizione delle compagnie”. Secondo Andrea Pezzi, direttore innovation & new business solution di UnipolSai, “per arrivare a un servizio migliore, è necessario andare oltre i confini del proprio settore”. Soltanto in quest’ottica si spiega il rapporto di collaborazione che si sta instaurando fra insurtech e compagnie. “C’è un mutuo interesse a cercare una collaborazione”, spiega Carbone. “L’insurtech – continua – è oggi nell’agenda dell’innovazione di tutte le compagnie”. E le strade percorribili, per portare la novità all’interno delle realtà più tradizionali, possono essere tante. Munich Re, per esempio, ha lanciato Mundi Lab, un incubatore per la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche. OctoTelematics, una delle prime e più famose realtà della connected insurance, ha invece costruito la propria fortuna attraverso accordi commerciali con le compagnie. I casi di M&A e finanziamenti attraverso fondi di venture capital si fanno sempre più numerosi. E resta, inoltre, sempre aperta la porta della piena acquisizione. Secondo Venture Scanner, nei primi tre mesi del 2017 ci sono stati sette casi di acquisizioni: la più redditizia è quella che ha riguardato Mobileye, società israeliana specializzata in dispositivi Adas, che è passata a Intel per una cifra colossale: oltre 15 miliardi di dollari.
DISINTERMEDIARE…
La distribuzione resta una questione aperta. E sono tanti, soprattutto fra gli intermediari, quelli che vedono nell’insurtech una minaccia al modello agenziale. Secondo Orazio Rossi, country president per l’Italia del gruppo Chubb, l’intermediazione può arrivare a costituire una barriera per lo sviluppo di nuove tecnologie. “In un mercato soft – ha affermato – la concorrenza si limita al prezzo, ignorando la qualità di servizi che potrebbero portare benefici a tutti”. Il nodo è ancora da sciogliere. “È innegabile che l’obiettivo di alcune realtà sia proprio quello di superare l’intermediazione”. I comparatori sono un esempio da manuale, ma tante sono le soluzioni che si stanno muovendo in questa direzione. È il caso di Neosurance, start up italiana che punta a creare momenti di incontro per l’acquisto di micro-polizze in maniera digitale. “Il nostro obiettivo è offrire la cliente la polizza giusta al momento di giusto, a distanza di un clic”, ha commentato il ceo Pietro Menghi. “L’agente – ha aggiunto – può essere utile per la fornitura di prodotti più complessi”.
...O MIGLIORARE LA DISTRIBUZIONE?
L’altra metà del cielo è fatta invece di insurtech che, nelle parole di Federico Carturan, fondatore di RiskApp, puntano a “sfruttare le nuove tecnologie per agevolare, e rendere più efficiente, il lavoro degli agenti”. Secondo Carbone, i margini di miglioramento sono tanti. Denim, per esempio, è una start up americana che consente agli agenti di gestire la pubblicità sui social network, rispettando le linee guida delle compagnie. “È uno strumento che tutela le peculiarità della realtà locale e, allo stesso tempo, garantisce che i contenuti siano in linea con quanto stabilito dalle società”, spiega Carbone.
CONSIGLI PER ASPIRANTI STARTUPPER
Nessuno si può improvvisare startupper. E ciò vale ancor di più nel contesto delle assicurazioni, settore dalle molteplici peculiarità e dall’elevato contenuto tecnico. La preparazione, in questo senso, è fondamentale. “Avere una conoscenza approfondita delle basi del mestiere è importante per la sopravvivenza di qualsiasi progetto”, avverte Carbone. “La mancanza di queste competenze – aggiunge – ha limitato le possibilità di sviluppo di molte delle prime esperienze del settore”. Un altro consiglio arriva da Andrea Pezzi, che torna sul tema della collaborazione, e invita le start up a “selezionare un partner che possa aiutarvi al momento del bisogno, lasciandovi tuttavia la possibilità di lavorare e sperimentare in completa autonomia”. Dennis Westerhuis, managing director di Kroodle, punta invece alla dimensione globale raggiunta dal mercato. “La capacità di esportare il proprio modello – ha spiegato – è uno dei tasselli fondamentali per lo sviluppo della propria idea: bisogna assumere un’ottica globale”.
IL FUTURO, OLTRE IL FUTURO
È difficile prevedere il futuro delle insurtech: di fatto, significa bypassare completamente l’orizzonte visivo delle compagnie tradizionali. Non sorprende, quindi, che le ipotesi possibili possano essere tante. Nel solo nel campo della connected insurance, per esempio, le previsioni spaziano dall’home insurance al settore della sanità, fino ad arrivare all’agricoltura. Secondo Carbone, tuttavia, alcuni trend sono ben visibili. “Focalizzate inizialmente sul solo segmento delle personal lines – osserva – le insurtech stanno mostrando un crescente interesse verso il mondo delle piccole imprese: prevedo che il passo successivo siano i rischi corporate”. Anche sulla classica distinzione fra danni e vita, il settore sta cambiando. “Per quanto soggetto inizialmente a un minor interesse – osserva Carbone – le soluzioni vita stanno aumentando. Lo si capisce, per esempio, osservando il mercato americano: in un contesto dove il mercato del vita puro rischo ha una magnitudo rilevante e un elevato livello di maturità, anche le insurtech stanno crescendo”.
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