ESODATI, APE E RITA: UNA STORIA INFINITA

Il ddl di bilancio 2017 introduce nuovi istituti giuridici che puntano a conciliare le richieste di flessibilità dei lavoratori con la necessaria sostenibilità del sistema pensionistico. Provvedimenti che non modificano strutturalmente la legge Fornero, e che sembrano così tener conto di quel principio di continuità sempre apprezzato a livello internazionale

ESODATI, APE E RITA: UNA STORIA INFINITA
A riconoscere i meriti della riforma Fornero della previdenza è ormai rimasta una sparuta schiera di soggetti, riguardati alla stregua di bastian contrari. Eppure, a valutare i fatti con onestà intellettuale, questo intervento fu una delle pochissime scelte efficaci del Governo Monti, il cui carniere, diciamo la verità, non appare ricolmo di soverchi risultati positivi. 

Per quanto possa sembrare paradossale, la riforma previdenziale ebbe una straordinaria eco fuori dei confini nazionali, e fu assai efficace nel ridare un poco di credibilità al Paese. La qual cosa, pur essendo stata, sotto il profilo tecnico, nient’altro che un ultimo intervento manutentivo della vera e profonda riforma strutturale del sistema pensionistico, compiuta nel 1995 dal Governo Dini, con la lucida regia di Tiziano Treu. La riforma Treu, condizionata dalla necessità di acquisire una sufficiente base di consenso sociale, aveva, infatti, previsto una lunghissima transitorietà di applicazione del calcolo contributivo dei trattamenti. Da allora si sono succeduti svariati aggiustamenti sul sistema pensionistico di base, non sempre affatto coerenti con le previsioni originarie, ma, in una lettura ormai di lungo periodo, sostanzialmente nel solco tracciato nel 1995, pur, talora, con qualche inopportuno sbandamento. Nel tempo, peraltro, non sono mancati anche perfezionamenti assai efficaci: mi riferisco, in particolare, alla clausola di adeguamento automatico dell’età pensionabile alle prospettive di senescenza, realizzata dal ministro Maurizio Sacconi con maestria tecnica e politica. 


SOLUZIONI PER I LAVORATORI DI ETA' MATURA

La manutenzione Fornero, sulla spinta dell’emergenza, chiuse bruscamente il cerchio della riforma Treu, indubbiamente lasciando in mezzo al guado talune situazioni meritevoli di attenzione. La prima, e più drammatica di esse ha riguardato i cosiddetti esodati, cioè i lavoratori che, in virtù di accordi collettivi o individuali, al momento dell’entrata in vigore della riforma, con conseguente spostamento in avanti dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico, avevano risolto, con qualche incentivazione, il rapporto di lavoro, in attesa del traguardo pensionistico. Per essi (forse un poco più numerosi del ragionevole, ma è solo un’impressione) si sono, giustamente, approvate ripetute sanatorie, a dire il vero estremamente costose.
Risolto il problema degli esodati, di per sé il sistema non richiederebbe altri interventi, giacchè esso appare sostenibile anche nel lunghissimo periodo, sempre che vi sia un poco di sviluppo economico e gli andamenti demografici, tra maggiori nascite e immigrazione, quest’ultima magari gestita nelle scelte (e, quindi, mirata) riescano a migliorare.

Ciò posto, negli ultimi anni, sull’onda anche della lunghissima crisi economica, si è aperta una discussione circa l’opportunità di attribuire una maggiore flessibilità al sistema, vuoi per offrire una via di uscita a coorti di lavoratori di età matura (i quali, perso il posto di lavoro, si trovano, per ragioni anagrafiche, quasi nell’impossibilità di rioccuparsi) vuoi per venire incontro alle esigenze di altri gruppi di prestatori d’opera, la cui età anagrafica mal si concilia con l’attività particolarmente faticosa, che sono chiamati a svolgere.


NEL SEGNO DELLA CONTINUITA'

Alle indicate esigenze cerca di dare una risposta il ddl di bilancio 2017, con l’introduzione, in via sperimentale, di nuovi istituti giuridici, ormai noti per acronimo, quali l’Ape, ordinaria, quindi onerosa, e sociale, (dunque gratuita) per quanto attiene alla possibilità di anticipare, in via sostanziale, il futuro trattamento pensionistico, e la Rita, per quanto riguarda la possibilità di utilizzare l’eventuale accumulo di risorse detenute presso una forma di previdenza complementare per ridurre o azzerare i costi dell’Ape.
Allo stato attuale è davvero troppo presto per esprimere un giudizio sulle novità, per le quali, una volta approvata la legge di bilancio, occorreranno ancora i decreti delegati, che ne detteranno la disciplina di dettaglio. Un punto, però, va sottolineato: nonostante le molte pressioni ricevute, il Governo non ha inteso modificare strutturalmente le novità introdotte dalla riforma Fornero, circostanza questa che va particolarmente apprezzata sia per la continuità assicurata al sacrosanto principio di sostenibilità del sistema pensionistico di base, sia per i profili di reputation dell’Italia, nei confronti di una comunità internazionale sempre quanto mai occhiuta.

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