CASSE PROFESSIONALI: SOSTENIBILITÀ E PENSIONI ADEGUATE
La sfida è coniugare nel tempo gestione e adeguatezza dei montanti per gli iscritti. Ecco come Epap, grazie a due recenti sentenze del Tar Lazio, sarà in grado di destinare risorse agli assegni pensionistici dei propri iscritti
24/06/2016
Nati con il sistema contributivo a capitalizzazione individuale, l’Epap e gli altri Enti di previdenza privati cosiddetti “103” dal punto di vista della sostenibilità non hanno alcun problema, potendola garantire fino a 50 anni a venire come dimostrato dai bilanci tecnici attuariali. Ma lo stesso non può dirsi per l’adeguatezza degli assegni pensionistici erogati.
Purtroppo, con i parametri vigenti, l’adeguatezza non potrà essere garantita alle nuove generazioni di giovani professionisti. Infatti il tasso di sostituzione (il rapporto tra l’ultimo reddito conseguito e l’importo della pensione) per gli iscritti al nostro ente non supera il 20%. L’Epap, ente di previdenza pluricategoriale di attuari, chimici, dottori agronomi e forestali e geologi, è costantemente impegnato, da una lato, nella ricerca di soluzioni che portino a un incremento dei montanti degli iscritti e quindi dei loro assegni pensionistici, dall’altro, alla ricerca di strumenti in grado di accompagnare e assistere l’scritto quando è ancora in attività.
I RENDIMENTI PER GLI ISCRITTI
Sul fronte dell’incremento del montante meritano una citazione le due recenti sentenze del Tar Lazio, la 966/2016 e la 11081/15. La prima, conseguenza di un ricorso al Tar Lazio promosso da Epap contro la posizione del ministero del Lavoro di subordinare l’approvazione del provvedimento di riforma previdenziale alla condizione che il contributo integrativo rimanesse invariato (2%) per le prestazione rese a favore delle pubbliche amministrazioni, ci permetterà di sbloccare la riforma previdenziale servendoci dell’approvazione in Parlamento della legge Lo Presti (che ha permesso agli Enti del 103 di incrementare fino alla quota del 5% il contributo integrativo). Nel 2013, infatti, l’Epap aveva presentato ai Ministeri una proposta di riforma previdenziale che prevedeva l’incremento di due punti percentuali, portandolo al 4%, del contributo integrativo, quello che i clienti pagano in fattura. Tali risorse sarebbero dovute servire in parte (circa il 75%) per accrescere i montanti individuali degli iscritti, e in parte sarebbero state utilizzate per iniziative di welfare. Ma la nostra riforma non ha mai visto la luce poiché non abbiamo voluto discriminare gli iscritti che lavorano per la committenza pubblica, i quali sarebbero stati esclusi dall’aumento del contributo in fattura, e quindi penalizzati nel loro accumulo per la pensione.
Con la seconda sentenza il Tar Lazio ha accolto il ricorso contro il rigetto alla deliberazione di Epap con la quale si proponeva che, se l’avanzo della gestione finanziaria oltre gli oneri di rivalutazione di legge fosse risultato maggiore rispetto all’indice di ricapitalizzazione previsto dalla vigente normativa (pari al tasso di variazione del Pil su base quinquennale cosi come rilevati da Istat), una parte di tale avanzo, pari al 50%, potesse essere utilizzato per la (ulteriore) ricapitalizzazione dei contributi soggettivi degli iscritti.
Oggi, alla luce delle recenti sentenze e dopo che i ministeri vigilanti avranno espresso parere sugli atti che gli organi amministrativi di Epap produrranno, si concretizza la possibilità di accreditare sui conti individuali degli iscritti fino al 60% dell’extra-rendimento, che ci permette di aggiungere un ulteriore tassello nella direzione dell’incremento del tasso di sostituzione.
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