UN PREMIO PER I DIPENDENTI
La retribuzione legata alla produttività e l’utilizzo della contribuzione straordinaria alla pensione integrativa sono cumulabili e consentono di realizzare un mix tra incremento della busta paga e crescita dell’accumulato al fondo
20/04/2016
Da tempo, i datori di lavoro possono utilizzare la contribuzione a piani di previdenza complementare come strumento salariale. L’ordinamento della previdenza complementare (dlgs 252/2005) implicitamente prevede questa opportunità, praticabile sia attraverso la contrattazione collettiva, sia quale libera scelta dell’impresa o in via regolamentare o in via meramente discrezionale.
Vale la pena di ricordarlo in coincidenza con l’uscita del decreto del ministro del Lavoro, di concerto con quello dell’Economia, che stabilisce i criteri di attuazione della legge 208/2015, che all’articolo 1, commi 182 e seguenti, introduce la tassazione agevolata al 10% sulla retribuzione variabile collegata alla produttività.
Nel caso di utilizzo dello strumento previdenziale si tratta di una retribuzione differita, sebbene la normativa preveda diversi casi di anticipo al lavoratore del capitale accumulato, anche senza motivazione alcuna.
La strada contrattuale passa attraverso la sottoscrizione di accordi sindacali aziendali, di gruppo o territoriali in base ai quali, a fronte del raggiungimento di determinati risultati di produttività, i lavoratori si vedranno riconosciuta una contribuzione alla previdenza complementare in forma di versamento una tantum in cifra fissa. Nei casi in cui non si possa o non si intenda ricorrere alla contrattazione collettiva decentrata, lo schema descritto è attuabile anche in chiave regolamentare.
Teoricamente, pur se all’atto pratico occorrerebbe superare alcune difficoltà applicative, per entrambe le fattispecie, il contributo del datore di lavoro potrebbe anche essere destinato a forme di sanità integrativa.
In caso di libera scelta del datore di lavoro
La strada discrezionale è, invece, quella della libera scelta del datore di lavoro che dispone versamenti contributivi ai piani di previdenza complementare di propri dipendenti. La formula appare particolarmente adatta all’assegnazione di premi straordinari, bonus e così via. In questo caso, non esiste alcun impegno assunto in precedenza dall’impresa, ma soltanto una decisione volontaria e unilaterale. Non sussiste, altresì, alcun vincolo per il futuro.
Il contributo datoriale una tantum, che derivi sia dalla contrattazione aziendale, sia da una decisione unilaterale dell’impresa, può essere destinato o al fondo pensione negoziale cui il dipendente è iscritto, se l’ordinamento del fondo stesso preveda questa eventualità oppure a una posizione individuale aperta presso un fondo pensione aperto.
Una fiscalità leggera
Per il datore di lavoro questi contributi sono deducibili dal reddito d’impresa e godono dell’imponibilità previdenziale ridotta del 10%. Per il singolo lavoratore entrano nella cosiddetta quota esente che può arrivare al tetto di 5.164,57 euro all’anno considerando l’insieme dei contributi versati per la previdenza complementare.
L’agevolazione fiscale per la retribuzione variabile legata alla produttività e i vantaggi dell’utilizzo della contribuzione straordinaria alla previdenza complementare sono, ovviamente, abbinabili e cumulabili: uno strumento che intervenga sia sul salario corrente sia su quello differito, realizzando un mix tra incremento della busta paga e crescita dell’accumulato al fondo pensione, potrebbe rivelarsi, in molti casi, particolarmente interessante ed efficace.
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