LA GARANZIA PUBBLICA NON E' LA SOLUZIONE MIGLIORE
In tempi di bail-in e di turbolenza dei mercati finanzari, proporre un intervento dello Stato come assistenza per i fondi pensione negoziali potrebbe aprire la strada a un ben più grave rischio politico. Molti sono gli aspetti tecnici e gli espedienti con cui si può ricercare maggiore sicurezza. Senza però l’illusione della certezza
15/03/2016
Garantiti o sicuri? Meglio ci sia qualcuno che si prenda il rischio, in ultima battuta (garante), o è preferibile trovare il modo di minimizzare le possibilità di perdita? Si tratta della diatriba che sta mettendo il bastone fra le ruote agli investimenti alternativi da parte dei fondi pensione negoziali. Indubbiamente si tratta di investimenti che, per definizione, riguardano asset non quotati in mercati regolamentati, per loro natura meno liquidi e, anche per questo, più rischiosi.
Se proprio devono essere fatti per sostenere la cosiddetta economia reale, innescando un circolo virtuoso, dovrebbero essere assistiti da una garanzia pubblica. Per lo meno, così la pensa parte del sindacato che, come noto, è tra le fonti istitutive dei fondi pensione negoziali. La questione non è da poco, soprattutto in un momento come questo in cui la turbolenza dei mercati finanziari è tornata alla ribalta, spingendo in campo negativo i rendimenti dei portafogli tradizionali. Non solo, è anche il momento in cui si sta cercando di familiarizzare con la nuova logica del bail-in e, proprio in tema di salvataggi bancari, la vicenda della Banca dell’Etruria ha fatto emergere come certi interventi pubblici, anche solo pilotati dal Governo, possano ricadere nel divieto di aiuti di Stato. Per farla breve, anche l’ipotesi di una garanzia pubblica per invogliare e facilitare gli investimenti alternativi potrebbe cadere sotto la mannaia del veto comunitario.
NON NAZIONALIZZIAMO LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Tuttavia, c’è anche un’altra ragione per ritenere che la garanzia pubblica non sia la soluzione migliore. Tipicamente, il garante che si accolla un rischio o chiede un compenso o pone delle condizioni. La prima cosa è tipica della logica di mercato, quindi del mondo delle garanzie private (ad esempio l’assicurazione del credito), la seconda caratterizza senz’altro le garanzie pubbliche, sullo sfondo di ragioni tanto economiche quanto politiche. Con l’effetto di orientare gli investimenti, fino al punto di dirigerne il compimento. Come a dire: “volete che lo Stato paghi se l’investimento non torna, allora vi diciamo in cosa investire”. Ci si preoccupa del rischio finanziario, che può essere messo sotto controllo, senza accorgersi che ci si potrebbe infilare in un rischio politico ben più grave. Quello di una nazionalizzazione della previdenza complementare. È il sogno nutrito già da qualcuno: quello di accorpare tutto in un grande Inps, dove con i soldi veri del risparmio capitalizzato si riesca a coprire i buchi delle gestioni a ripartizione. Quindi, da una parte il Governo non può offrire garanzie perché la Ue non lo consente facilmente, dall’altra è meglio così.
LA FINANZIA PER GESTIRE I RISCHI IN UN FUTURO COMUNQUE INCERTO
Si può ricorrere al mercato, ma le garanzie costano e il costo erode il rendimento degli investimenti garantiti; come dice il detto: chi non risica non rosica. Certo, si può fare un discorso più oculato, magari garantendo solo una quota parte, un excess of loss. Oppure, ottenendo lo stesso risultato, facendo in modo che i singoli investimenti in portafoglio abbiano un peso relativo non superiore a una certa percentuale, mantenendo un forte grado di de-correlazione tra di loro. Si tratta di aspetti tecnici con cui ci si mette in sicurezza, senza però l’illusione della certezza. Si riscopre, così, che la finanza, con le sue istituzioni e i suoi strumenti, è nata proprio per questo: per gestire i rischi nell’ambito di un futuro che rimane comunque incerto. Oltretutto, attraverso alcuni espedienti che di base sono semplici, come quelli di mutualità e di diversificazione del portafoglio. Principi e criteri che nella disciplina dei fondi pensione (dm 166/2014) scontano già il necessario contemperamento, sia richiedendo la dovuta diligenza e competenza professionale dei gestori effettivi, sia attraverso la fissazione di limiti di concentrazione nel ricorso alle diverse tipologie d’investimento. Concetti tutt’altro che nuovi, al punto che nelle prime battute de Il mercante di Venezia si legge: “Le mie merci non sono affidate a una nave sola e a un viaggio solo, né il mio patrimonio dipende soltanto dalla fortuna di quest’anno”. Concetti che chi ha il diritto di parlare di previdenza avrebbe il dovere di conoscere.
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