LE COPERTURE RC PRODOTTI NELLA RECENTE GIURISPRUDENZA
Le polizze di responsabilità civile su merci e beni immessi nel mercato sono pensate per sostenere i produttori in caso di prodotto difettoso che procuri un danno al consumatore. Alcune richieste giunte a giudizio hanno provato a dare delle interpretazioni più ampie del concetto base, e sono state respinte dalla Corte di Cassazione
21/09/2021
La copertura assicurativa dei rischi legati alla difettosità dei prodotti venduti e distribuiti costituisce ormai un tema ineludibile per le imprese, soprattutto qualora esportino in mercati in cui è elevato il rischio di pesanti richieste risarcitorie, o nel caso di prodotti destinati alla grande distribuzione o a pluralità di consumatori, con il rischio che occorra intervenire per ritirare dal mercato grandi quantitativi di merci.
Come noto la disciplina della responsabilità del produttore (product liability) è stata introdotta nell’ordinamento italiano con il Dpr n. 244/1988, che ha recepito la direttiva comunitaria n. 374 del 25 luglio 1985.
In seguito la disciplina è confluita nel Codice del Consumo (d. Lgs. n. 206/2005).
Al consumatore viene offerto un alto livello di protezione, attraverso un regime di responsabilità presunta a carico del produttore.
Il consumatore che si ritiene danneggiato, infatti, non è tenuto a provare la negligenza del fabbricante, ma solo la difettosità del prodotto e la circostanza che il danno subìto è diretta conseguenza del difetto.
Le polizze Rc prodotti adottate nel mercato italiano seguono uno schema ricorrente.
La classica definizione dell’oggetto della copertura prevede che la compagnia “si obbliga a tenere indenne il contraente e/o l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento di danni cagionati a terzi da difetto dei prodotti dallo stesso fabbricati, fabbricati da terzi, comunque commercializzati”.
La copertura viene concessa in relazione a “danni derivanti da morte, lesioni personali e danneggiamento, distruzione e/o deterioramento di cose, diverse dal prodotto difettoso”.
GLI AMBITI ABITUALI DI ESCLUSIONE
Tale ultima previsione conferma il tratto fondamentale di queste coperture, ossia l’assicurazione del rischio di responsabilità civile dell’assicurato, non del prodotto in sé. L’esclusione è costantemente adottata anche nei sistemi di common law, dove viene tradizionalmente definita “your work/your product exclusion”.
Le polizze possono estendersi anche ai danni derivanti da interruzioni o sospensioni totali o parziali di attività di terzi, che devono tuttavia essere in ogni caso “conseguenti a sinistro indennizzabile ai termini di polizza”.
Molto spesso le polizze precisano che non sono considerati difetto di prodotto l’errata o la ritardata fornitura, e contengono di regola esclusioni per le spese di sostituzione e riparazione del prodotto difettoso e l’importo pari al suo controvalore.
Parimenti usuale è l’esclusione per i danni derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall’assicurato e non direttamente derivanti dalla legge; anche in tal caso si tratta del resto di una pattuizione proveniente dai testi di polizza impiegati nel mercato anglosassone e statunitense, dove è sempre presente una esclusione del tipo “for liability arising under any contract or agreement unless such liability would have attached in the absence of such contract or agreement”.
LA DIFFERENZA TRA MATERIALE DIFETTOSO E INADEMPIMENTO CONTRATTUALE
Due recenti sentenze della Cassazione sono intervenute dettando alcuni principi in relazione a questioni frequenti in tema di Rc prodotti, e di un certo rilievo pratico.
Nel primo caso (Cassazione Civile Sez. III, 07/05/2015, n.9254, seguita da Corte d’Appello di Milano 4228/2018), una società operante nella produzione di nastri adesivi speciali aveva convenuto un fornitore chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subìti a seguito della consegna di una partita di collante rivelatasi inidonea all’uso.
La convenuta si era costituita riconoscendo parzialmente i vizi, e aveva esperito domanda di garanzia verso i propri assicuratori; questi avevano eccepito l’inoperatività della polizza, sull’assunto che essa copriva solo la responsabilità civile da prodotti difettosi, non la responsabilità per inadempimento contrattuale.
A seguito di ripetute impugnazioni il contenzioso è giunto in Cassazione, che con la sentenza sopra richiamata ha evidenziato che:
i. la responsabilità per danni da prodotto difettoso regolata dal Codice del consumo è cosa diversa dalle azioni di garanzia per i vizi nella compravendita e concerne esclusivamente i danni arrecati dal prodotto difettoso alla persona o ai beni del consumatore;
ii. la normativa speciale non opera per i casi in cui il rapporto dedotto in giudizio e il danno che ne è derivato abbiano natura esclusivamente commerciale, ossia consistano nel pregiudizio arrecato all’operatore economico dal fatto che gli sia stata fornita della merce difettosa (in termini di maggiori difficoltà di rivendita dei beni, reclami della clientela, eventuali azioni di restituzione e di danni).
La Corte, dunque, ha cassato la sentenza rinviando alla Corte d’Appello di Milano per accertare, mediante l’interpretazione della clausola di polizza, quale fosse l’ambito della garanzia assicurativa, al fine di stabilire se la polizza coprisse solo i danni tipici della responsabilità per danno da prodotto difettoso, o coprisse altresì i danni derivanti da inadempimento contrattuale e consistenti nelle perdite commerciali causate dai vizi o dall’inidoneità all’uso del collante fornito.
La sentenza della Corte d’Appello ha recepito le argomentazioni sostenute dagli assicuratori, rilevando come nel caso di specie la copertura assicurativa fosse non operante.
LA PRESTAZIONE DI SERVIZIO D’OPERA NON È UNA VENDITA
Una pronuncia molto recente (Cassazione Sez. VI Ord. 04-02-2021, n. 2663) si è soffermata invece su un altro profilo, ossia la possibilità di applicare coperture di Rc prodotti a fattispecie diverse dalla vendita di beni.
Nel caso in commento, il contratto aveva a oggetto la tempratura di boccole, componenti per airbag di automobili; una parte contestava l’inadempimento dell’altra per avere mal effettuato il lavoro, al punto da rendere inutilizzabili le boccole.
La Corte ha condiviso tale impostazione, rilevando la presenza di un contratto non di vendita ma di appalto, consistente nel trattamento termico delle boccole.
Ad avviso della Corte, quindi, non ricorreva la vendita di un prodotto, o la sua fabbricazione, ma la prestazione di un servizio d’opera specifico, con la conseguenza che l’assicurata non poteva considerarsi produttrice.
La Corte ha dunque escluso l’operatività della polizza, rilevando come il danno imputato all’assicurata fosse da inadempimento contrattuale (ossia da inesatta esecuzione della prestazione d’opera), mentre la copertura assicurativa aveva a oggetto un danno da prodotto, ossia un danno derivante a terzi dalla difettosa realizzazione del bene.
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