GLI M&A NEL SETTORE ASSICURATIVO
Ci sono vari fattori che spingono fusioni e acquisizioni nel settore assicurativo. La crisi in atto, dopo la prima fase fisiologica di incertezza, ha finito per operare come acceleratore delle dinamiche del mercato
10/06/2021
Nel comparto assicurativo, non diversamente da molti altri settori, la crisi pandemica ha determinato una situazione di profonda incertezza sulle prospettive a breve e medio termine. In queste condizioni, comprensibilmente, molti processi di vendita sono stati sospesi e, in generale, l’attività di M&A ha subito un forte rallentamento.
Tuttavia, già nella seconda metà del 2020 il mercato è rimbalzato e i primi mesi dell’anno in corso sono stati caratterizzati da volumi di attività importanti, e anche le prospettive per i prossimi mesi sono molto positive.
A livello globale, appare estremamente significativo il confronto tra il valore aggregato delle operazioni annunciate nel primo semestre 2020 (3,37 miliardi di dollari) e nei secondi sei mesi (16,44 miliardi). E il 2021 è iniziato con l’offerta di Chubb di acquisire The Hartford per un controvalore complessivo di circa 23 miliardi di dollari: l’offerta è stata però respinta e il mega deal è sfumato.
LA CRISI COME ACCELERATORE
Nella sostanza, ci sono vari fattori che spingono l’attività M&A nel settore assicurativo e la crisi in atto, dopo la prima fase fisiologica di incertezza, ha finito per operare come acceleratore delle dinamiche del mercato.
Tra i key drivers, in primis ci sono i tassi di interesse estremamente bassi, che erodono i margini e costringono le compagnie vita a ristrutturare la loro offerta di prodotto; i requisiti patrimoniali post Solvency II, che spingono a utilizzare l’M&A come fattore di ottimizzazione del capitale; la Brexit, che impone agli assicuratori britannici di riconsiderare la loro strategia in Europa; la digitalizzazione, che richiede livelli di investimento così elevati da risultare sostenibili solo se combinati con dismissioni. E, appunto, la difficile congiuntura che stiamo vivendo, che in particolare, da una parte, ha indebolito i consumi e, quindi, aumentato la pressione sui margini e, dall’altra, ha creato una varietà di nuove esigenze (si pensi ad esempio al remote working) che rendono la spinta all’innovazione digitale ancora più forte.
Complessivamente, questi fattori alimentano un mercato molto attivo con un’offerta di nuovi deal sostenuta e un grande appetito tra i compratori. E presumibilmente continueranno ad alimentarlo. In queste condizioni, i multipli rimangono elevati.
LA DOMANDA E L’OFFERTA
A fare il mercato sono, sul lato dell’offerta, principalmente quei grandi operatori che, per le ragioni descritte, hanno deciso di ribilanciare i propri portafogli secondo una visione strategica e, quindi, di dismettere attività non più percepite come core ovvero di ritirarsi da Paesi giudicati periferici. Sono venditori anche quei fondi di private equity che hanno investito nel comparto qualche anno fa e hanno creato sufficiente valore per un exit.
La domanda, invece, è largamente sostenuta da un certo numero di consolidatori, sia industriali che finanziari, oltre che da compagnie che magari intervengono sul mercato in modo più opportunistico. In generale, sono acquisitivi, in modo seriale o meno, quei gruppi assicurativi che hanno bilanci più solidi e liquidità in eccesso (e la sfruttano per acquisire quote di mercato e generare economie di scala) e un certo numero di fondi di private equity che credono nella crescita del settore assicurativo e, naturalmente, beneficiano sia della grande quantità di liquidità che si è spostata in tempi recenti su questa asset class, sia di un debito bancario estremamente poco costoso.
IL DINAMISMO DEL MERCATO ITALIANO
Queste tendenze trovano ampia conferma in Italia. Si pensi all’uscita di Aviva dal mercato italiano con la parte danni acquisita da Allianz e la parte vita acquisita da Cnp, quest’ultima assistita dal nostro studio. In sostanza, mentre da una parte il mercato italiano può essere percepito da taluni grandi player internazionali (come appunto Aviva) come non più strategico, dall’altra invece ci sono altre compagnie, come Allianz e Cnp, pronte a investire su di un mercato che, rispetto ai principali Paesi europei, presenta mediamente un potenziale superiore da sfruttare in termini di copertura assicurativa (soprattutto nei rami danni).
Si pensi altresì alla vendita di Amissima Assicurazioni da parte di Apollo a Hdi-Talanx (e ora anche Amissima Vita sta arrivando sul mercato), e, a quanto pare, anche a Eurovita. Quest’ultima operazione, in particolare, dovrebbe avere una dimensione sufficiente da attrarre l’interesse dei grandi fondi.
Il mercato italiano, peraltro, pone in evidenza anche altri trend significativi: in primo luogo, e soprattutto, la capacità che ha il consolidamento nel settore bancario di spingere anche l’M&A assicurativo. Il caso più rappresentativo è senz’altro quello dell’acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo. Quest’ultima ha prontamente riacquistato le compagnie dedicate al canale bancario Ubi – Aviva Vita da Aviva e Cargeas da Bnp Paribas (che il nostro studio ha assistito) – per integrarle nel proprio modello di bancassicurazione. Nel mercato italiano, poi, continua a esistere un certo numero di piccole compagnie fortemente specializzate e senza un azionariato particolarmente solido. Per loro, la spinta a vendere può essere forte. Per qualcuna, c’è la possibilità di approdare alla quotazione attraverso una business combination con una Spac dedicata al settore, come era successo qualche tempo fa a Net Insurance. Per molte altre, può esserci l’interesse di qualche assicuratore che vuole completare la propria offerta di prodotto o, magari, di qualche operatore finanziario che ha la capacità di creare valore operando sui costi e razionalizzando l’organizzazione.
UN MERCATO IN CRESCITA
In prospettiva, ci si può attendere anche un crescente attivismo dei run-off specialist. In Italia, in particolare, abbiamo già visto Darag acquisire Ergo qualche anno fa; ma, in generale, non c’è ancora un vero run-off market. Il recente intervento normativo di Ivass che ha esteso la disciplina dei trasferimenti di portafoglio anche al caso di portafoglio costituito da soli sinistri dovrebbe auspicabilmente creare un ambiente più favorevole allo sviluppo di questo mercato. E le opportunità non dovrebbero mancare in un contesto in cui, come abbiamo descritto, la dismissione di asset non strategici è una delle tendenze più significative. Anche dal segmento insurtech è legittimo attendersi di più nel futuro prossimo. La spinta all’innovazione è forte e diversi recenti casi – Prima Assicurazioni, ad esempio – dimostrano che un player innovativo può rapidamente distinguersi sul mercato e attrarre capitale di rischio. I margini di crescita di questo mercato sono sicuramente importanti, come del resto suggerisce il confronto con altri Paesi europei dove l’insurtech sviluppa volumi ben più elevati, ed è legittimo attendersi che gli assicuratori progressivamente investiranno sempre più nell’equity di aziende ad alta innovazione, piuttosto che trattarle come semplici fornitori di tecnologia.
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