L'INCERTEZZA DELLA PRASSI DEI FONDI SANITARI
Il decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 27 ottobre 2009 ("Decreto Sacconi") punta a favorire il ricorso a forme sanitarie alternative al sistema nazionale. Ma sono ancora tante le aree di incertezza che caratterizzano la materia, creando confusione negli approcci da parte degli operatori
31/05/2013
La materia dell’assistenza sanitaria integrativa è regolata da un corpo normativo che negli anni si è costruito in maniera discontinua. L’attenzione del legislatore si è indirizzata, anche con periodi lunghi di inattività, più a sanare situazioni costituitesi durante la vacatio legis che a inquadrare il settore compiutamente.
Il decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 27 ottobre 2009 (Decreto Sacconi) non è entrato nel merito delle differenze istitutive, organizzative e gestionali dei Fondi Sanitari (Fs), si è limitato a prendere atto dell’esistenza di una prassi consolidata rappresentata da enti, casse aziendali, costituitesi per erogare prestazioni di assistenza sanitaria in favore di una platea di assistiti appartenente al mondo del lavoro subordinato (lavoratori dipendenti) che si contrappone alla disciplina normativa di riferimento dei Fondi Sanitari integrativi (Fsi), istituiti ai sensi dell’art. 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.
Ci si trova quindi a dover analizzare due tipologie di Fs: enti, casse e Società di Mutuo Soccorso (Sms) aventi esclusivamente fine assistenziale, di cui all’art. 51, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 22 del dicembre 1986 n. 917 e successive modificazioni (Tuir), e Fsi istituiti o adeguati ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. 502/92, per i quali i contributi versati risultano rientrare nella categoria degli oneri deducibili ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera e-ter del Tuir.
In virtù di tale distinzione è chiaro l’intento del legislatore, ovvero quello di consentire alle forme di assistenza sanitaria integrativa, create precedentemente al provvedimento, di adeguarsi a una nuova disciplina, diversa da quella dei Fsi, ma coerente con la necessità di promuovere l’utilizzo delle cosiddette prestazioni integrative al Servizio Sanitario Nazionale (“SSN”).
Il decreto Sacconi lascia inalterato il dettato dell’art. 9 del d.lgs. 502/92. Oggi potremmo quindi trovarci di fronte ad un caso di Fsi la cui fonte istitutiva è un contratto collettivo o un accordo collettivo alla stregua della fonte istitutiva della cassa aziendale. L’unica differenza la si dovrebbe cogliere nelle prestazioni che il Fsi dovrebbe erogare nei confronti dei lavorati dipendenti. Sul punto, a meno che non ci sia modo di superare l’interpretazione del tutto letterale della norma in questione, il calcolo della cosiddetta soglia delle risorse vincolate ai sensi dell’art. 2 comma 2 lettera d del decreto Sacconi viene applicato solo ai Fondi diversi da quelli istituiti ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 502/92.
LA FORMA GIURIDICA UTILIZZATA DAI FONDI SANITARI
Le difficoltà di inquadramento e interpretative sono molteplici: non abbiamo infatti certezza su quale forma civilistica possa essere utilizzata per costituire un Fs: potremmo utilizzare la forma dell’associazione non riconosciuta o riconosciuta, la forma della Sms (si veda paragrafo Le Società di Mutuo Soccorso), oppure il patrimonio di destinazione ai sensi dell’art. 2117 del codice civile.
Né l’articolo 9 del d.lgs. 502/1992, né i decreti ministeriali successivi menzionano il tema, ecco perché interpreti e operatori cercano di trovare conforto nella prassi. Ebbene, consuetudine di mercato è quella di seguire le forme utilizzate per i soggetti giuridici di natura associativa, ai sensi dell’art. 36 del codice civile. Ci troviamo di fronte a un numero considerevole di Fs che hanno optato per tale forma giuridica, in quanto consente ampia libertà costitutiva e organizzativa.
Siamo ancora in attesa che venga emanato il regolamento contenente le disposizioni relative all’ordinamento dei Fsi e l’attesa si sta protraendo: si ricorda che il settore soffre della mancanza di una disciplina organica da oltre quindici anni. L’unico strumento disponibile, a onor del vero, è uno schema di regolamento dell’autunno del 2000, messo a punto dal Ministero della Sanità e inviato alla Conferenza Stato-Regioni, documento che ribadiamo però non essere mai stato approvato e che rappresenta quindi un punto di riferimento per noi operatori, senza però fornire uno strumento interpretativo di indubbia legittimità.
Non dobbiamo dimenticare inoltre che ci troviamo in un settore senza Authority, quindi senza alcuna istituzione, che possa rappresentare per gli operatori un punto di riferimento e di monito univoco.
Vorremmo ricordare che il ruolo dell’Anagrafe dei Fondi (Anagrafe), istituita ai sensi dell’art. 9 comma 9 del d.lgs. 502/92 e resa operativa con il decreto Sacconi, è ancora poco chiaro, soprattutto con riferimento ai poteri ad essa attribuiti.
I FONDI SANITARI INTEGRATIVI: LE PRESTAZIONI
È opportuno riflettere sul tema delle prestazioni integrative che devono essere erogate dai Fsi. Dalla lettura dell’art. 2 comma 1 lettera b del decreto Sacconi emerge un dato importante, ovvero che la soglia delle risorse vincolate legate alle prestazioni integrative, che devono essere erogate dal Fs sembra essere applicabile ai solo enti, casse e Sms, escludendo quindi da tale formulato i Fsi istituiti ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. 502/92.
Sembrerebbe che la prassi, o meglio il comportamento tenuto dall’Anagrafe, superi l’esclusione forzando l’interpretazione letterale che si avrebbe dall’analisi dei commi 4 e 5 dell’art. 9 del d.lgs. 502/92.
Ciò condurrebbe alla conclusione che anche i Fsi possono venir iscritti all’Anagrafe dei Fondi, purché rispettino la soglia delle cosiddette risorse vincolate ai sensi dell’art. 2 comma 2 lettera d del decreto Sacconi.
Sarebbe di ausilio ricevere conforto da un’apposita Autorità di vigilanza sul tema indicato, ma purtroppo in un momento di incertezza, anche politica, come l’attuale, riteniamo che la situazione di indeterminatezza sia destinata a protrarsi. Purtroppo anche l’Agenzia dell’Entrate sembra essere silente e volutamente evasiva sul tema di prestazioni integrative, limitandosi a fornire una lettura chiara in tema di iscrizione per ottenere il beneficio fiscale della deducibilità del contributo versato al Fs, ai sensi di quanto previsto dall’art. 10 comma 1, lettera e-ter e dell’art. 51, comma 2, lettera a del Tuir, legato unicamente al principio dell’iscrizione del Fs all’Anagrafe.
FONDO SANITARIO CHIUSO E APERTO
Il tema della qualificazione tassonomica del Fs chiuso o aperto rappresenta un problema da risolvere, in quanto la normativa in tema di Fsi non consente di analizzare compiutamente il perimetro di riferimento delle due tipologie di Fondi.
Ci si limiterà quindi a qualificare il Fs chiuso, intendendo la qualifica di “chiuso” come una delimitazione effettuata in ragione della fonte istitutiva rinvenibile all’interno di una determinata categoria contrattuale, ovvero che derivi la sua identità da contratti collettivi o da altre fonti che siano espressione di interi settori del mondo del lavoro. Tale qualificazione potrebbe essere confermata anche dalla disciplina fiscale di cui all’art. 51, comma 2, lettera a del Tuir.
Per quanto riguarda il Fs aperto invece la definizione di “aperto” potrebbe applicare nell’ottica di apertura all’adesione in favore di un pubblico indifferenziato e non vincolato all’iscrizione. Tale impostazione sembra trovare conferma anche nella disciplina fiscale di cui 10 comma 1, lettera e-ter del Tuir.
L’esercizio interpretativo potrebbe portare a rappresentare altre definizioni, accettando nel perimetro del Fs chiuso anche altre tipologie di categorie e di comparti, fino ad includere l’appartenenza ad un territorio ben delimitato, ma allo stato l’eterogeneità dei Fs rende difficile proporre schemi di analisi capaci di descriverne in modo esaustivo le varianti.
LE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO
Da ultimo preme analizzare anche un altro aspetto, che si ritiene possa essere anch’esso foriero di dubbie interpretazioni, su cui sarebbe interessante interpellare le istituzioni: il ruolo delle Sms.
Per meglio chiarire la Sms, pur potendo erogare trattamenti e prestazioni socio sanitarie nei casi di infortunio, malattia e invalidità al lavoro, nonché erogare sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni, non godrebbe del beneficio fiscale di cui all’art. 10 comma 1, lettera e-ter del Tuir, ma della sola detraibilità fiscale del contributo ai sensi dell’art. 15 Tuir. Mentre una Sms istituita in favore dei lavoratori dipendenti potrebbe godere del beneficio fiscale ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera a del Tuir.
Tutto ciò non vi sembra poco coerente? Formulare domande o sollevare interrogativi non è certo il modo migliore per fare chiarezza, ma purtroppo una tematica non chiara come questa li richiede e, molto spesso, per rispondere alle esigenze degli operatori del settore occorre fuoriuscire dagli schemi precostituiti dalla prassi e trovare soluzioni anche nel silenzio delle norme.
In chiusura una suggestione: se una Sms può erogare prestazioni di assistenza sanitaria al pari di un Fs, in favore di una determinata categoria di soggetti: per i lavoratori dipendenti, non si vede limitazione alcuna, affinché una Sms possa rappresentare la forma giuridica di riferimento di un Fsi istituito ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 502/92, potendo in tal senso godere della deducibilità fiscale del contributo non come Sms, ma come Fsi. Ciò anche in ragione delle aperture rappresentate dal nuovo formulato dell’art. 1 della Legge del 15 aprile 1886, n. 3818 a seguito delle modifiche apportate dall’art. 23 del decreto legge n. 179, legge di conversione 17/12/2012 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18/12/2102.
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