LA SFIDA DELLA IORP II
Entrata in vigore lo scorso febbraio in Italia, la direttiva europea sui fondi pensione introduce nuovi obblighi in materia di governance e trasparenza: l’obiettivo è rafforzare gli strumenti per consolidare il mercato della previdenza complementare
13/09/2019
Lo scorso febbraio, dopo una lunga attesa, anche il mercato italiano della previdenza complementare è entrato nell’era della direttiva (UE) 2016/2341. Più conosciuta come Iorp II, la direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 147/2018. E ha già toccato profondamente ampie porzioni della disciplina vigente sulle forme pensionistiche complementari, inserita all’interno del decreto legislativo n. 252/2005. La palla è ora in mano alla Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, che predisporrà un quadro regolamentare in linea con il dettato normativo del legislatore europeo.
La novità, come facilmente intuibile, ha suscitato grande attenzione fra gli operatori del settore. Negli ultimi mesi si sono avuti sull’argomento approfondimenti, analisi, studi, dibatti e convegni: tanti momenti di dialogo e confronto per assimilare il testo della disciplina e, soprattutto, cercare di prevedere come la direttiva influenzerà il mercato dei fondi pensione in Italia. Se ne è parlato anche in una sessione dell’ultima assemblea annuale di Assoprevidenza, che si è tenuta lo scorso 9 luglio a Roma.
GOVERNARE IL RISCHIO
Le novità della direttiva, come già accennato, sono tante. E si concentrano prevalentemente su due fronti: miglioramento della governance per una corretta gestione del rischio e, in seconda battuta, aumento dei livelli di trasparenza nei confronti degli aderenti. Lo scorso 29 marzo, a tal proposito, la Covip ha posto in pubblica consultazione le direttive generali emanate per consentire ai fondi pensione di adeguarsi al dettato del decreto legislativo.
Per quanto riguarda la governance, si prevede che i fondi pensione rivedano i propri assetti organizzativi per dare compiuta strutturazione alle funzioni fondamentali previste dalla direttiva europea: gestione del rischio, revisione interna e attuariato. L’obiettivo è definire in modo chiaro compiti e responsabilità per limitare sovrapposizioni che possano generare inutili inefficienze. In altre parole, secondo Giampaolo Crenca, presidente dell’Ordine degli attuari, si tratta sostanzialmente di “portare nei fondi pensione un approccio risk-based che garantisca strumenti per la consapevolezza, la gestione e la quantificazione di tutti i rischi a cui si è esposti”. In questo contesto, prosegue, “il board e le funzioni fondamentali ricopriranno un ruolo chiave”.
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SEMPRE PIÙ TRASPARENZA
Meno impattanti saranno invece le novità sul fronte degli obblighi informativi. “Le nuove disposizioni normative intervengono in un ordinamento già fortemente improntato ai principi di chiarezza e trasparenza verso i potenziali aderenti e gli iscritti”, si legge in un comunicato stampa della Covip. Sulla stessa linea anche Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, secondo cui “la tematica della trasparenza è forse la meno significativa per il nostro Paese: le forme di previdenza complementare in Italia già oggi si connotano per praticare un livello decisamente elevato di comunicazione e informazione”.
A conti fatti, il contributo della direttiva si sostanzierà principalmente in ulteriori profili di trasparenza che dovranno essere convogliati all’interno dei documenti informativi per dare agli iscritti piena consapevolezza degli strumenti di previdenza complementare al momento della sottoscrizione, e nella più generale prosecuzione del rapporto partecipativo con il fondo pensione.
RAFFORZARE IL SECONDO PILASTRO
Miglioramento della governance e innalzamento dei livelli di trasparenza si pongono di fatto come strumenti per raggiungere un unico obiettivo: favorire la crescita e il consolidamento della previdenza complementare, offrendo la miglior tutela possibile del cliente. E in Italia, come ampiamente noto, di un rafforzamento del secondo pilastro previdenziale ce ne sarebbe decisamente bisogno.
A fine 2018, secondo la relazione annuale della Covip che è stata presentata lo scorso 12 giugno, gli iscritti a forme di previdenza complementare si attestavano a quota 7,9 milioni, in rialzo del 4,9% rispetto ai 7,5 milioni del 31 dicembre 2017. Resta tuttavia il fatto che le adesioni al secondo pilastro previdenziale rappresentano ancora soltanto il 30,2% della forza lavoro. E negli ultimi anni è cresciuto il fenomeno di chi, pur essendo iscritto, ha smesso di versare contributi: nel 2018, secondo la Covip, si trattava di circa due milioni di lavoratori, in crescita di 200mila unità rispetto all’anno precedente.
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TROPPE PENSIONI SOTTO I MILLE EURO
La necessità di rafforzare il secondo pilastro diventa inevitabile se si considera che l’assetto previdenziale complessivo, per usare le parole di Corbello, risulta “carente, soprattutto avuto riguardo del livello delle coperture future”. Per Crenca resta in particolare “il grande problema dell’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, a rischio in particolare per i più giovani anche a causa della frequente discontinuità di carriera”. I numeri della relazione annuale dell’Inps, presentata lo scorso 10 luglio dal presidente Pasquale Tridico, non sembrano a tal proposito rassicuranti.
L’istituto ha chiuso il 2018 con un rosso di 7,8 miliardi di euro, in peggioramento di 855 milioni di euro rispetto all’esercizio precedente. “Il nostro sistema pensionistico è solido”, ha cercato di rassicurare Tridico, alla sua prima relazione da vertice dell’ente previdenziale, difendendo l’unicità del bilancio dell’Inps che, ha affermato, “consente di sfruttare economie di scala e di rendere più efficiente la fornitura di beni e servizi attraverso l’accentramento di informazioni e competenze”.
Resta poi tutto il tema dell’adeguatezza delle pensioni, ormai sempre meno all’altezza delle aspettative dei cittadini: a fronte di un assegno medio di 1.548 euro mensili, circa 5,4 milioni di persone (34,7% della platea) hanno ricevuto una pensione inferiore ai mille euro al mese.
QUOTA 100 NON BASTA
In questo contesto, le recenti misure approvate dal Governo non sembrano aver sortito l’effetto desiderato. Su quota 100, cavallo di battaglia della Lega, Tridico è stato piuttosto lapidario: non ha sfondato. “Complessivamente alla fine del mese di giugno sono pervenute 154.095 domande”, ha affermato il presidente dell’Inps. Se sarà mantenuto questo ritmo, ha proseguito, “alla fine dell’anno il numero atteso delle pensioni in pagamento sarà pari a circa 205mila”, ossia il 29% in meno di quanto preventivato.
Anche il reddito di cittadinanza, seppur su livelli più elevati, pare lontano dal raggiungere l’obiettivo dell’abolizione della povertà. A giugno si contavano circa 840mila nuclei familiari che risultavano percettori di un reddito o una pensione di cittadinanza. I beneficiari complessivi si attestano sopra quota due milioni di persone: per raggiungere il target del Governo dovrebbero essere almeno il doppio.
LAVORI IN CORSO
Difficile dire se la direttiva europea riuscirà nell’intento di fornire strumenti utili al consolidamento del settore. Forse, più che difficile, è ancora prematuro: il lavoro di regolamentazione della Covip è infatti ancora in corso. La già citata consultazione pubblica sulle direttive della commissione di vigilanza si è chiusa soltanto lo scorso 13 maggio. Altre ancora ne sono state aperte nel corso degli ultimi mesi: la più recente, relativa a una serie di modifiche al regolamento sulle autorizzazioni, è datata 25 luglio e si chiuderà il prossimo 23 settembre.
Il settore, osserva Crenca, è dunque ancora in attesa di chiarimenti “su alcuni punti e zone grigie che sono stati già identificati dall’autorità di vigilanza e dal mercato”. Per Corbello, tutto diventerà più chiaro dopo la pausa estiva. “La consultazione è stata assai partecipata, a cominciare, ovviamente, da Assoprevidenza”, osserva il presidente dell’associazione. “Dovranno seguire – prosegue – altri interventi della commissione, ma da settembre la palla passerà operativamente ai fondi pensione”.
LA PAROLA AL MERCATO
La parola, come visto, passerà dunque presto al mercato. E risposte definitive ancora non ne ce sono. A preoccupare, come capita sempre in questi casi, è soprattutto il possibile aumento degli oneri economici. “Alcuni sono preoccupati dai costi, altri dall’organizzazione, e qualcuno non hanno ancora percepito il senso profondo del nuovo approccio, interpretando tutto come una mera procedura di compliance senza guardare alla sostanza”, afferma Crenca. “Ci vorrà un po’ di tempo – prosegue – ma è assolutamente necessario che tutti i fondi pensione siano allineati sul piano della sostanza senza sottovalutare l’importanza dell’approccio risk-based, altrimenti si rischia di vanificare gli obiettivi della nuova normativa”.
Per Corbello, invece, il passaggio non sarà così traumatico. “I fondi hanno reagito decisamente bene, dato che sono già collocati su un livello qualitativo elevato per gli obiettivi della direttiva”. Il nodo dei costi esiste ma, afferma, “anche se può sembrare paradossale, costituisce anche un’opportunità, e quindi un vantaggio per il settore”. A detta di Corbello, infatti, la direttiva potrà dare “una spinta sensibile all’aggregazione tra fondi, sia pre-esistenti sia nuovi, e questo rappresenterà un oggettivo beneficio per il sistema”. Nel futuro, conclude il presidente di Assoprevidenza, “vedo un minor numero di forme di previdenza complementare, ma di dimensioni patrimoniali decisamente più robuste, connotate da un più solido assetto organizzativo”.
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