A SCUOLA DAGLI INTERMEDIARI

Molte delle attività di educazione finanziaria realizzate dalle compagnie sono accomunate dal ruolo svolto dalle reti: è questo il contesto più efficace per favorire la crescita della cultura del risparmio nel nostro paese? Servirebbe un piano nazionale di alfabetizzazione economica che, al momento, resta solo nelle intenzioni

A SCUOLA DAGLI INTERMEDIARI
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 41 Pagina: 38 - 41
Il 18 gennaio scorso Banca d’Italia, Ivass, Consob, Covip, Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio e il Museo del risparmio hanno presentato i risultati del primo censimento delle iniziative di educazione finanziaria sul territorio italiano, prendendo in considerazione il triennio 2012-2014 (vedi approfondimento a fondo pagina). La buona notizia è che queste iniziative sono state oltre 200, e il numero di giovani e adulti coinvolti è cresciuto, si legge nello studio, “in modo significativo durante questo periodo”.
La cattiva notizia, in realtà, la conoscevamo già, l’abbiamo scritta e anticipata: i progetti, sebbene in crescita, sono risultati eterogenei, frammentati e molti di dimensione contenuta; in più è stato difficile valutare la capacità di queste iniziative di incidere sui comportamenti.
Un discorso analogo va fatto riguardo all’azione che stanno svolgendo le compagnie rispetto ai propri programmi di educazione finanziaria per clienti effettivi o potenziali. Molte imprese hanno attivato iniziative di questo tipo, la maggior parte grazie alla propria rete d’intermediari che fa da cinghia di trasmissione e non solo: incontri in agenzia, piccoli convegni, seminari e workshop che non hanno lo scopo di vendere un prodotto ma di spiegare i concetti di rischio, rendimento, risparmio, sicurezza, protezione.


QUALITÀ E SERIETÀ CERTIFICATE

Gli intermediari si riscoprono quindi anche mediatori culturali e non solo distributori? Nonostante il livello di conoscenza delle materie finanziarie e assicurative sia ancora molto basso, secondo Jean-François Mossino, presidente della commissione agenti europei al Bipar, “agenti e broker contribuiscono a far crescere, sebbene con gradualità, la cultura finanziaria nella cittadinanza; e il loro operato è verificabile dal regolatore”. 
Effettivamente sono molte le iniziative organizzate delle singole compagnie e affidate alle reti. 
Una delle più strutturate è certamente quella di Assimoco, chiamata ReteDelWelfare, che nell’autunno scorso ha ottenuto la certificazione europea Uni 11402:2011, relativa all’educazione finanziaria di qualità. Il progetto ha svariate peculiarità: in primis, la formazione erogata è certificata secondo le norme internazionali, e i formatori, in buona parte intermediari, devono ottenere la qualifica di educatori finanziari al termine di un percorso di studi. In più, la formazione è personalizzata e rivolta a un singolo nucleo familiare: sono fissati degli obiettivi e i clienti sono seguiti con incontri durante il percorso fino al raggiungimento della dimestichezza con le materie finanziarie, e della consapevolezza dei propri bisogni. Assimoco ricopre un ruolo di garanzia per assicurare il livello di qualità nell’erogazione del servizio attraverso i propri intermediari che scelgono di essere anche dei formatori. 

ESSERE MENO ASSICURATORI

Dal 2008 a oggi, cioè da quando i regolatori internazionali, scottati dalla crisi finanziaria, hanno individuato nella tutela del consumatore la mission principale delle norme da attuare, le cose stanno davvero cambiando: “il principio seguito dai regolatori – commenta Mossino – è certamente sano e condivisibile; sta funzionando meglio perché ha elevato il livello di attenzione di tutti gli attori, compreso quello delle compagnie di assicurazione e degli intermediari”. Ma quando si tratta di cambiare le abitudini e i comportamenti sociali, con implicazioni di carattere giuridico e burocratico, i processi sono lenti e complessi: “non basta dirlo perché capiti”, precisa Mossino.
Il problema della consapevolezza dei clienti, oltre le carte da firmare, se lo pone da sempre anche Reale Mutua che, soprattutto negli ultimi anni, si è chiesta cosa significhi davvero fare consulenza sul welfare. La risposta ha portato a un cambiamento del modo con cui si confezionano certi prodotti, partendo quindi non più da un processo tecnico e autoreferenziale (non solo, almeno) ma da una prima fase di analisi che prevede focus group nei quali si ascoltano le difficoltà delle persone rispetto al bisogno, più o meno percepito. In questa fase, Reale Mutua tenta di dimenticare di essere un assicuratore, e mette a disposizione dei soci/clienti un professionista formato, che sia in grado di creare consapevolezza, individuare la necessità per ciascuna area di bisogno e costruire, eventualmente, un piano di intervento. Inoltre, in passato, la compagnia ha organizzato dei salotti previdenziali in alcune agenzie, dove l’intermediario era coadiuvato da un formatore della società di consulenza Finextra.





CONCETTI CHIAVE PER IL MERCATO VITA

Il modello dei salotti non è dissimile da quanto fatto anche da Helvetia proprio sul tema della previdenza e da quanto farà per quanto riguarda la finanza e gli investimenti. Da marzo partiranno i nuovi incontri in agenzia per parlare di rischi e rendimenti, scenari finanziari, tassi d’interesse: il tutto con l’obiettivo di dare più consapevolezza ai clienti e aiutarli a capire che senza conoscere le nozioni minime dell’educazione finanziaria si è inevitabilmente più esposti alle perdite. Per Helvetia si tratta di far capire, attraverso questi momenti formativi in agenzia, che nell’epoca dei tassi bassi (anche sotto lo zero), occorre un diverso approccio, una diversa consapevolezza da parte dei consumatori: in poche parole, un cambio culturale. La previsione della compagnia è di coinvolgere circa 70 agenzie che avranno la libertà di organizzare singoli incontri nei propri locali o in spazi più grandi nel caso le adesioni fossero molto numerose. I seminari saranno coordinati da un formatore della direzione della compagnia, mentre agli agenti sarà erogata una formazione supplementare per il mercato vita. 

Ed è in quel settore che le polizze assicurative a contenuto finanziario sono sempre più complesse. Mossino insiste sul fatto che per un’efficace tutela del consumatore “è importante contare su un interlocutore che abbia a cuore il rapporto, e abbia cura di illustrare con chiarezza luci e ombre del contratto, rimanendo disponibile negli anni per seguire l’evoluzione delle esigenze del cliente: fornendo chiarimenti, e dando le conferme e le rassicurazioni di cui i consumatori hanno bisogno nel tempo, considerato che, mediamente, la relazione con un agente dura circa 15 anni”. 

TRA BUSTA ARANCIONE E ZELIG

Con lo spirito di una relazione sul lungo periodo si muove Alleanza, che nel giugno scorso aveva dato il via a quello che Marco Oddone, il responsabile marketing & distribution, aveva definito “una sorta di servizio sociale rivolto a tutti i cittadini e non solo ai nostri clienti”. L’iniziativa, che si è conclusa a fine 2016, era Alleati per la previdenza: un progetto di consulenza previdenziale che ha coinvolto punti operativi e intermediari della società, con l’obiettivo di rispondere alle domande dei cittadini sulla Busta arancione dell’Inps. Alleanza cercava di essere complementare all’Inps: la Busta arancione, sebbene sia uno strumento utile, ha comunque bisogno di determinate conoscenze per essere interpretata correttamente. Ecco perché gli esperti di Alleanza si erano organizzati con infopoint dedicati e con iniziative informative straordinarie curate dagli intermediari. Inoltre, i consulenti della compagnia, hanno affiancato negli scorsi sei mesi diverse associazioni di categoria durante incontri tematici sulla previdenza, con momenti per la lettura gratuita della propria situazione previdenziale. 

Totalmente diverso nei modi, ma con lo stesso approccio divulgativo e il coinvolgimento degli agenti, il progetto di Zurich, che fino al 2015 e per cinque edizioni ha organizzato Diciamocelo chiaramente, un vero e proprio tour che ha toccato oltre 50 città italiane: serate di intrattenimento e formazione, in cui l’agente era il padrone di casa e un consulente Irsa si alternava sul palco con i comici delle trasmissioni televisive Zelig e Colorado. La scommessa era di veicolare messaggi tecnici attraverso la leggerezza del linguaggio.  


VALORI IN UN PERCORSO DI CRESCITA

Tutte le esperienze delle compagnie sono accomunate dal ruolo che hanno svolto le reti: senza la loro presenza capillare sul territorio difficilmente le imprese sarebbero arrivate a parlare a tante persone. Che poi queste ultime siano state in grado di cogliere ed elaborare gli input ricevuti è un altro discorso: però, le attività di educazione finanziaria passano dagli intermediari, anche perché questi hanno conservato la loro credibilità, come sottolinea Mossino. “La vendita dei prodotti assicurativi e finanziari da parte delle reti di agenti – ricorda – ha rappresentato la miglior best practice sul mercato. I consumatori l’hanno verificata concretamente proprio in occasione della grave crisi del 2008: pochissime, quasi inesistenti, sono state le contestazioni o le delusioni relative ad accantonamenti finanziari fatti con le reti agenziali”.
Secondo il presidente degli agenti europei, queste rappresentano il contesto più efficace per favorire la crescita della cultura assicurativa nel nostro Paese, il canale verificabile che può assicurare lo sviluppo qualitativo della distribuzione assicurativa, anche a beneficio del sistema sociale ed economico italiano. “Salvaguardiamo questi valori – conclude –, consapevoli che il percorso di crescita, culturale e non, sarà ancora lungo”.  

TANTE INIZIATIVE, POCO COORDINATE

Nel triennio 2012-2014, lo studio condotto da Banca d’Italia, Ivass, Consob, Covip, Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio e il Museo del risparmio ha censito 206 iniziative, promosse da 256 soggetti. In quasi i due terzi dei casi, i programmi hanno coinvolto meno di 1.000 persone; solo un’iniziativa su dieci si è rivolta a più di 10 mila partecipanti. Caratteristiche principali di questo quadro sono la frammentarietà e l’eterogeneità: alcune iniziative, definite di educazione, prevedevano un programma formativo; altre, definite di sensibilizzazione, si limitavano alla condivisione di materiale informativo. L’assenza di un quadro nazionale è l’ostacolo più grande, secondo lo studio, e ha limitato il coordinamento tra le singole azioni e lo sfruttamento di sinergie. 
Inoltre, l’altra questione su cui è necessario concentrarsi è la verifica: oltre la metà dei programmi non prevedeva alcuna forma di monitoraggio successivo alla frequentazione dell’attività formativa; tuttavia questa carenza non riguarda solo l’Italia, ma anche altri Paesi con un grado di alfabetizzazione finanziaria più elevato. 
Infine, l’analisi ha separato le iniziative rivolte agli studenti e quelle verso gli adulti. L’educazione finanziaria per gli adulti è risultata meno strutturata: la difficoltà principale sta nel misurarsi con una platea estremamente variegata in termini sia di fabbisogni sia di capacità di accesso. Bisognerebbe individuare quali sono i modi, i luoghi e i tempi migliori e compatibili con la disponibilità di tutti i potenziali beneficiari.
Discorso diverso per gli studenti, perché soprattutto le iniziative più grandi sono state in linea con le migliori prassi internazionali: c’è stata una buona collaborazione tra gli esperti di materie finanziarie e docenti, cui si è associata l’attività dei formatori; migliore è stata l’integrazione con i curricula scolastici, e maggiore è stato il monitoraggio e la valutazione di impatto.

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